Non venti ma 120: il primo naufragio dell'anno nel Mediterraneo è una tragedia di proporzioni immense, purtroppo ben maggiori di quanto si fosse inizialmente sospettato. Tre migranti erano stati salvati dalla Marina militare italiana ieri sera, dopo il naufragio del loro gommone a est di Tripoli: un'imbarcazione sulla quale, secondo le prime stime, si sarebbero dovute trovare una ventina di persone. Nulla di tutto questo: “I tre sopravvissuti arrivati a Lampedusa ci hanno detto che erano in 120. Dopo 11 ore di navigazione hanno imbarcato acqua e hanno cominciato ad affondare e le persone ad affogare. Sono rimasti diverse ore in acqua. Tra i dispersi, al momento 117, ci sono 10 donne, di cui una incinta, e due bambini, di cui uno di 2 mesi”. Numeri drammatici, forniti dal portavoce dell'Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim), Flavio Di Giacomo.
Ricerche in corso
Già nelle prime ore il numero dei naviganti era incerto ma, finora, nessuno aveva ipotizzato che potessero essercene così tanti: “Purtroppo – ha detto ancora Di Giacomo – i contorni di questa tragedia sono molto più gravi di quello che sembrava all'inizio. C'era confusione sul numero delle persone a bordo, l'aereo della Marina aveva avvistato una cinquantina di persone, ma i superstiti ci hanno detto di essere partiti in 120”. Al momento, sul posto sta incrociando un bastimento mercantile liberiano, dirottato sul posto dal Coordinamento libico nella serata di ieri alla ricerca di eventuali superstiti oltre ai tre (due sudanesi e un gambiano) recuperati dalla Marina italiana con l'elicottero Duilio. Le tante ore passate dal naufragio, però, assieme alla temperatura dell'acqua rendono estremamente flebili le speranze di trovare qualcuno ancora in vita.
I soccorsi
Il gommone era partito nella giornata di ieri da Garabulli, iniziando a imbarcare acqua dopo una decina di ore di navigazione, quando si trovava a circa 45 miglia nautiche a est di Tripoli, in pieno Sar libico. L'imbarcazione, già semiaffondata, è stata individuata da un aereo della Marina italiana che, a corto di carburante, ha lanciato due zattere e dato l'allarme. Poco dopo è intervenuto l'elicottero Duilio che, con un verricello, ha recuperato le tre persone, notandone altre già in mare che non davano segni di vita.
Unhcr: “Altri 53 morti”
Ma la tragedia non si ferma: l'Unhcr, infatti, riferisce di un altro naufragio con 53 morti avvenuto nel Mare di Alboran, portando dunque a circa 170 le persone annegate solo negli ultimi due giorni. Un dramma, quello delle migrazioni, che continua a mietere vittime: “E' stato riferito che un sopravvissuto – spiega l'Unhcr – dopo essere rimasto in balia delle onde per oltre 24 ore, è stato soccorso da un peschereccio e sta ricevendo cure mediche in Marocco. Per diversi giorni navi di soccorso marocchine e spagnole hanno effettuato le operazioni di ricerca dell'imbarcazione e dei sopravvissuti, senza risultati”.
Ramonda: “Si affronti di petto la questione migratoria”
Sulle tragedie avvenute in queste ore nel Mediterraneo è intervenuto con un comunicato anche il presidente della Comunità Papa Giovanni XXIII, Giovanni Paolo Ramonda, il quale ha manifestato “sconcerto” per quanto avvenuto, invocando l'apertura di vie legali e sicure per i migranti: “Apprendiamo sconcertati la notizia dell'ennesimo terribile naufragio con numerosi morti di fronte alle coste libiche. Vittime innocenti cui vanno le nostre preghiere. Questa tragedia ci impone di affrontare di petto la questione migratoria. Occorre potenziare viaggi sicuri e legali per queste persone sia con un decreto flussi sia con i corridoi umanitari. Inoltre occorre aumentare la percentuale di PIL da destinare alla cooperazione allo sviluppo con l'Africa”. Nei mesi scorsi, la Comunità fondata da don Benzi ha già accolto altri gruppi di migranti, giunti in Italia proprio con i corridoi umanitari: “L'Europa – ha concluso Ramonda – dovrebbe verificare il rispetto dei diritti umani in Libia”.