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Francesco in Ungheria dove il comunismo iniziò a crollare

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In Ungheria per la pace. È con la questione ucraina nel cuore che Papa Francesco parte oggi per Budapest. Farà ritorno domenica in Vaticano. La guerra e la questione dell’accoglienza ai migranti sono al centro del viaggio apostolico. Lo ha annunciato lo stesso Pontefice domenica nel corso della preghiera del Regina Coeli che, in questo tempo liturgico, sostituisce l’Angelus. Jorge Mario Bergoglio si reca “per tre giorni a Budapest, in Ungheria. A completamento del viaggio compiuto nel 2021 per il Congresso eucaristico internazionale“. Una missione “al centro dell’Europa sulla quale continuano ad abbattersi gelidi venti di guerra”. Il Papa fa riferimento agli “spostamenti di tante persone”, riferendosi alla delicata questione dell’accoglienza ai profughi e ai migranti. Rispetto alla quale la Santa Sede ha visioni molto diverse dal premier ungherese Viktor Orban. I flussi migratori, infatti, “pongono all’ordine del giorno questioni umanitarie urgenti“.

Impegno

Un sentimento condiviso con i fedeli presenti in piazza San Pietro per la preghiera mariana. Domenica il Papa si è rivolto “con affetto ai fratelli e alle sorelle ungheresi in attesa di visitarvi”. Il Pontefice ha detto: “So che state preparando con tanto impegno la mia venuta. Vi ringrazio di cuore per questo. E a tutti voi chiedo di accompagnarmi con la preghiera in questo viaggio”. L’Ungheria è una nazione carica di significati storici per il cattolicesimo. Il viaggio di Papa Francesco nel cuore della Mitteleuropa avviene sulle orme del cardinale e Servo di Dio József Mindszenty. “Voglio essere un buon pastore, un pastore pronto a dare la vita per il suo gregge“, diceva il Primate d’Ungheria. Simbolo della persecuzione subita dalla Chiesa durante la guerra fredda. Nominato vescovo di Veszprém e consacrato il 25 marzo 1944, fu arrestato il 27 novembre 1944 e rimesso in libertà il 1° aprile 1945 ma sotto controllo dei comunisti. Nello stesso anno fu nominato Arcivescovo di Esztergom e Primate d’Ungheria e, il 18 febbraio 1946, Pio XII lo creò cardinale. Poté svolgere la sua attività pastorale fino al 26 dicembre 1948. Quando fu arrestato e incarcerato a Budapest. Con l’accusa di attività contro lo Stato.

In prigionia

Dopo essere stato sottoposto a torture fisiche e psichiche, a conclusione di un processo farsa, l’8 febbraio 1949 il cardinale Mindszenty fu condannato a morte. Pena commutata con il carcere a vita. Nella notte del 30 ottobre 1956, durante l’insurrezione popolare contro l’oppressione sovietica, fu liberato. E riabilitato dal presidente Imre Nagy, che dichiarò nullo il processo del 1949. Invitato in Parlamento via radio rivolse un breve messaggio alla nazione. Ma fu spinto a mettersi in salvo perché i sovietici erano di nuovo padroni della capitale. Il 4 novembre 1956 si rifugiò nella sede dell’ambasciata america. E vi rimase per circa quindici anni in stato di “semi-prigionia”. In seguito alla nuova Ostpolitik del Vaticano, nel 1971, lasciò l’ambasciata Usa. Raggiunse Roma e poi Vienna. Di ritorno da un viaggio apostolico in Colombia, nel 1975, fu ricoverato in ospedale a Vienna.

Viaggio di Francesco

Francesco in Ungheria, quindi, nel segno del cardinale martire della Chiesa ungherese. L’arcivescovo di Esztergom e Primate di Ungheria “visse in dedizione incondizionata a Cristo e al suo regno di verità e di giustizia”, attesta la Congregazione per la Causa dei Santi: “Abbandono fiducioso alla divina Provvidenza. Speranza viva e costante. Amore al suo popolo. Azione pastorale indomita e fervorosa. Operosità a servizio della concordia e della pace. Prudenza ed energia. Distacco dai beni terreni. Tensione verso la perfezione evangelica. Onorò la porpora. E fu disposto a offrire la vita per la sua fedeltà a Cristo e alla Chiesa“. Il Segretario di Stato vaticano spiega che “di per sé la visita è programmata da tempo. Non si inserisce direttamente nella attualità odierna. Ma io penso che il Papa approfitterà come fa sempre anche di questa visita per cercare di vedere se c’è la possibilità di fare qualche passo verso la pace. Vista anche la posizione dell’Ungheria nella comunità internazionale ma non c’era una cosa specifica. Andiamo per questo, ma certamente si approfitterà“.

Promessa

Il viaggio apostolico “nasce come una promessa” assunta dal Pontefice. In occasione della sua presenza nel settembre 2021 al Congresso eucaristico internazionale. Promessa “mantenuta”. Per “dedicare tempo al popolo ungherese”, puntualizza il direttore della Sala Stampa della Santa Sede. Matteo Bruni lo ha detto al briefing con la stampa. Per il 41esimo viaggio apostolico all’estero di Francesco. “Di questa promessa – osserva Bruni – il Papa ne aveva parlato sul volo di ritorno”. Il riferimento è al viaggio di due anni fa a Budapest e in Slovacchia. Ieri, proprio alla vigilia della partenza per l’Ungheria, papa Francesco ha ricevuto in udienza in Vaticano il primo ministro dell’Ucraina Denys Shmyhal. Il premier ucraino era arrivato a Roma mercoledì per partecipare alla Conferenza Bilaterale sulla Ricostruzione dell’Ucraina. E per sottoscriverne le conclusioni insieme alla premier Giorgia Meloni. Mercoledì, invece, papa Francesco si è recato alla Basilica di Santa Maria Maggiore. Per pregare davanti all’icona della Vergine “Salus Populi Romani“. Le ha affidato il suo viaggio in Ungheria.

Prossime mete

“A Dio piacendo, partirò per il 41° pellegrinaggio apostolico andando a visitare l’Ungheria. Poi ci sarà Marsiglia, poi la Mongolia, tutte queste cose che sono in lista d’attesa“, aveva detto due settimane fa Jorge Mario Bergoglio ricevendo in udienza in Vaticano i dirigenti e il personale della Società Ita Airways. Il Papa ha così confermato il viaggio in cantiere per fine settembre a Marsiglia e in Mongolia. Non citando comunque quello previsto all’inizio di agosto in occasione della Gmg di Lisbona.

 

 

Giacomo Galeazzi: