Quale Ucraina dopo il vertice in Svizzera. Forum a In Terris

Riflessioni sull'esito della conferenza di pace e prospettive per analizzarne l'esito. Quali sono i possibili passi per fermare la guerra nell'Europa orientale

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Foto di Frauke Riether da Pixabay
Per capire quali spiragli di pace si aprono per l’Ucraina dopo la conferenza in Svizzera, In Terris ha raccolto le impressioni di intellettuali di respiro internazionale come Victor Magyar e Valentina Villa. Victor Magiar, nato in Libia nel 1957, vive in Italia dal 1967. Tra i fondatori nel 1988 del “Gruppo Martin Buber-Ebrei per la pace”, dal 1993 al 2001 è stato consigliere comunale di Roma, delegato dal sindaco per le politiche di educazione alla pace e di solidarietà e cooperazione internazionale. Già consigliere della Comunità Ebraica di Roma e direttore del Dipartimento Relazioni Internazionali dell’Associazione nazionale dei comuni italiani (Anci). “La situazione è bloccata, però dal vertice in Svizzera emerge un segnale che la comunità internazionale deve cogliere- spiega a In Terris Victor Magiar-. Mi riferisco ai paesi che non hanno votato il documento finale del vertice di pace. Si tratta di nazioni importanti sullo scacchiere internazionale e che hanno rapporti economici importanti con Mosca. La mancata firma li mette nella condizione di possibili mediatori tra Ucraina e Russia. Non hanno compiuto un atto ostile nei confronti di Mosca e non sono solo paesi del sud come sbrigativamente sono stati definiti in blocco. Hanno un peso economico nell’odierno mondo globalizzato”.
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Prosegue Magiar: “Contribuire a trovare una soluzione alla guerra in Europa orientale è di interesse strategico di lungo termine per paesi come l’India e l’Arabia Saudita che così dimostrano di non essere subalterni né al blocco occidentale e atlantico filo-Kiev né alla Russia. Il loro protagonismo è realisticamente utile a sbloccare lo stallo attuale. Sono nazioni troppo grosse per un ruolo da gregarie. Piuttosto si può intravedere per loro un profilo da ‘terza posizione’ tipo la Jugoslavia di Tito durante la guerra fredda ma con una forza economica che il regime titino non aveva”. Aggiunge Victor Magiar: “La questione di fondo è semmai l’irreversibile e folle deriva personalistica della leadership russa. E’ questa la differenza anche con la situazione in Israele. Nel caso di Benjamin Netanyahu c’è comunque un sistema che può frenarlo e correggerlo, con Putin tutto questo manca”. La professoressa Valentina Villa insegna Storia delle istituzioni politiche alla facoltà di Scienze politiche e sociali dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. E’ titolare dei corsi di History of Political Institutions, Storia delle istituzioni militari e dei sistemi di sicurezza, Contemporary History. Fa parte, inoltre del collegio docenti della Scuola di Dottorato in Istituzioni e Politiche e contribuisce all’organizzazione dell’attività didattica di area storica per i dottorandi. Partecipa al progetto “Storia&Narrazione“.
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Luci e ombre sull’Ucraina

“In Svizzera si è visto qualcosa di più concreto rispetto alle trattative di pace che si erano arenate alla fine del 2022- sottolinea a In Terris la professoressa Villa, esperta di geopolitica con particolare riferimento al Regno Unito-. Sull’intero scenario russo-ucraino incombe l’incognita delle elezioni Usa e appare improbabile che prima di novembre il nodo possa sciogliersi nel conflitto tra Mosca e Kiev”. “Si è chiuso in Svizzera fra luci e ombre il summit per la tregua del conflitto in corso nel cuore dell’Europa– riferisce Paola Simonetti di Radio Vaticana-. La maggioranza dei Paesi partecipanti ha infatti sottoscritto la dichiarazione conclusiva che ribadisce il diritto all’indipendenza e all’integrità territoriale di tutti gli Stati. Ma a pesare ci sono state importanti defezioni. Assente la Cina, non invitata la Russia. La difesa di indipendenza, sovranità e integrità territoriale è un diritto inalienabile dell’Ucraina, come di tutti gli Stati. Ma solo il dialogo fra le parti in conflitto può fermare la guerra. Questa l’ossatura portante del comunicato finale del vertice che si è chiuso a Lucerna, in Svizzera, sottoscritto dalla maggioranza dei 92 Paesi partecipanti.

“La parola pace, dunque, compare nelle parole di alcuni leader mondiali, ma il risultato del summit deve fare i conti con la rinuncia alla firma di 12 nazioni: Armenia, Colombia, India, Indonesia, Libia, Messico, Arabia Saudita, Brasile, Messico, Sudafrica, Thailandia ed Emirati Arabi Uniti– prosegue  Simonetti-.Assente la Cina, mentre la Russia non era stata invitata. Paesi, quelli che si sono sfilati dall’avallo del documento, che hanno un grande peso sul fronte mondiale. Compresa la Cina, assente al vertice, insieme contano 3,66 miliardi di persone, quasi la metà della popolazione mondiale. Il documento conclusivo si è poi concentrato su tre aree di interesse comune sulle quali lavorare per circoscrivere la guerra in Europa. Ossia la sicurezza nucleare, quella alimentare e il capitolo dei prigionieri. Inclusi i bambini ucraini rapiti e deportati dai russi. Ottimista il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, che vede come un successo la convergenza su questioni cruciali di oltre 80 Paesi”. la presidente svizzera, Viola Amherd, a margine della conferenza sul lago di Lucerna, rispondendo alle domande dei giornalisti, ha dichiarato che “Il presidente russo, Vladimir Putin, potrebbe essere autorizzato a partecipare a un potenziale secondo vertice di pace. Nonostante un mandato di arresto della Corte penale internazionale emesso contro di lui”.

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Credit: IMAGOECONOMICA VIA GOVERNO

Negoziati di pace

La precisazione, osserva Simonetti, riguarda il quesito posto in merito all’obbligo eventuale di arrestare Putin su suolo svizzero. “Se la presenza del presidente russo è necessaria per tenere la conferenza – ha chiarito Amherd – allora si può fare un’eccezione. Soprattutto se si tratta dei negoziati di pace con l’Ucraina”. “L’unico mezzo in grado di raggiungere una pace vera, stabile e giusta è il dialogo tra tutte le parti coinvolte”, ha ribadito con fermezza il cardinale segretario di Stato vaticano, Pietro Parolin, intervenendo in qualità di osservatore, al vertice di alto livello sulla pace per l’Ucraina che si è svolto in due giornate a Bürgenstock, in Svizzera. A nome di Papa Francesco, il porporato ha confermato vicinanza “al tormentato popolo ucraino”. Ricordando il  “costante impegno” del Pontefice “a favore della pace”. Centrale, nell’intervento del segretario di Stato, sottolinea Isabella Piro, anche l’incoraggiamento alla comunità internazionale a “esplorare modi per fornire assistenza e aiutare la mediazione, che siano di natura umanitaria o politica”, con l’auspicio che “lo sforzo diplomatico promosso dall’Ucraina e sostenuto da tanti Paesi sia perfezionato. In modo da raggiungere i risultati che le vittime meritano e che il mondo intero spera”. Al contempo, il cardinale Parolin ha sottolineato che la Santa Sede continua a impegnarsi “a mantenere costanti contatti con le autorità ucraine e russe”, pronta anche ad aiutare nella realizzazione di “possibili iniziative di mediazione” che siano accettabili “per entrambe le parti” coinvolte. E che vadano a beneficio “delle persone colpite”.