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CASO REGENI, SI INFITTISCE IL MISTERO: CANCELLATE LE REGISTRAZIONI DELLE TELECAMERE DI SORVEGLIANZA

Passano i giorni e il mistero sulla morte di Giulio Regeni, il ricercatore friulano deceduto in circostanze poco chiare al Cairo, sembra infittirsi sempre di più. Dopo i risultati dell’esame autoptico – i cui risultati parlavano di sevizie con scosse elettriche e la morte avvenuta per un colpo alla testa – nuovi elementi si aggiungono ad un dilemma, già complicato dall’inizio, da risolvere.

Nei giorni che hanno preceduto la scomparsa di Giulio, avvenuta il 25 gennaio, né poliziotti né soggetti sospetti si sarebbero presentati al condominio dove risiedeva il giovane studente per fare domande su di lui. E’ quanto hanno dichiarato i suoi coinquilini nelle testimonianze raccolte dagli investigatori italiani ed egiziani. Ciò confermerebbe come il caso sia entrato in un giro di depistaggi e segreti. Così tanto è stata la stessa famiglia, con una nota ufficiale, a ribadire che Giulio non aveva nullo a che fare con “qualsiasi servizio segreto, italiano o straniero”, e affermarlo significherebbe “offendere la memoria di un giovane universitario che aveva fatto della ricerca sul campo una legittima ambizione di studio e di vita”.

Solo pochi giorni fa un supertestimone al Cairo, un venditore ambulante, aveva dichiarato che il giovane era stato prelevato vicino casa sua “da quelli che avevano tutto l’aspetto di essere dei poliziotti in borghese”. Testimonianza che ha indotto gli investigatori a richiedere le registrazioni delle telecamere di sorveglianza, ma che sfortunatamente non potranno essere visionate in quanto sono state cancellate a fine mese perché nessuno le aveva richieste prima.

A tre settimane dalla scomparsa, dunque, l’unico elemento certo è sempre lo stesso: Giulio è scomparso la sera del 25 gennaio a pochi metri da casa sua, sequestrato da qualcuno che l’ha picchiato, seviziato, torturato a lungo. E dopo averlo ucciso ha fatto ritrovare il corpo, riapparso ‘casualmente’ a poche ore dall’interessamento diretto del presidente Al Sisi e nel momento in cui all’ambasciata era in corso un ricevimento tra imprenditori egiziani e italiani con il ministro Guidi. Modalità che nulla hanno a che fare con un atto di criminalità comune, come per giorni hanno tentato di accreditare gli egiziani, e che ha spinto gli inquirenti italiani ad indagare soprattutto sui contatti e sulle ricerche svolte da Regeni.

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