La polizia della provincia meridionale dello Yunnan ha arrestato 32 persone, accusate di aver messo in piedi un’organizzazione criminale con lo scopo di rapire e vendere bambini e neonati. Le autorità hanno ritrovato, in uno dei covi del gruppo, 11 bambini senza documenti di identità. Per cercare di identificare loro e i genitori, ha fatto pubblicare sui media tradizionali e su quelli online le foto dei piccoli. Secondo gli investigatori che hanno seguito la vicenda, i trafficanti erano tutti parenti o amici stretti. Le tracce ritrovate nella capitale provinciale Kunming fanno pensare che almeno 21 bambini siano stati venduti dal gruppo a persone sparse nelle province di Shandong, Fujian ed Henan. Non è chiaro se tutti i neonati siano stati venduti dalle famiglie di origine o rapiti: di certo alcuni genitori naturali li hanno venduti per 10mila yuan (circa 1.200 euro), mentre i trafficanti ne hanno ricavati più o meno 140mila yuan l’uno.
I primi sospetti sono nati quando la polizia ha fermato lo scorso agosto una coppia di mezza età, con accento straniero, alla stazione ferroviaria di Kunming. I due stavano salendo su un treno con un bambino di poche settimane. Dopo un breve interrogatorio, la coppia ha ammesso di aver acquistato il neonato. La legge sul figlio unico e una normativa debole in materia d’adozioni, oltre alla povertà e alla tradizionale preferenza verso il figlio maschio, hanno alimentato nel corso degli anni il traffico di bambini. Molte famiglie comprano le vittime della tratta per impiegarle come manodopera a basso costo, domestici, o per dare una sposa ai propri figli non sposati. In altri casi, molti di questi bambini vengono venduti a famiglie che vogliono adottare, o costretti a prostituirsi. Secondo un rapporto diffuso dalla China National Radio, emittente che trasmette in tutto il Paese, ogni anno in Cina scompaiono circa 200mila bambini. Di questi, solo lo 0,1% viene ritrovato e liberato dalle maglie del racket.