Amore come prendersi cura. E’ questo il messaggio delle celebrazioni che la diocesi di Terni terrà in occasione della festa del patrono degli innamorati. In tutti gli angoli del mondo, infatti, san Valentino di Terni è una festa dell’amore. Amore che oggi, in una realtà dolorosamente ferita dai lutti, dalle solitudini e dalle diseguaglianze generate e inasprite dalla pandemia che dura da due anni, significa ricominciare a curarsi dell’altro in termini relazionali e spirituali, con vicinanza, inclusione e ascolto. Ma anche riaffermare e rafforzare il diritto alla salute dove è stato negletto, e comprendere l’urgenza di un nuovo rapporto con la nostra “Casa comune”, come la chiama papa Francesco, per il bene collettivo. Amore, quindi, come declinazione dell’ecologia integrale.
Promessa d’amore
“Questo santo esce molto fuori le mura della città e si proietta in tutto il mondo”, ha di recente affermato il vescovo di Terni, monsignor Francesco Antonio Soddu. Tanto che, negli anni Novanta, la città giapponese di Kobe ha realizzato nel quartiere Mikage una piazza dedicata proprio al patrono di Terni, collocando in quel luogo un’opera dell’artista ternano Aurelio De Felice. Il richiamo spirituale del santo degli innamorati è talmente sentito e ricercato che in occasione di questa data coppie di fidanzati provenienti da tutta Italia e che si sposeranno entro l’anno, si scambiano la promessa d’amore davanti all’urna contenente le sacre reliquie posta nella basilica di San Valentino a Terni.
Intervista professor Paoli
Per conoscere meglio la figura del santo e le origini del culto, Interris.it ha intervistato il professor Emore Paoli, docente straordinario di Letteratura latina, medievale e umanistica dell’Università di Roma “Tor Vergata”.
Professore, cosa sappiamo della figura del vescovo di Terni?
“Da un punto di vista storico-biografico, su Valentino di Terni non si conosce nulla. Come per la maggior parte dei martiri dei primi secoli, dobbiamo porre attenzione all’origine del culto e sulle sue testimonianze, anzitutto archeologiche e liturgiche, ma anche letterarie. Tra queste ultime un posto di rilievo occupa la Passio Sancti Valentini, che dal punto di vista agiografico, spirituale nel panorama umbro altomedievale costituisce quasi un unicum”.
Secondo le ipotesi di studio, a quando risalirebbe questa fonte agiografica?
“Sono state ipotizzate diverse datazioni, tra il V e il VIII secolo. Infatti, la Passio si trova riassunta nel Martirologio di Beda il Venerabile, che muore nel 735, e allude ad alcune opere Agostino d’Ippona, che muore nel 430. A mio avviso, il suo autore ha in mente anche un episodio dei Dialogi di Gregorio Magno. Se così è, il testo può datarsi tra la fine del VI e gli inizi dell’VIII secolo. Quasi certamente è stata scritta da un monaco; infatti, la spiritualità che se ne evince è di chiara impronta monastica. Da questo punto di vista, quella di san Valentino è una Passio ‘strana’, almeno rispetto alle passiones dei martiri umbri, nelle quali si raccontano solo degli ultimi giorni di vita del martire, a partire dall’editto di persecuzione emanato dall’imperatore, seguito dalla cattura, dall’interrogatorio in cui l’accusato difende la propria fede, dalla condanna a morte, e si concludono con l’esecuzione e la sepoltura nel luogo martirio o subito fuori dalla città di appartenenza del santo. Qui invece, il martirio è quasi una sorta di ‘incidente di percorso’ successo alla fine di una vita spesa interamente facendo il bene”.
Ci illustra allora la “passione” di san Valentino?
“La trama è questa. Un oratore, Cretone, che si trova a Roma, ha un figlio, di nome Cheremone, affetto da una deformità fisica che nessun medico del tempo era in grado di guarire e non emetteva suoni articolati ma solo muggiti. Un suo conoscente, Fonteio, lo informa che il vescovo di Terni aveva guarito suo fratello da una patologia simile. Valentino, chiamato a Roma, ottiene dall’oratore la promessa che a guarigione avvenuta avrebbe fatto battezzare il figlio, poi opera il miracolo. Conduce il giovane con sé in una cella, lo fa distendere su un cilicio e prega tutta la notte. Al mattino il ragazzo, dopo aver visto una grande luce, si alza guarito e comincia a magnificare Dio. Da qui si innesca una catena di conversioni, tra cui alcuni discepoli di Cretone, e questo porta alla condanna a morte di Valentino, in quanto agli occhi dei senatori romani era divenuto “antagonista” del paganesimo.
In cosa allora questa Passio si differenzia dagli altri testi agiografici umbri?
“Gli autori delle altre passiones, ad esempio in quelle di Gregorio di Spoleto, Terenziano di Todi, Costanzo di Perugia, si limitano a raccontare l’interrogatorio, la condanna a morte, il martirio e la sepoltura, e insistono sulla crudeltà dei persecutori per far emergere la forza della fede del santo perseguitato. Invece, nella Passio il martirio è raccontato in pochissimo righe, perché all’agiografo preme soprattutto evidenziare che san Valentino è stato un modello di vita. Il santo patrono di Terni è un vescovo che vive come un monaco e spiega al mondo che la guarigione del corpo, simbolo della salvezza dell’anima, non si ottiene attraverso la cultura profana, ma mediante la scienza spirituale, soprattutto grazie all’esperienza di Dio, la contemplazione. Il miracolo avviene grazie all’adesione esperienziale al messaggio cristiano. L’autore lo afferma espressamente nel Prologo: sono santi soprattutto coloro che hanno aderito al Creatore vivendo bene”.
Ci spiega come il vescovo martire della tradizione agiografica diventa poi quello che ai giorni nostri è conosciuto come il “santo degli innamorati”?
“Non sono particolarmente informato su questo aspetto. A me sembra, comunque, che il dies natalis di san Valentino, cioè quello nel quale è festeggiato, il 14 febbraio, si sia sovrapposto a una festa precedente, di tipo folclorico-antropologico, che celebrava il preludio del risveglio della natura, cui è sempre associato il risveglio del sentimento amoroso. Un indizio in tal senso è offerto, a mio avviso, dall’opera in versi di Geoffrey Chaucer, Il parlamento degli uccelli, un poema onirico del XIV secolo, il cui protagonista assiste in sogno alla scelta, da parte degli uccelli, delle loro compagne. Secondo tradizioni ben più recenti, san Valentino avrebbe catechizzato alcuni fidanzati e giovani coppie di sposi; talvolta si racconta che il santo vescovo di Terni avrebbe celebrato il matrimonio tra la cristiana Serapia, gravemente malata, e il centurione pagano Sabino. Ma si tratta di tradizioni di assai incerti connotati. Ribadisco però di non esserne ben informato. Ritengo tuttavia, che non sia stata la figura di san Valentino a suggerire un legame con la “festa degli innamorati”; assai probabilmente questa festa, di probabile origine nord-europea, cadeva nello stesso giorno in cui veniva ricordato il martirio del santo patrono di Terni. Quasi del tutto infondata è l’ipotesi secondo la quale la festa di san Valentino avrebbe inteso cristianizzare i Lupercalia romani, celebrati tra il 13 e il 15 febbraio”.