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Turismo e Covid, Jelenic (Fiavet): “Viviamo una paralisi”

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Primo settore ad affrontare l’emergenza, forse quello che più di tutti ne porterà le ferite: turismo e Covid-19 si sono affrontati agli albori dell’emergenza, forse credendo, allora, che il coronavirus non diventasse pandemia. Ora, però, con la stragrande maggioranza dei Paesi a fare i conti con gli effetti dell’infezione, sistemi produttivi praticamente azzerati ovunque e quarantena forzata in più di uno, il settore turistico sfiora la paralisi, con le attività delle agenzie limitate ai rimpatri dei connazionali ancora fuori dall’Italia e oscure prospettive di ripresa. Difficile fare previsioni su quella che sarà la capacità dell’intero comparto (dal livello di intermediazione a quello ricettivo) ma, quel che è certo, è la durezza del colpo inferto a un ambito che, per il nostro Paese, rappresenta una delle forme primarie di apporto al prodotto interno lordo. In Terris ne ha parlato con Ivana Jelenic, presidente della Federazione italiana Imprese viaggi e turismo (Fiavet).

 

Presidente, il settore turistico è stato probabilmente il più colpito dall’emergenza coronavirus e, forse, quello che più degli altri ne mostrerà gli effetti una volta rientrata la pandemia. Come assorbire un tale impatto? 
“Noi siamo stati i primi a confrontarci con il virus, perché le prime ripercussioni le abbiamo avute già dalla fine di gennaio, quando l’epidemia è esplosa in Cina. Il senso del turismo è sempre un elemento che capta quando ci sono situazioni di instabilità e incertezza. E sicuramente il mercato cinese, sull’industria italiana aveva un impatto notevole. Ci eravamo illusi che questa situazione ci avrebbe lasciato indenni, eravamo a fare la conta di quello che sarebbe mancato all’industria turistica italiana esclusivamente per i mancati arrivi dei cinesi, senza renderci conto che la bomba ci stesse esplodendo in mano. Da oltre un mese e mezzo il turismo sta piangendo quella che è stata una situazione che in progressione è andata a degenerare perché probabilmente, mentre la Nazione tutta l’impatto l’ha avuto dall’ultima settimana, il mondo del turismo l’ha percepito con un mese e mezzo di anticipo”.

Un trauma ancora più forte per un Paese come l’Italia, che sul turismo fa leva per buona parte del suo indotto…
“Già 15-20 giorni fa eravamo a una riduzione dell’80% a livello complessivo, sempre tenendo conto di un punto fermo che è il valore del 13% dell’insieme dell’industria turistica italiana. Quindi si può, a buon titolo, definire la prima industria del nostro Paese per volume di indotto. E l’evolversi della situazione ci ha portato a una condizione di fermo totale, siamo arrivati alle misure più restrittive già per certi aspetti sfiancati. Chiaramente stiamo vivendo una condizione, come altri comparti, in una totale paralisi. Ma certamente, oltre al mondo di agenzie di viaggio, alberghi, che sono i primi a essere stati messi k.o., ora c’è tutto il resto dell’indotto: musei, guide, noleggiatori, comparto aereo, i trasporti navali… E’ tutto completamente congelato”.

Una situazione che rischia di protrarsi a lungo termine, anche per via degli inevitabili cambiamenti che il Covid-19 apporterà in una società non abituata a condizioni di isolamento…
“Questo sarà naturalmente uno status quo finché l’emergenza non si fermerà. Non solo a livello nazionale ma internazionale. Non dobbiamo dimenticarci che gli altri Paesi hanno uno scarto rispetto a noi di alcune settimane, cominciano ora a fare i conti con l’emergenza sanitaria. Ma per noi, turisticamente parlando, significa che prima che si rientri nella piena normalità ci sarà bisogno di una stabilizzazione delle destinazioni turistiche a noi più vicine e non solo, sia sul fronte dell’incoming, che rappresenta un volume importantissimo per il nostro settore, ma anche per gli italiani che viaggiano all’estero”.

Alla luce di questo, e consapevoli delle difficoltà di ripresa, un primo passo potrebbe essere incentivare il turismo interno?
“Noi speriamo e confidiamo che il turismo interno sia il primo a dare segni di reazione, anche perché, aspettando che a livello internazionale la situazione si assesti, l’unica speranza nel breve termine è che almeno a livello nazionale i cittadini si muovano. Ci sarà un profondo mutamento, questa emergenza sta mettendo in discussione tutto quello che in qualche modo riguardava il nostro approccio e il nostro atteggiamento verso il mondo del viaggio. Ci siamo ritrovati e abituati a una realtà a volte anche fredda e distante. Se consideriamo che anche in questo frangente in cui stiamo discutendo di come far rientrare i connazionali in patria, dove sono le piattaforme online? Le grandi ota alle quali tutti oramai ci eravamo assuefatti? Oggi, chi è che sta riportando i connazionali indietro e garantendo la tenuta, anche di un certo ordine e l’erogazione di servizi, sono le agenzie di viaggio”.

Variabile che potrebbe in qualche modo riaccendere i riflettori sull’importanza del fattore umano, anche nel settore dell’intermediazione turistica?
“Abbiamo visto cosa è successo con le procedure di rimborso, è un sistema che ha lasciato soli i vettori italiani”.

Le agenzie di viaggio, già fortemente in difficoltà, rischiano di essere aprifila di una contrazione sensibile dell’intero settore. Ci sono altri comparti del settore che potrebbero non reggere all’urto? 
“Da questa crisi usciremo tutti indeboliti, anche perché rappresenta una durissimo colpo per la piccola e media imprenditoria, che è di fatto quella su cui si poggia l’Italia. Poche hanno la forza necessaria in grado di resistere. Banalmente, basta pensare al tema delle ferie: molti ne stanno usufruendo ora e questo comporterà, molto semplicemente, che queste non potranno essere utilizzate al momento giusto. Tantissime saranno le attività che subiranno una contrazione, in un settore come il turismo che, non dobbiamo dimenticarlo, genera un milione di occupati”.

Quanto è concreto il rischio che molte agenzie chiudano?
“E’ fortemente probabile. Naturalmente ci auguriamo che le agenzie riescano ad ammortizzare l’impatto e a proseguire le attività ma ci si aspetta una forte contrazione. Anche in questo senso è stata concepita la modalità del voucher, per impedire la totale deflagrazione del settore. Anche le aziende che avrebbero voluto rimborsare totalmente non sono riuscite a farlo. Ecco perché è stato pensato questo strumento, valido per dodici mesi ma che consente al cliente di poter comunque usufruire del servizio”.

Damiano Mattana: