Zone rosse, scuole chiuse, bambini in DAD e genitori sull’orlo di una crisi di nervi. L’Italia sta vivendo una nuova ondata di coronavirus con un significativo aumento del numero di nuovi contagi.
Il bollettino sanitario del 2 marzo
Solo ieri, 2 marzo, il bollettino del Ministero della Salute ha riportato che gli attuali positivi — i soggetti che hanno il virus — sono 430.996, ben 6.663 in più rispetto a lunedì. Aumentano anche le vittime – in 24 ore sono 343 contro le 246 di lunedì – e i ricoveri in terapia intensiva: +38 per un totale di malati più gravi pari a 2.327.
Aumento dei contagi e nuove varianti
A preoccupare e probabilmente ad influire direttamente sull’aumento dei contagi sono soprattutto le varianti. Si è infatti iniziato a parlare di varianti del SARS-CoV2 dallo scorso dicembre e, a oggi, sono 3 le varianti principali identificate: la variante inglese, sudafricana e brasiliana.
La variante inglese
Prima ad essere identificata identificata e nota anche come B.1.1.7, è diventata la variante che circola di più nel Regno Unito e da lì si è diffusa in tutta Europa. È caratterizzata da una maggiore capacità di trasmettersi da uomo a uomo e di conseguenza ha comportato un aumento importante del numero dei casi, dei ricoveri e della pressione sul sistema sanitario inglese. Poiché sono stati segnalati diversi focolai anche in Italia – dove la variante è determinata in circa il 18% dei casi – è necessaria un’attenzione ancora più alta per evitarne la diffusione.
La variante sudafricana
Anche questa, nota come Variante B.1.351.V2, è stata identificata nel dicembre 2020 ed è ora la più diffusa in Sud Africa. Questa variante come quella inglese ha anch’essa una maggiore capacità di trasmettersi anche se inferiore a quella della variante inglese. Da gennaio 2021 è stata isolata in molti paesi Europei e ha colpito anche persone che non sono state in Sud Africa. Questo suggerisce che questa variante sia in realtà più diffusa di quanto si pensi.
La variante brasiliana
La variante brasiliana è stata inizialmente identificata in Brasile a gennaio 2021, ma la sua presenza è stata già segnalata in Giappone e Corea del Sud. Gli studi hanno dimostrato una potenziale maggiore trasmissibilità o propensione alla reinfezione, ma al momento non sembra determinare una maggiore gravità della malattia.
Adulti e bambini: le differenze sono tante
Se – come appena visto – gli effetti delle varianti sugli adulti sono abbastanza noti, quando si tratta di bambini regna invece una grande confusione. Notizie più o meno allarmanti viaggiano sul web – e sulle chat delle mamme – ad una velocità sorprendente, creando paure spesso senza fondamento scientifico.
Per fare chiarezza e per bloccare sul nascere inutili allarmismi, abbiamo intervistato il dottor Andrea Campana, primario del reparto di Pediatria Multispecialistica dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù (OPBG) sede di Palidoro, e attuale responsabile dei reparti adibiti ai bambini positivi al covid-19. Con il dottor Campana abbiamo cercato di smontare le principali fake news che riguardano il rapporto tra bambini e varianti.
Le fake su bambini e varianti
1 – Dottor Campana, è vero che le varianti in Italia sono solo 3 o già ce ne sono di nuove?
“No, le varianti non sono solo tre, sono di più. E’ appena stato pubblicato un lavoro da parte del dott. Carlo Federico Perno [responsabile della Microbiologia e della diagnostica di immunologia dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma e professore di Microbiologia all’UniCamillus – International Medical University di Roma, ndr] sulla variante lombarda. Ma se parliamo di varianti mirate a possibili alterazioni del comportamento del bambino, della possibilità diagnostica o della risposta al vaccino, allora sono solo queste tre: inglese, brasiliana e sudafricana”.
2 – Le varianti sono più contagiose?
“No, a differenza di quanto accade ed è descritto nell’adulto, al momento non abbiamo rilevanza scientifica a riguardo momento non abbiamo rilevanza scientifica a riguardo. Bisogna infatti distinguere tra il sentito dire, la percezione personale e i dati empirici. Io baso le mie osservazioni sui dati empirici, su quello che vedo a reparto. Il reparto covid di Palidoro, infatti, riflette quello che succede all’esterno: se aumentano i contagi negli adulti, aumentano anche quelli dei minori; così vale anche per i ricoveri. Da quello che osserviamo, nel bambino al momento non abbiamo varianti nella regione Lazio che abbia modificato il quadro generale dell’andamento della malattia o abbia determinato una maggior contagiosità rispetto al Covid invariato”.
3 – Le varianti danno sintomi più gravi del Covid classico?
“No. Di fatto, le varianti sono state isolate in diversi luoghi di aggregazione giovanile, dalle scuole ai centri di incontro, ma nella pratica non hanno avuto nessuna ripercussione sulla gravità della malattia, altrimenti avremmo avuto un aumento dei bimbi ricoverati qui o passati per il pronto soccorso pediatrico. Questo non è avvenuto né relativamente ai ricoveri, né agli accessi al pronto soccorso, né alle visite a domicilio. I numeri sono sostanzialmente uguali a quelli pre-varianti con un trend in aumento che segue l’alleggerimento delle restrizioni. Con il ripristino delle restrizioni e lo stop della mobilità, calano i contagi negli adulti e dunque nei bambini. Ma per quanto riguarda la contagiosità del bambino o la gravità delle varianti nel bambino, al momento non abbiamo nessun aumento, e dunque nessun elemento di allarme”.
4 – Le variati influiscono negativamente sull’efficacia del vaccino?
“No, non sembrerebbe. Al momento, infatti, non si hanno indicazioni esaustive, ma sembrerebbe che i vaccini Pfizer e Moderna proteggano efficacemente anche dalle varianti”.
5 – I bambini si riammalano di Covid facilmente?
“Assolutamente no. Ad oggi non abbiamo avuto nessun caso, da inizio emergenza pandemica, di un bambino che abbia preso il covid due volte. Questo la dice lunga sulla difficoltà dei bambini sia di infettarsi una prima volta (sono meno sensibili rispetto agli adulti), sia di prenderlo una seconda volta. All’ospedale Bambino Gesù facciamo a tutti i bambini con sintomi riconducibili al Covid anche le analisi per riscontrare l’eventuale presenza di varianti”.
6 – La riapertura delle scuole ha inciso sull’aumento dei ricoveri?
“La sola riapertura delle scuole no. Io sono d’accordo con la ministra dell’Istruzione, Lucia Azzolina, sul fatto che le scuole siano luoghi sicuri. Sono le riaperture di tutte le altre zone di raduno che possono influire sull’andamento dei contagi. Condivido che, ovunque venga trovo un focolaio, quella struttura (qualunque essa sia) venga chiusa al fine di limitare i contagi e consentire il tracciamento dei contatti. Ma non si può imputare alla sola scuola l’aumento dei casi né generalizzare su tutti i tipi di scuole. Tra i bambini ricoverato qui in reparto, ad esempio, solo la minima parte ha avuto contagi scolastici. La maggioranza è stata contagiata in ambito familiare, presumibilmente da degli adulti, specie da persone come i sanitari che fanno lavori a rischio. Oppure, per quel che riguarda i ragazzi, si sono contagiati andando in discoteca questa estate o in luoghi di aggregazione senza il rispetto delle distanze e dell’uso della mascherina. In reparto abbiamo – lo ripeto – lo spaccato di quello che succede nel resto d’Italia. E noi non abbiamo nessuna evidenza che le riaperture scolastiche determinino l’aumento dei bambini ricoverati, questo è sicuro!”.
7 – Il Covid diventa più grave col passare dei mesi?
“No. La malattia nei bambini, lo ripetiamo da mesi, è molto lieve, spesso asintomatica o paucisintomatica, vale a dire che non dà nessun sintomo o solo sintomi lievi. Inoltre, i bambini sono molto meno contagiosi degli adulti”.
In conclusione: non c’è al momento evidenza che i bambini, a causa delle varianti, siano più contagiosi o che si ammalino più facilmente e le varianti non portano a una maggior gravità della malattia. Lo dice la scienza!