Dopo ore di interrogatorio, Yassin Salhi ha rotto il suo lungo silenzio. La scorsa notte l’uomo fermato dopo l‘attacco all’azienda di gas di Saint-Quentin-Fallaviern, nell’Isere, in Francia, e principale imputato nella decapitazione del suo padrone di lavoro, ha iniziato a parlare con gli investigatori. Lo rivela BFM TV, citando una fonte prossima alle indagini, secondo la quale l’uomo “ha cominciato a raccontare come si sono svolti i fatti”. In giornata Salhi sarà trasferito nella sede dell’antiterrorismo a Parigi.
Il Canada sta collaborando con gli investigatori francesi, per cercare di rintracciare il destinatario del numero di cellulare a cui Salhi ha inviato via WhatsApp il selfie che si è scattato con la testa mozzata della sua vittima. Gli inquirenti stanno però verificando l’esistenza di un collegamento con la Siria. Secondo gli ultimi dati raccolti dall’intelligence transalpina, sarebbero almeno 473 i cittadini francesi che combattono a fianco dell’Is in Siria ed Iraq.
Anche secondo il canale ITelevision nelle dichiarazioni di Salhi ci sono ancora “molte zone d’ombra”. Il quotidiano Le Parisien ha intervistato Sebastien, l’ex insegnante di educazione fisica del sospettato. Sebastien ha raccontato che Salhi gli ha confidato un giorno di essere stato in Siria per sei mesi tra il 2010 e il 2011, durante i quali avrebbe studiato in una scuola coranica.
Salhi – che non aveva precedenti penali – era stato schedato nel 2006 dai servizi di sicurezza francese in quanto ritenuto vicino al movimento salafita, ma successivamente la sua sorveglianza era stata interrotta. Le autorità francesi hanno comunque reso noto di aver proclamato il massimo livello di allerta in tutto il dipartimento delle Rhone-Alpes.