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Cooperazione, l’impegno della Farnesina per l’uguaglianza di genere

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L’uguaglianza tra uomo e donna è obiettivo prioritario per l’azione della Farnesina nel mondo.  È stata pubblicata la relazione “La Cooperazione italiana allo sviluppo per l’uguaglianza di genere“.  La relazione sulle missioni svolte dalla diplomazia è stata realizzata per il terzo anno consecutivo dall’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (AICS). In raccordo con il ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale (MAECI). Il documento contiene una panoramica dell’azione della Cooperazione italiana allo sviluppo per l’uguaglianza di genere. E per l’empowerment di donne, ragazze e bambine durante lo scorso anno. Incluse informazioni specifiche sui finanziamenti di iniziative avviate nel settore. Ma anche azioni che l’AICS ha realizzato per potenziare la propria capacità di progettare. “In maniera rispondente ai bisogni di genere e raggiungere le donne”. Soprattutto quelle più marginalizzate e che vivono in aree di crisi o conflitto.

Scuole Unicef in Afghanistan (immagine tratta da www.unicef.it)

Uguaglianza come priorità

Donne in prima fila per la pace e per la risposta umanitaria. Come Mary Akrami, direttrice esecutiva dell’Afghan Women’s Network (AWN). Grazie al supporto del Women’s Peace Humanitarian Fund (WPHF), sostenuto dalla Cooperazione italiana, ha potuto continuare il suo lavoro per i diritti delle donne. Assicurando una prospettiva femminile per la pace in Afghanistan. Ma anche donne in fuga dalla violenza e dalla povertà. Spesso sole e discriminate dai loro stessi mariti, padri, fratelli. Come Asma. Giovane donna sfollata attualmente residente nel centro-sud della Libia, fuggita da Sebha insieme a tutta la sua famiglia. E assistita dai medici di UNFPA. Attraverso i fondi ricevuti dalla Cooperazione italiana. L’empowerment delle donne e delle ragazze è fondamentale per affrontare le sfide che minacciano il futuro. Come quelle demografiche, il cambiamento climatico ed i conflitti. Il report della Farnesina fa emergere il lavoro della Cooperazione italiana per la promozione dell’uguaglianza di genere.

Ruolo chiave

Questa relazione conferma l’impegno dell’AICS. Per creare un mondo più giusto, resiliente e sostenibile. In cui le donne acquisiscono un ruolo chiave per lo sviluppo. Numerosi sono i Paesi dove sono state avviate nuove iniziative finalizzate al raggiungimento dell’uguaglianza di genere. Si va dall’Afghanistan al Bangladesh e alla Siria. Per raggiungere la Colombia. E per concentrarsi soprattutto in paesi africani come Etiopia, Kenya, Libia, Sierra Leone, Sud Sudan e Sudan. Ad esempio, per sostenere le donne vittime di violenza, povertà e discriminazione in Etiopia. Attraverso organizzazioni della società civile sono stati creati one stop center in diverse città. Come Harar e Dire Dawa. Ciò al fine di fornire, gratuitamente ed in un unico luogo un’ampia gamma di servizi. E cioè salute, supporto psicosociale, servizi legali e di polizia. Un vitale sussidio alle sopravvissute alla violenza di genere.

Parità di genere

La parità di genere si riferisce alla parità tra donne e uomini rispetto ai loro diritti, trattamento, responsabilità, opportunità e risultati economici e sociali. Si tratta di un principio giuridico, non sono parole a caso. La parità di genere è intesa come l’assenza di ostacoli alla partecipazione economica, politica e sociale di un qualsiasi individuo. L’uguaglianza di genere è anche l’obiettivo della Dichiarazione universale dei diritti umani delle Nazioni Unite. Per eliminare il gap tra i sessi occorre eliminare la violenza di genere. Contrastare i preconcetti sessisti. Superare le disparità nel mondo del lavoro. Ottenere una piena partecipazione delle donne nei diversi ambiti economici. Gestire la questione del dislivello retributivo e pensionistico.  L’UE si fonda su un insieme di valori. Tra cui l’uguaglianza. E pertanto promuove la parità tra uomini e donne (articolo 2 e articolo 3, paragrafo 3, del trattato sull’Unione europea). Tali obiettivi sono altresì sanciti dall’articolo 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’UE.

Uguaglianza e Islam

Elisa Giunchi è associate senior research fellow dell’ISPI. E docente di Storia e istituzioni dei paesi islamici all’Università degli Studi di Milano. “Nel 2012 il governo afghano ha approvato una dichiarazione di ulama in cui si condanna la violenza contro le donne solo se avviene all’infuori delle norme della sharia“, spiega la professoressa Giunghi. L’interpretazione prevalente in Afghanistan è quella avvallata da tutto l’establishment religioso sunnita. E prevede che gli uomini, “preposti (qawanum)” alle donne, come recita il Corano, possano picchiare le moglie. Ci sono diverse interpretazioni progressiste, avanzate dal “femminismo islamico” nelle sue variegate diramazioni. E contestano l’esegesi letterale di quel versetto. Sottolineando la valenza non discriminatoria del messaggio coranico.

Peso di Riyadh

“Ma non hanno la possibilità di diffondersi- precisa Elisa Giunchi-. La censura in Afghanistan è quasi assoluta quando si tratta di donne e Islam. L’influenza crescente dell’Arabia Saudita sull’islam sunnita non fa che rafforzare una lettura conservatrice e autoritaria della religione“. Il wahhabismo era stato respinto come un’aberrazione dagli ambienti religiosi afghani ancora all’inizio del Novecento. Poi, però, si è diffuso ovunque sull’onda dei petrodollari sauditi. “Non è quindi irrilevante, quando si parla di donne afghane, chiedersi quale sarà in futuro il peso di Riyadh sul paese- conclude la studiosa-. In Pakistan ha avuto l’effetto di arabizzare la cultura locale. E ha contribuito a indurre le autorità politiche e militari, dagli anni Settanta del Novecento, a sostenere gli ambienti religiosi più retrivi“.

Giacomo Galeazzi: