“L’Italia non può essere lasciata sola né dall’Europa né dal sistema internazionale che deve agire per ridurre le ragioni che portano le persone a fuggire dai propri Paesi. E a morire sulle nostre coste, come avvenne a Cutro, o nel Mediterraneo, regno di morte e non di vita”. E’ l’appello, chiaro, inequivocabile, del Presidente della Croce Rossa Italiana, Rosario Valastro, nel primo anniversario del naufragio avvenuto nella notte tra il 25 e il 26 febbraio 2023 dinanzi alla spiaggia di Steccato di Cutro, in Calabria.
La ricostruzione del naufragio
Un barcone partito dalla Turchia e carico di almeno 180 migranti si arenò su una secca a poche decine di metri dalla costa di Steccato di Cutro, nei pressi della foce del fiume Tacina, nella notte. L’impatto con la secca espose l’imbarcazione alla violenza delle onde del mare tra forza 4 e forza 5, che rovesciarono e distrussero il natante.
A soccorrere per primi i naufraghi furono due pescatori del luogo, che sentirono il frastuono del disastro e le grida di chi era in difficoltà e allertarono i carabinieri e la Croce Rossa locale per i primi soccorsi. Nel buio più completo e nel gelo notturno di febbraio, volontari e operatori salvarono chi era ancora vivo, cominciando al contempo a estrarre dall’acqua numerosi corpi senza vita spinti verso la riva dalla violenza delle onde.
Alle prime ore dell’alba del 26 febbraio il bilancio dei morti appariva già drammatico: il barcone sbriciolato veniva trasportato dalla risacca e decine erano già i corpi distesi sulla sabbia e coperti da sudari bianchi. Il bilancio finale fu di 81 sopravvissuti, 94 morti accertati e un numero imprecisato – si stima una decina – di dispersi.
L’opera di Croce Rossa a Cutro
Immane il lavoro della Croce Rossa di Crotone in quella terribile notte. Gli operatori hanno dovuto recuperare i corpi in mare, chiuderli nei sacchi, trasferirli in ospedale per l’esame autoptico e, al contempo, soccorrere i superstiti, dare le prime cure in loco e trasferirli poi nei reparti o nelle strutture di accoglienza. Un impegno proseguito nelle settimane successive alla tragedia con il PalaMilone, il palazzetto dello sport di Crotone, trasformato in camera ardente per i riconoscimenti delle salme. E poi l’assistenza dei familiari delle vittime (queste ultime quasi tutte afghane) provenienti da tutta Europa e ospitati gratuitamente negli alberghi della zona.
2023 annus horribilis dei naufragi
A un anno dalla tragedia, è evidente che non c’è stato un “prima e dopo Cutro”, come non ci fu un “prima e dopo Lampedusa 2013”: le persone continuano a morire in mare nella disperata ricerca di un futuro migliore. Il 2023 è anzi risultato l’annus horribilis dei naufragi: oltre 2500 morti in 12 mesi, il Mediterraneo trasformato in una tomba a cielo aperto.
Interris.it ha intervistato il presidente della Croce Rossa Italiana, Rosario Valastro, sui ricordi di quella tragica notte sulla spiaggia di Steccato di Cutro e per fare il punto sulla questione migratoria. Analizzata dal punto di vista di chi considera i migranti non come numeri o percentuali, ma come persone disperate da soccorrere. Ma con “l’impegno di tutti”. Perché “l’Italia non può restare da sola dinanzi a un fenomeno epocale come quello migratorio”.
L’intervista a Rosario Valastro, Presidente Croce Rossa Italiana
Cutro un anno dopo: quali ricordi ed emozioni di quella terribile notte tra il 25 e il 26 febbraio?
“I ricordi di quella notte, come di ogni sbarco o naufragio in cui perdono la vita persone che cercano una via di salvezza, sono quelli della perdita di umanità che sta dietro ogni tragedia a cui da tempo assistiamo in un mare che è diventato regno di morte anziché di vita. La tragedia di Cutro è di quelle che non avvengono per caso. E’ di quelle che sono annunciate dalla storia che viviamo in questi anni. Ma l’Italia non può essere solo una terra di approdo. L’Italia è una terra che non può essere lasciata sola né dall’Europa né da quel sistema internazionale che deve agire per ridurre le ragioni che portano le persone a fuggire dai propri Paesi. Le emozioni sono quelle che appartengono a chi opera per salvare persone che non hanno alcuna colpa rispetto ad un mondo che non li tutela e che non garantisce loro diritti”.
Quale fu l’opera di CRI sulla spiaggia di Steccato di Cutro?
“Fu quello di prestare soccorso. Questo è il compito della Croce Rossa. Soccorrere e cercare di adoperarsi attraverso l’umanità che contraddistingue i nostri Volontari e Volontarie, i nostri Operatori per dare un approdo sicuro e per affermare nell’agire, quello che manca molto spesso e che invece deve vincere. L’umanità”.
📍"Siamo sempre pronti ad affrontare tutto ma questa tragedia è stata molto più straziante di tante altre. Il dolore di queste persone, oggi, è anche il nostro e ci racconta che siamo davvero tutti uguali".👇Le testimonianze di @CRICrotone dopo il drammatico naufragio di #Cutro. pic.twitter.com/zAnvVT5brd
— Croce Rossa Italiana (@crocerossa) March 2, 2023
Cosa sta facendo oggi CRI per i migranti che raggiungono le nostre coste?
“Siamo presenti nei porti di sbarco, siamo presenti a Lampedusa dove nell’hotspot accogliamo chi nella porta d’Europa cerca rifugio. Ma quello che facciamo è essere artefici di un costante richiamo ai principi che devono fondare la nostra Europa e il nostro Paese. Quelli di un’accoglienza che non significa però non gestire un fenomeno”.
Quanto incide l’efficienza della macchina dei soccorsi in situazioni di questo genere?
“E’ una macchina che deve essere funzionante perché soccorrere significa innanzitutto assumersi la responsabilità delle vite altrui. Per questo i nostri soccorritori sono coloro che stanno sul campo, sono coloro che non lasciano che le vite di chi rischia la vita vadano perse”.
In che modo si possono prevenire tragedie come quella di Cutro?
“Innanzitutto attraverso una politica diversa a livello internazionale. Gli Stati nazionali da soli non possono affrontare un fenomeno epocale come quello migratorio. Né si può parlare di accoglienza senza tener presente che i singoli Paesi hanno diverse politiche in tal senso. L’Italia, a lungo, è stata lasciata sola ad affrontare questo fenomeno. E’ una battaglia non facile ma è doveroso razionalizzare e non procedere su binari che lasciano spazio solo a petizioni di principio che non tengono in considerazione le necessità anche dei singoli Paesi. Prima di parlare di accoglienza bisogna saper parlare di integrazione e di inclusione, in assenza delle quali una società davvero multiculturale non può esistere. Servono politiche a favore dei Paesi africani, serve un ordine mondiale che rispetti davvero i diritti umani, in primis quelli delle donne, senza i quali non è possibile fare alcuna seria politica a favore delle libertà e della democrazia. Veda, quello che accade in Afghanistan, in Iran, la stessa tragedia che sta colpendo il Medio Oriente con il conflitto Israelo Palestinese. Nel mondo sta vincendo di nuovo la logica della guerra: è compito dell’Europa fare nuove politiche, è compito dell’Italia quello di far sentire la sua voce per essere parte di un sistema internazionale che fondi la sua essenza sul rispetto dell’uomo e della sua dignità. E questo nell’anno del centosessantesimo anniversario della prima Convenzione di Ginevra”.