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Usa: da isolazionisti a internazionalisti. L’impatto politico ed economico sull’Italia della nuova Casa Bianca

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Joe Biden abbandonerà la linea tendenzialmente isolazionista di Trump, l’America First, che peraltro è un vecchio slogan- spiega a Interris.it il professor Giovanni Farese, storico dell’Economia e docente di Storia del pensiero economico all’Università Europea di Roma-. Tutto ciò a favore di una ripresa di una linea tendenzialmente internazionalista, più attenta cioè alle alleanze a cominciare dagli alleati storici, e quindi dall’Europa.

Nuovo corso politico ed economico

“Il mondo si sta riorganizzando su grandi blocchi economici e commerciali. Forse Biden rilancerà l’idea di unStati Uniti, per ‘contenere’ la Cina- sottolinea a Interris.it il professor Farese-. In generale, tutti proveranno a ridurre, in parte, la loro dipendenza dall’estero. Anche in Europa si parla, per effetto della pandemia, di recuperare ‘sovranità sanitaria’ e ‘sovranità tecnologica’. Il punto è che l’Europa ha più bisogno della Cina di quanto ne abbiano gli Stati Uniti. La Cina e gli Stati Uniti sono potenzialmente più autosufficienti, per dimensione e per risorse. L’economia europea dipende dalle importazioni ed è trainata dalle esportazioni e ha bisogno di mercati aperti. Oggi più di ieri potrebbe essere difficile per gli europei, quando si tratta della Cina, dire di ‘no’ alle richieste di un amico: è Biden lo è”.Su quali linee geopolitiche differirà secondo lei la geopolitica di Biden rispetto a quella del suo  predecessore Trump?

“La politica estera risponde a interessi preponderanti di medio-lungo termine, ma conosce anche delle varianti a seconda delle singole amministrazioni. Quanto alle varianti,  Trump aveva in più occasioni trattato come “amici” paesi retti da governi discutibili e come “quasi nemici” i suoi alleati storici, anche europei. Ma l’asse del mondo si è da tempo spostato dall’Atlantico al Pacifico e l’attenzione degli Stati Uniti sarà concentrata sulla Cina”.Può farci un esempio?

“Qui siamo nel campo degli interessi preponderanti. L’Europa conta, ma la Cina e l’Asia contano di più. É una linea avviata da Obama, proseguita a modo suo da Trump, e Biden stesso la seguirà. La Cina è il ‘concorrente strategico’. La geopolitica di Biden sarà anche più attenta ai diritti umani, come è nella tradizione democratica. E questo costituirà un elemento di frizione con la Cina, si pensi a Hong Kong o allo Xinjiang. Su altro fronte la Russia resta ‘rivale'”.

Quanto inciderà il suo essere cattolico?

“Biden è il secondo presidente cattolico, dopo Kennedy; come per Kennedy, anche la sua famiglia ha origini irlandesi. E su questo punto diciamo subito che Biden è contrario a una hard Brexit che segni un confine fisico tra la Repubblica d’Irlanda e l’Irlanda del Nord, un confine che è anche religioso (anche se lo è meno che in passato: la presenza cattolica nell’Irlanda del Nord è oramai quasi pari a quella protestante)”.

Il presidente cinese, Xi Jinping, visita i pazienti guariti dal Covid-19 – Foto © Xinhua per Alamy Live News

A cosa si riferisce?

“Su un piano più generale, Biden sarà, come presidente cattolico, più attento alle persone, alle loro sofferenze. Vi era una contraddizione di fondo, nella retorica di Trump, tra il suo essere a parole pro-life ma contro gli immigrati e le loro famiglie. Le persone sono persone”.Cioè?

“Biden ha promesso di curare l’anima (heal the soul of America), ma mi auguro che curi anche il ‘corpo’. Negli Stati Uniti vi sono profonde diseguaglianze economiche, razziali, sociali. Se si legge il programma di Biden si vede che guarda alla classe media che lavora, alle famiglie, agli studenti indebitati. Ma anche gli homeless, cioè i senzatetto, che crescono soprattutto nelle grandi aree urbane”.Perché?

“Il tasso di disoccupazione è oggi negli Stati Uniti il doppio (6.9 per cento, cioè 11 milioni di persone) di ciò che era all’inizio della pandemia. Quanto alla pandemia, gli Stati Uniti hanno il 4 per cento della popolazione mondiale, ma hanno il 20 per cento dei morti globali causati dal virus”.

Proteste a Washington davanti alla Casa Bianca

Ci sarà un ritorno al multilateralismo? E quali effetti ci saranno sulla Nato e le organizzazioni internazionali?

“Biden riporterà subito, forse nel primo giorno del suo mandato o comunque nei primissimi giorni, gli Stati Uniti negli Accordi sul clima di Parigi e potrà evitare l’uscita dall’Organizzazione mondiale della Sanità, che comunque non avrebbe avuto effetto prima del luglio 2021. Il primo atto di Trump fu chiudere le frontiere agli immigrati di alcuni paesi islamici. Più in generale, Biden avrà più rispetto per il multilateralismo e per le organizzazioni internazionali. Ma, anche in questa nuova stagione, non mancheranno le frizioni”.

Con chi?

Pensiamo al WTO: è bene avere chiaro che il mondo sta entrando in una fase di relativa ‘deglobalizzazione’, indotta anche dalla fragilità delle catene globali di produzione che la pandemia ha messo a nudo. Biden parla spesso di ‘Made in America, All of America’ (cioè “prodotto in America” e in varie aree, non soltanto alcune, del Paese). La stessa Cina, nel suo ultimo piano quinquennale, parla di ‘circolazione interna’, cioè di un modello di sviluppo trainato dalla domanda interna”.E sul fronte delle alleanze internazionali?

“Quanto alla Nato, l’alleanza ha bisogno di ripensare i suoi scopi. Biden continuerà a chiedere, in particolare a Italia e Germania, di fare di più in termini di impegno di spesa all’interno della Nato. Si parla anche di una Lega delle democrazie (un’altra idea non nuovissima), ma l’importante è non alzare muri visibili o invisibili, non tracciare linee troppo nette tra “noi” e gli “altri”. Occorre rilanciare il dialogo. Biden ci proverà, a cominciare dall’Iran”.

Finiranno le guerre commerciali con la Cina?

“Magari non saranno guerre aperte, dichiarate, ma come dicevo all’inizio la Cina e gli Stati Uniti sono e resteranno ‘concorrenti strategici’. La Cina ha chiuso in pochi decenni il suo gap tecnologico e si pone oggi alla frontiera tecnologica in alcuni campi. Pensiamo al 5G: gli Stati Uniti sono indietro. Siamo in una fase di transizione egemonica dagli esiti aperti, tutt’altro che scontati”.

 

Giacomo Galeazzi: