Paolo Trapanese – ex campione sportivo della pallanuoto, storico portiere della Canottieri Napoli, tricolore dall’82 al ’90, e della Nazionale, vicecampione del mondo a Madrid nel 1986, campione d’Europa e campione del mondo alle Universiadi di Zagabria del 1987 – è impegnato a svolgere, nel sociale, un ruolo educativo per i giovani per concedere loro “solo cose belle”, affinché possano essere campioni non solo nello sport ma anche nella vita. Il suo connubio sport e formazione prevede finanche l’insegnamento delle lingue, in una peculiare modalità: i bambini fanno lezione mentre sono in acqua perché giocando apprendono meglio e più facilmente. Nella sua visione, lo sport per i più giovani deve essere solo un gioco e l’obiettivo a cui si deve tendere non è vincere la partita o lo scudetto, ma essere sereni e felici nella vita.
L’intervista
Presidente, il suo impegno a voler riservare ai bambini “solo cose belle” da dove trae origine?
“Ho un debito di gratitudine nei confronti dello sport – per l’esperienza e la formazione che mi ha dato – che pago volentieri impegnandomi a farlo praticare e perché ogni volta che do ai più giovani mi si riempie il cuore di gioia e mi sento più ricco. Dallo sport ho ricevuto insegnamenti e un supporto amicale: ho appreso che l’anima e il cuore sono i veri protagonisti della vita. La mia gioia più grande è destinare questo entusiasmo, queste
esperienze e testimonianze ai bambini per far comprendere loro l’importanza di fare ‘solo cose belle’ che ti rendono sereno e felice per la vita; donare loro l’insegnamento a solo ‘cose belle’ è il mio modo per saldare il mio debito di gratitudine. Da un uomo sportivo, sono stato educato alla preparazione strategica di tutto, all’agonismo per competere a livello di eccellenza, alla lealtà e al rispetto per gli altri. Questi principi, pilastri
fondamentali acquisiti grazie alla pratica sportiva, sono la base su cui ogni individuo deve edificare il proprio percorso di vita, così nel lavoro, nella professione e nei rapporti sociali.
Solo se i bambini ricevono e praticano ‘solo cose belle’ e hanno un’infanzia serena e felice, e giocando conoscono e provano tante emozioni, anche la sconfitta, si generano individui che saranno campioni nella vita e magari nello sport. Ai bambini bisogna coltivare l’anima, il sogno, ed è semplice farlo: basta portarli a giocare, sottraendoli, così, anche alla strada. Hanno solo bisogno di entusiasmarsi, di giocare e di provare emozioni e fare esperienze, tante, quante più esperienze di gioco è possibile. Occorre studiare come coinvolgere i bambini nello sport, in qualsiasi attività e disciplina con un buon ‘maestro’, che è fondamentale; come recita il nuovo dettato Costituzionale, bisogna attrarli con il gioco in qualsiasi modo, è necessario anche ‘farli fessi’ per riuscire. I bambini devono percepire lo sport come momento di aggregazione, perché lo sport è la fabbrica dei campioni della vita. Lo sport ha una doppia valenza: emoziona e forma, ossia educa per la vita. I bambini devono giocare e avere ‘cose belle’ per diventare uomini e cittadini migliori. Il mio impegno nelle iniziative che sento e porto avanti da anni è solo per il sorriso dei bambini,
questo mi rende felice; e questo sorriso può essere stampato, quotidianamente, sui loro volti assicurandogli cose semplici ma belle: un sorriso, un incoraggiamento, un
complimento, una condivisione di una speranza o di un sogno. Il gioco è lo strumento miracoloso più semplice e più bello, soprattutto quando lo uniamo allo sport, allo studio, alla formazione alla vita. Si devono far fare ai bambini quante più attività possibili, anche contemporaneamente; nelle nostre piscine, ad esempio, mentre i bambini sono in acqua le istruttrici insegnano loro l’inglese, lo spagnolo, il francese, con piccole pillole di pochi secondi durante le pause. Fanno anche Catechismo, legalità, arte. Ricevono quanti più stimoli possibile”.
E lei Presidente, che dallo sport ha avuto moltissimo, quale ruolo ritiene che esso rivesta soprattutto per i giovani che non hanno alle spalle una famiglia solida e sono “manovalanza” facilmente assoldabile dalla criminalità?
“Ritengo che ‘il gioco’, lo sport, sia l’unico strumento per cambiare il destino di giovani poco
fortunati, perché solo attraverso il gioco si può sottrarre un bambino alla strada, attraendolo in una attività che lo diverte, e così educarlo al rispetto delle regole; lo sport è l’unica via percorribile per conseguire vittorie concrete. Siamo già in grande ritardo, vi è una vera e propria emergenza. Bisogna intervenire subito, mi sento di lanciare forte un grido: facciamo presto! Occorre attrarre i tanti bambini e adolescenti, a rischio criminalità e droga, verso discipline che divertono ed insegnare, attraverso lo sport, l’importanza del rispetto delle regole ed i valori della legalità; trasmettere valori profondi gli nutre l’anima, gli permette di conoscere e incrementare delle potenzialità che non sanno di avere.
Ai tanti giovani che, purtroppo, vivono situazioni e ambienti difficili, bisogna dare la possibilità di impiegare il loro tempo nel gioco e nello sport; impegnandosi e divertendosi evitano di cadere nella trappola della criminalità e della droga. Il problema di base per questi ragazzi è la famiglia. Molto spesso, i giovani sono abbandonati a loro stessi perché non hanno genitori o perché i genitori sono poco presenti. Troppo spesso proprio il non sapere come impiegare il tempo porta con sé tanti rischi. Occorre prendere i ragazzi ‘dalla strada’ per dargli un futuro migliore e consentirgli di poter frequentare un impianto sportivo anche gratuitamente se non possono permettersi di pagare la retta. Quello che da sempre proviamo a fare ed incentivare è la ‘retta sospesa’ che ricalca, nella modalità rivisitata e implementata, il famoso gesto del caffè ‘sospeso’. Una retta pagata lascia pagate tutte le rette che la struttura può sostenere per consentire la pratica dello sport senza alcun
costo; la retta pagata da chi ha la possibilità, senza ulteriore esborso economico, si raddoppia, si triplica, per chi farà richiesta di voler fare sport. A nessuno deve essere negata la possibilità di usufruire di un impianto sportivo. La passione e la determinazione che si mettono in campo nello sport sono il seme per far germogliare la realizzazione alla vita, anche professionale, di ogni individuo. Invero, al di là dell’aspetto strettamente agonistico bisogna incentivare la cultura generale dello sport, in particolare per le nuove generazioni. La cultura dello sport – che si sostanzia nell’impegno quotidiano, nel sacrificio e nel rispetto delle regole e degli altri – è l’argine ai fenomeni di delinquenza, all’abbandono della scuola, al ‘divanismo’, all’obesità. La pratica sportiva insegna a crescere e a credere in sé stessi, a perseguire i propri desideri e a realizzare i propri sogni, a raggiungere i traguardi importanti anche nella vita; insegna l’impegno, la dedizione, come se ogni momento della vita fosse una finale olimpica o di Coppa campioni. Con lo sport i bambini, gli adolescenti, le future generazioni devono acquisire quotidianamente l’abitudine ad entusiasmarsi per fare ora e sempre solo ‘cose belle'”.
Lo sport è ormai entrato a pieno titolo, da più di un anno, nella nostra Carta costituzionale. Cosa spera consegua dall’attuazione del nuovo disposto: “La Repubblica riconosce il valore educativo, sociale e di promozione del benessere psicofisico dell’attività sportiva in tutte le sue forme”?
“Sicuramente l’attuazione della novella costituzionale nei diversi livelli territoriali, rappresentando lo sport, un «importante strumento formativo d’integrazione sociale e di diffusione di valori universali positivi» e un «veicolo di inclusione, partecipazione e aggregazione sociale» e oltre che «uno strumento di benessere psicofisico» – come si legge nei lavori preparatori della riforma – deve portare all’immediata attuazione in concreto del principio: agire subito con lo sport per realizzare il benessere del singolo, per l’avvenuto riconoscimento concreto dei benefici che esso produce, sul piano individuale e su quello sociale, Perciò, occorre l’intervento immediato dello Stato, che deve favorire l’accesso di tutti i suoi cittadini alla pratica sportiva, al fine di consacrare il diritto allo sport
di tutti e per tutti. Quello che auspico è che dal riconoscimento come valore si passi in concreto alla promozione di opportunità, alle azioni concrete, a progetti su misura in ogni singolo Comune, in ogni singola zona o quartiere. Del resto, l’ampio riconoscimento dell’accesso alla pratica sportiva e la sua valenza sul piano educativo, sociale e di promozione del benessere psicofisico richiedono l’intervento concreto da parte dello Stato che – attraverso le associazioni sportive, quali corpi intermedi, secondo principi di
sussidiarietà propri del diritto privato come del diritto pubblico – cooperi ad implementare la pratica dello sport, in modo da incidere utilmente sulla società al fine di: coltivare l’anima dei ragazzi portandoli a giocare, assicurare la sicurezza del territorio, riducendone il degrado, contribuire significativamente all’aggregazione sociale, ridurre i costi del sistema sanitario nazionale e formare giovani cittadini italiani campioni di domani”.
Il suo impegno nel sociale ha riguardato, tra le tante iniziative, anche il progetto “Albricci”. Un modello che è poi stato preso a esempio da molti?
“Grazie all’ ospitalità nello stadio militare ‘Albricci’ data dall’Esercito, dal Demanio, e dalla passione dei tanti volontari dello sport che vi partecipano, con tutti i presidenti nazionali delle Federazioni sportive interessate alla struttura si creò l’Associazione ‘Lo Sport e l’Esercito per il futuro di Napoli’, una sinergia con il Ministero della difesa, e tra l’Esercito, il Coni, la Scuola e la Chiesa per consentire a tutti i ragazzi del territorio, soprattutto ai non abbienti, di poter usufruire gratuitamente dell’impianto. E’ stata la prima possibilità concreta data al nostro territorio per poter attrarre al ‘gioco’ i giovani, e consentirgli di divertirsi, praticare vari sport, nuoto, rugby, tennis, atletica, boxe, ciclismo, tennis
tavolo, fare catechismo, studiare l’inglese, lo spagnolo e il francese, con il progetto ‘Giocando con le lingue’. Ma il successo più grande è l’emulazione di questo progetto in tantissime altre realtà territoriali”.