Non sembra arrestarsi l'ondata di minacce e intimidazione nei confronti di sacerdoti e religiosi nella Repubblica democratica del Congo. Dopo il brutale omicidio di don Étienne Sengiyumva, parroco di Kitchanga, nella regione del Nord Kivu, nell'est del paese, ucciso domenica dopo aver celebrato la Messa, altri due sacerdoti sono stati aggrediti la sera del 10 aprile. Secondo notizie riferite dall’Agenzia Fides, il parroco della chiesa dedicata al Beato Isidoro Bakanja nel distretto di Seka-Mbote di Boma, nell'estremo ovest del Paese, don Pierre Mavinga e il suo vicario, sono stati attaccati intorno alle 20 da una decina di banditi incappucciati. Secondo le dichiarazioni del parroco “alcuni indossavano uniformi militari e hanno invaso i nostri locali. Hanno sparato a bruciapelo con munizioni vere. Ci hanno picchiato e portato via i telefoni, i computer e un po' di soldi”. Il sacerdote ha ricevuto un colpo di martello dagli aggressori e ora si trova ricoverato in ospedale con il braccio sinistro slogato.
Il problema è che il Paese, proiettato verso le elezioni presidenziali che dovrebbero svolgersi il 23 dicembre prossimo, è di fatto nel caos. La Chiesa ha assunto una posizione molto critica nei confronti del capo dello Stato Joseph Kabila, culminata alla fine di febbraio in una marcia repressa nel sangue con morti, feriti e arresti. I cattolici chiedono al presidente, in carica dal 2001, dopo l'omicidio del padre Laurent, di non ricandidarsi.
Le vessazioni sono continuate in questi mesi, con rapimenti, aggressioni e minacce, sia da parte delle forze governative che di gruppi paramilitari. “Convocazioni dinanzi alla corte o arresti arbitrari, sequestri e uccisioni. Questo è il destino di molti sacerdoti e di altri consacrati nella Repubblica Democratica del Congo negli ultimi tempi” hanno riferito a Fides fonti della Chiesa congolese, anonime per motivi di sicurezza. Una situazione che desta grande preoccupazione soprattutto perché la Chiesa locale aveva assunto un ruolo di mediazione nella grave crisi politica. In particolare, i vescovi avevano negoziato il cosiddetto “accordo di San Silvestro” del 2016 con l'obiettivo di far svolgere le elezioni presidenziali che dovevano tenersi due anni fa. Il mancato rispetto dei patti aveva innescato le proteste dei laici cattolici finite in un bagno di sangue.