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Tornielli: “Il linguaggio di Papa Francesco trasmette prossimità e vicinanza”

Chiesa

Foto: Vatican News

Comunicare significa condividere e la condivisione presuppone prima di ogni cosa l’ascolto attraverso l’avvicinamento al prossimo. Papa Francesco, in ogni atto del suo pontificato, ha compiuto questo, valorizzando la relazione umana, diventando così un fondamentale interprete delle speranze e delle angosce di tutta l’umanità. In particolare, per Papa Bergoglio, la semplicità della parola, passa attraverso l’adattamento e l’ascolto del linguaggio degli altri, per giungere ad essi con la Parola di Dio, attraverso una testimonianza di fede e di vita. Interris.it, in merito alle innovazioni del linguaggio di Papa Francesco, ha intervistato Andrea Tornielli, giornalista e scrittore italiano, dal dicembre 2018 direttore editoriale del Dicastero per la comunicazione della Santa Sede e autore del libro Vita di Gesù, con il commento del Santo Padre.

Andrea Tornielli (© VaticanMedia)

L’intervista

Quanto ha contribuito il linguaggio di Francesco a rinnovare il modo di comunicare della Chiesa?

“Tutti gli ultimi pontefici hanno contribuito in diverso modo a rinnovare il modo di comunicare. È stato appena beatificato Giovanni Paolo I, che abolendo l’uso del “noi” ed esprimendosi in modo diretto e semplice, ha cambiato in modo determinante la comunicazione papale. Ricordiamo la forza delle parole di san Giovanni Paolo II e la mitezza con cui Benedetto XVI accompagnava la sua grande chiarezza espositiva. Papa Francesco è il Papa della prossimità e della misericordia: tutto nella sua comunicazione manifesta questo. Sulla scia dei predecessori, Papa Bergoglio ha avvicinato la figura del pontefice alla gente ma anche agli operatori della comunicazione, mostrando, con le sue frequenti interviste, di fidarsi di loro.”

All’Angelus dello scorso 27 febbraio, Papa Francesco, parlando delle parole che, sui social, veicolano rabbia e aggressività, ha citato il diplomatico svedese vincitore del Nobel per la Pace Dag Hammarskjold che disse “Abusare della parola equivale a disprezzare l’essere umano”. Qual è l’insegnamento quotidiano del Pontefice in questo senso?

“Francesco ci ha messo in guardia tante volte dal male che può essere fatto con le parole, con la parola, con le chiacchiere, con il linguaggio di odio che purtroppo trova tanto spazio nei social media. E ci ha messo in guardia dall’escalation verbale, che nel nostro tempo di guerra accompagna l’escalation militare. Ci sono parole pesanti come pietre: pensiamo agli effetti nefasti del fenomeno del bullismo, che ha sempre un suo inizio “verbale”, per così dire, e passa attraverso la denigrazione dell’altro del più debole. È ovvio che le parole possono trasformarsi in pallottole di carta e mai in pallottole vere. Ma anche le pallottole di carta possono ferire, possono far male, possono distruggere l’esistenza di persone fragili. Credo che l’insegnamento quotidiano di Francesco passi attraverso quella che lui chiama “pastorale dell’orecchio”: è un Papa che ci insegna soprattutto ad accogliere e ad ascoltare. Il vero dialogo inizia sempre dall’accoglienza e dall’ascolto dell’altro. E oggi più che mai c’è tanta gente che ha bisogno di trovare qualcuno disposto ad ascoltare.”

Nel suo programma “Volti dei Vangeli” ha raccolto e descritto alcune delle riflessioni che, negli anni del suo pontificato, Francesco ha dedicato ai protagonisti dei Vangeli, quali sono le caratteristiche più profonde del suo linguaggio?

“Nel programma curato con Lucio Brunelli per la regia di Renato Cerisola, realizzato dal Dicastero per la Comunicazione in collaborazione con i Musei Vaticani e la Biblioteca Apostolica, abbiamo cercato di unire le parole del Papa alle più suggestive immagini dell’arte che riproducono le scene della vita di Gesù. Credo che la peculiarità del linguaggio di Francesco nelle sue omelie, specie in quelle fatte a braccio durante la Messa mattutina celebrata nella Cappella di Santa Marta, sia questa: ascoltare il Papa, vederlo parlare, ti avvicina, ti porta “dentro” gli episodi del Vangelo.”

L’inclusione e l’accoglienza dei fragili e degli ultimi sono un tratto distintivo della Chiesa e del Magistero di Papa Francesco, quali tratti contraddistinguono il suo linguaggio su questo tema?

“Quello di Francesco è un linguaggio imbevuto di misericordia. Il messaggio cristiano è il messaggio di un Dio che si è abbassato facendosi uomo e morendo per noi. Un Dio che ci accoglie così come siamo, che non ci chiede pre-condizioni per manifestarci il suo amore e per abbracciarci. Un Dio accogliente, un Dio ricco di misericordia. Colpiscono nel linguaggio di Francesco la capacità di trasmettere vicinanza e prossimità: è una comunicazione che avvicina, che attira, che fa sentire accolti. Ed è un linguaggio popolare, che spesso non disdegna di creare neologismi, parole nuove, o traduzioni di spagnolismi, che condensano una realtà e la rendono evidente. Pensiamo ad esempio all’invito ai giovani a non “balconear” cioè a non stare al balcone, lasciando che la vita passi sotto o a lato, senza esserne protagonisti, senza buttarsi nella mischia.”

Christian Cabello: