Silvia Gison di Save the Children spiega quali sono le tante conseguenze a cui sono esposti i neonati ucraini in un Paese devastato dalla guerra non è mai facile. Le difficoltà cominciano già nei primi giorni di vita, quando i neonati sono privati delle cure sanitarie adeguate che ogni essere umano dovrebbe poter ricevere. In Ucraina, tra il febbraio 2022 e l’agosto 2024, sono venuti al mondo più di 516.000 bambini, molti dei quali, fin dal loro primo respiro, sono stati privati dei diritti fondamentali alla sicurezza e all’assistenza sanitaria. Inoltre, molti di loro vivono in zone di guerra, esposti costantemente al pericolo e agli effetti devastanti dei bombardamenti, con ripercussioni dirette sul loro sviluppo psicologico e fisico. L’impatto del conflitto si riflette anche sulla salute mentale di questi bambini, che crescono in un clima di paura e instabilità. Molte madri, poi, hanno raccontato agli operatori di Save the Children di temere di recarsi in ospedale a causa dei frequenti attacchi alle strutture sanitarie. A causa di questa paura, molte donne saltano le visite prenatali e postnatali, aumentando il rischio di complicazioni per loro e per i loro bambini.
L’intervista
Interris.it ha affrontato questo delicato tema con Silvia Gison, esperta di politiche umanitarie e conflitti armati di Save the Children.
Silvia, quali sono le conseguenze a lungo termine per un neonato che cresce in una zona di guerra?
“Un neonato non ha una comprensione diretta del conflitto, quindi le sue complicazioni non sono immediate. Tuttavia, sappiamo che i primi 1000 giorni di vita sono cruciali per lo sviluppo del bambino. Vivere in un contesto di paura e incertezza può influire pesantemente sulla formazione delle sue capacità cerebrali, alterando la sua visione del futuro e limitando le sue prospettive, anche dal punto di vista economico. Crescere in un ambiente di guerra condiziona la capacità del bambino di svilupparsi pienamente, non solo fisicamente, ma anche emotivamente e cognitivamente”.
Le difficoltà iniziano ancor prima della nascita, vero?
“Sì, purtroppo le difficoltà cominciano ben prima del parto. Molte madri hanno raccontato agli operatori di Save the Children di temere di andare in ospedale, mentre altre, per paura degli attacchi, decidono di saltare le visite prenatali e postnatali, compromettendo così la salute del bambino. Questo comportamento, sebbene comprensibile, ha conseguenze gravi sullo sviluppo del neonato e sulla possibilità di prevenire malattie o complicazioni. La paura delle madri non è infondata: lo scorso luglio, il più grande ospedale pediatrico dell’Ucraina è stato bombardato, causando la morte di 144 persone, tra cui molti bambini”.
Quali sono i maggiori disagi a cui sono sottoposti questi neonati?
“Uno dei problemi più gravi è la difficoltà di sviluppare competenze di base, come la capacità di leggere o scrivere, che sono fondamentali per il futuro di ogni bambino. Per un neonato che cresce in guerra, tutto il suo futuro è in pericolo: non solo la possibilità di crescere sano, ma anche quella di interagire con il mondo esterno in modo positivo. Un’altra grave conseguenza è la malnutrizione. La paura che le madri provano spesso impedisce l’allattamento al seno, fondamentale nei primi mesi di vita. In Ucraina, come in molti altri contesti di conflitto, i bambini che non vengono allattati sono estremamente vulnerabili, perché le condizioni per preparare il latte artificiale in modo sicuro non sono quasi mai disponibili”.
La natalità in Ucraina sembra essere stabile. Questo dato rappresenta una speranza o un segnale di preoccupazione, considerando le condizioni di vita dei neonati?
“Il fatto che la natalità resti stabile in Ucraina è sicuramente un segno di speranza. La volontà di crescere una famiglia in patria, nonostante la guerra, è un segnale che il Paese vuole andare avanti. Tuttavia, è fondamentale garantire che ogni bambino possa crescere in un ambiente sicuro e accogliente, senza traumi. La guerra, purtroppo, non ci consente di prevedere quando finirà, ma fino a quel giorno, il nostro compito è assistere la popolazione ucraina, che sta affrontando enormi difficoltà”.