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Tsundoku: Origini, cause, soggetti coinvolti

Cedere al fascino delle copertine patinate, accumulare libri senza avere nessuna voglia di leggerli: il fenomeno tsundoku

Tsundoku è un vocabolo giapponese che indica l’accumulo nell’acquisto di libri, la loro successiva e parziale lettura e, infine, il rischio del dimenticatoio poiché subentrano altri volumi. Si tratta di una tendenza diffusa in tutto il mondo, dal Sol Levante all’Occidente. Pur avendo radici nel lontano passato, rappresenta, oggi, un alternarsi di passaggi incompleti, frenetici, tipici dell’attuale società del superficiale. Costituisce un compromesso fra l’acquisto compulsivo e l’abbandono del bene acquistato. In genere, per definire disturbi, tendenze, sindromi, sono utilizzate delle locuzioni inglesi, ritenute molto dirette, accattivanti, esplicative ed efficaci. A volte, tuttavia, si ricorre ad altre lingue, tra cui quella giapponese, con parole apparentemente lontane e incomprensibili.

Il termine è tradotto, letteralmente, da Google traduttore, come “leggere molto” ma il significato che ha conseguito è quello dell’accatastare i libri. Tsundoku, infatti, unisce “tsunde-oku” (ammucchiare) e il lemma “dokusho” (lettura), le fonti lo datano alla fine dell’Ottocento. L’ideogramma giapponese che lo riguarda, contiene sia l’immagine e l’idea dell’accumulo sia quelle della lettura.

Tsundoku indica l’acquisto e il conseguente relegare nell’oblio, nella mole di altri tomi già acquistati, prescindendo dal collezionismo: è una caduta, un cedere alla tentazione, un venir meno al giusto rapporto compro/leggo; si pensa di essere in grado di leggerli tutti ma, complici varie situazioni, non ci si riesce. La bibliomania è rivolta, invece, all’aspetto collezionistico ab origine, un disturbo ossessivo-compulsivo (doc) in cui la persona sa già, in partenza, che quell’oggetto rimarrà tale, l’importante è possederlo. La bibliomania è una variante della “sindrome da accumulo” che riguarda vari oggetti e che, in alcuni casi, può costituire un disturbo serio. In questi casi prevale l’indole al collezionismo, a circondarsi di cultura, anziché il gusto di leggere un libro per volta.

Questo trend attuale riprende l’abitudine, delle famiglie di qualche decennio or sono, di dotarsi di più enciclopedie cartacee, a scopo puramente decorativo e con una valenza estetica più che culturale. Il consumismo si esercita nell’acquisto compulsivo dei libri che finiscono, spesso, per non essere letti e generano dei sensi di colpa. Galeotti sono titoli e copertine sempre più seducenti e intriganti, in grado di stuzzicare la curiosità del potenziale cliente e di invogliarlo alla spesa. Come se si comprasse una fotografia.

La tentazione nasce nell’entrare in una libreria, senza un iniziale coinvolgimento salvo precipitare, sedotti da copertine e titoli a effetto. È comprensibile, quanto meno risulti stuzzicata quella sete di curiosità e di conoscenza che, altrimenti, rimarrebbe sopita, in un mondo sempre più cloroformizzato e poco propenso a far pensare. Qualche dubbio, lecito, potrebbe sorgere se l’attenzione e la curiosità, vagando tra gli scaffali di una libreria, siano colpiti, fino in fondo, da volumi sull’astrologia, su quelli motivazionali al limite del primeggiare sull’altro, o le classiche “100 tecniche per” sedurre, vincere, guadagnare soldi e così via.

L’altra tentazione è rappresentata dal web, dalla facilità e rapidità di acquisto (come per altri beni). Chi compra, infatti, rischia di dimenticare la differenza sostanziale tra un libro e un film o un genere alimentare. Un volume, invece, sviluppa una funzione attiva, di fatica nella lettura; un film è passivo, di ascolto e visione, in cui lo sforzo mentale è limitato.

Le “vittime” dello tsundoku, gli accumulatori seriali di tomi, sono soggetti a un’altra tentazione: quella dei mercatini dell’usato, molto presenti nelle città italiane, in cui il prezzo basso facilita l’acquisto (l’affare) di più libri senza domandarsi se saranno letti tutti.

Papa Francesco nella Messa del I dicembre 2019 affermava “Dipendere dai consumi, anestetizza il cuore, perché si vive di cose e non si sa più per cosa. Si hanno tanti beni, ma non si fa più il bene e le case si riempiono di cose, ma si svuotano di figli, si butta via il tempo nei passatempi, ma non si ha tempo per Dio e per gli altri: e quando si vive per le cose, le cose non bastano mai, l’avidità cresce e gli altri diventano intralci nella corsa”.

Il professor Roberto Pani, psicologo, è l’autore del volume dal titolo emblematico “Non lo butto!” (sottotitolo “Come affrontare il disturbo da accaparramento compulsivo”), pubblicato da “Sovera Edizioni” nel 2014. Il libro descrive “il disturbo mentale caratterizzato da un bisogno ossessivo di acquisire (senza utilizzare né buttare via) una notevole quantità di oggetti di varia natura che, anche se inutili, pericolosi, o insalubri diventano protagonisti della casa. L’accaparramento compulsivo provoca impedimenti e danni significativi ad attività essenziali quali muoversi, cucinare, fare le pulizie, lavarsi e dormire, perché lo spazio è occupato e pressato dalla roba al punto che l’hoarder sembra che debba essere cacciato fuori dallo spazio in cui normalmente vivrebbe, ma ormai non può più possedere. Questo testo mira ad analizzare il problema e offre soluzioni per ‘ripulire’ la propria vita, oltre che il proprio spazio”.

Il 27 gennaio scorso, libraio.it, portale di riferimento del settore, ha pubblicato, al link https://www.illibraio.it/news/editoria/editoria-2022-dati-libri-1434093/, dei dati molto interessanti. Fra questi, si legge “L’editoria di varia in Italia nel 2022 (libri a stampa di narrativa e saggistica acquistati nelle librerie fisiche, online e grande distribuzione organizzata) ha venduto 1,671 miliardi di euro di libri a prezzo di copertina, per 112,6 milioni di copie, in lieve calo rispetto all’anno precedente (-2,3% a valore e -2,4% a copie), ma comunque in netta crescita rispetto al 2019 (+13,1% a valore e +13,3% a copie): nel 2022 gli italiani hanno infatti comprato 13 milioni di libri in più che nel 2019”. Il sito specifica anche che il settore del libro è la prima industria culturale italiana, con quasi 3,5 miliardi di euro spesi nel 2021, in grado di battere la pay tv (2,9 md) e i videogiochi (1,8 md). Più in basso si collocano l’editoria quotidiana (0,8 md), cinema (0,18 md), teatro (0,13 md), concerti (0,11 md) e mostre (0,06 md).

Lo stesso portale, in un articolo del I giugno 2021, al link https://www.illibraio.it/news/librerie/italia-lettori-2021-1411397/#:~:text=Tra%20i%20lettori%2C%20la%20maggioranza,non%20ne%20leggessero%20nel%202020. precisava “Un mercato sempre più dipendente da pochi, forti lettori. Tra i lettori, la maggioranza assoluta ha letto da uno a tre libri (il 55%), il 23% ha letto da 6 a 4 libri, il 14% da 11 a 7 e il 9% più di 12 libri. I forti lettori (più di 12 libri), leggono mediamente 17 libri l’anno, 3 in più di quanti non ne leggessero nel 2020. Oltre a leggere, comprano anche più di prima: in media 12,3 libri, due e mezzo in più dell’anno precedente. Il risultato è un mercato sempre più concentrato: il 59% delle copie vendute sono acquistate dal 23% dei lettori (quelli che leggono più di 7 copie l’anno)”.

Scrittori, editori e “addetti ai lavori” sono piacevolmente coinvolti da questa tendenza all’acquisto tout court. Nel ciclo economico, spesso, l’individuo acquista un bene, lo utilizza e ne compra uno ulteriore: tra spesa e consumo c’è una stretta relazione. Altre volte, questo rapporto razionale salta e si tende ad acquistare in modo indipendente dall’impiego reale.

Circondarsi di libri è stato sempre considerato un nobile approccio, un consumismo più tollerabile poiché va a scuotere la voglia di conoscenza, il tentativo (almeno nelle intenzioni) di leggere e scoprire sempre di più. L’attorniarsi di testi è visto, da molti studiosi della mente, come un modo di contornarsi di profumi, belle intenzioni, immagini e colori. Anche a livello emotivo, comprare libri può, per alcuni, costituire una sensazione di benessere e di serenità. Si tratta di considerazioni simili a quelle che riguardano, in generale, lo shopping compulsivo; in tal caso, tuttavia, si osserva il fenomeno solo da una prospettiva, parziale, considerandolo come un positivo alleato dell’equilibrio psicofisico.

Si tende a legare lo tsundoku ai cosiddetti “lettori forti”, considerandoli come quelli che acquistano almeno 12 libri l’anno. In realtà, forti sono quelli che ne leggono almeno 12 l’anno. Il fenomeno compulsivo, quindi, interessa più i lettori occasionali e “non forti”, che comprano e lasciano il libro intatto. I lettori forti, invece, comprano e leggono. Non si tratta di dipendenza dalla lettura bensì di quella del comprare; il rifornimento ossessivo, in tal caso, si rivolge ai libri ma ha altre applicazioni, per generi vari, sino al collezionismo. Il libro, tuttavia, sfugge al puro collezionismo poiché ha un valore dinamico da scoprire e che si apprezza in un solo modo: leggendolo.

Alla base del procrastinare la lettura c’è, spesso, la tendenza della società contemporanea a riempire di impegni la propria quotidianità sino a saturarla, con le relative conseguenze. Un approccio più misurato delle proprie attività faciliterebbe la lettura e un rapporto più equilibrato con i volumi in possesso: non oggetti da contemplare ma portoni di ingresso in viaggi, epoche storiche e personaggi, un volo verso la conoscenza. Il viaggio è lì, pronto sul comodino, occorre soltanto ricordarsi di partire.

I libri sono uno degli ultimi antidoti contro l’obnubilamento causato dal web e dai social, tuttavia, il semplice acquisto, se non seguito dalla lettura, non produce gli effetti sperati. Non accumulate per voi tesori sulla terra, dove tarma e ruggine consumano e dove ladri scassinano e rubano; accumulate invece per voi tesori in cielo, dove né tarma né ruggine consumano e dove ladri non scassinano e non rubano” Mt 6,19-21. Il possesso materiale non crea la cultura, accumulare non rende la persona libera, anzi.

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