“Mi chiamo Giacomo Ciriello, abito a Lucignano, venite ho ucciso il mio babbo”. Così la chiamata ai carabinieri prima delle 24 nella notte tra domenica 26 e lunedì 27 febbraio in una villetta alle porte di Lucignano, paese in provincia di Arezzo. Il giovane, 18 anni, prima di chiudersi nel silenzio, ha aggiunto enigmaticamente: “Andava fatto”. La vittima, Raffaele Ciriello, aveva 51 anni e lavorava come fabbro. Per ucciderlo, Giacomo ha usato il fucile da caccia (una doppietta) che si trovava in casa, caricato a pallettoni per cinghiale, regolarmente detenuto.
Dopo la tragedia, ha preso il telefono e ha chiamato i militari dell’arma denunciando il suo atto. Sul posto sono intervenuti anche i sanitari del 118 per retare i soccorsi all’uomo a terra, ma ormai per lui era troppo tardi: era già deceduto.
In base ad una prima ricostruzione, dovrebbe trattarsi di un delitto d’impeto non preterintenzionale, ma i carabinieri, intervenuti sul posto con il sostituto procuratore Laura Taddei, non escludono alcuna ipotesi. Sono ancora da chiarire, infatti, i motivi che hanno fatto degenerare la discussione in tragedia.
Giacomo Ciriello viveva in questo periodo con il padre – riporta il Corriere di Arezzo – con il quale lavorava da fabbro nel laboratorio sotto casa. I genitori si erano separati e la madre, che non era presente al fatto, vive in Valdichiana. Le incomprensioni tra figlio e padre, nel contesto complesso della separazione, potrebbero aver deteriorato il rapporto fino a far scattare la molla omicida nel giovane.