Todi Festival: il futuro è (anche) nell’arte

Uno degli appuntamenti culturali più importanti dell'estate come "termometro" sullo stato di salute del teatro (e non solo). Guarducci: "Ci sono energie nuove"

Todi Festival
Foto © Todi Festival

C’è stato un momento di quiete obbligatoria, forse già dimenticato nella frenesia della vita quotidiana. Ripresa esattamente dove era stata lasciata, come se lo stop imposto allo scorrere abitudinario del nostro tempo fosse stata una parentesi, un frangente sospeso, uno spazio strappato al ritmo scandito della vita. Eppure, in quella pausa, a fermarsi fu tutto. Incluso il lavoro di chi ha dedicato il proprio impegno alla creazione di forme d’arte. Ognuna delle quali, per essere realizzata, necessita del prezioso sostegno di un numero indefinito di maestranze. I lavoratori del dietro le quinte, indispensabili affinché la bellezza prenda forma. E che, a quattro anni dal lockdown, godono ora di un momento di ripresa pieno. Il quale prende forma in eventi d’eccezione, come il Todi Festival, in cartellone dal 24 agosto all’1 settembre. “Ci sono energie nuove – ha raccontato a Interris.it Eugenio Guarducci, direttore della rassegna -. E una nuova effervescenza del teatro”.

Direttore, il Todi Festival torna e, ancora una volta, lo fa con una carica culturale di una vastità sorprendente. Cosa ci aspetta?

“Per l’offerta culturale del Todi Festival, ci fa piacere aver riscontrato delle critiche positive sulla scelta degli spettacoli, sempre concentrati nel cercare di dare spazio a dei debutti nazionali e ad anteprime. Lo facciamo come da tradizione, con lo spettacolo inaugurale del 24 agosto, ‘Non si fa così’, traduzione di un testo francese di Audrey Schebat – che peraltro verrà a vedere lo spettacolo – interpretato da Lucrezia Lante Della Rovere e Arcangelo Iannace. Dopodiché avremo la messa in scena de “Il cuore puro”, tratto dall’ultimo romanzo di Roberto Saviano e altro debutto nazionale. La terza giornata sarà conclusa da ‘Tu dentro di me’, ispirato al romanzo di Emilia Costantini e interpretato da due attrici di valore come Vanessa Gravina e Laura Lattuada”.

Il marchio di fabbrica è l’ospitare praticamente tutte le forme d’arte performativa…

“Il Todi Festival è arti performative in genere, e quest’anno abbiamo avuto il piacere di avere in dono il manifesto disegnato da Mark di Suvero, pittore contemporaneo di 91 anni che esporrà una grande installazione in Piazza del Popolo e realizzerà una mostra alla Sala delle Pietre del Palazzo Comunale. C’è poi il debutto nazionale in teatro di Jacopo Veneziani, che ci parlerà di Parigi e della Belle Epoque, quando la capitale francese diventò il fulcro culturale europeo e mondiale. Spazio poi al balletto e chiusura con Ron, che prosegue la tradizione di cantautorato che abbiamo voluto omaggiare”.

Avere in cartello un parterre multiforme significa che il teatro è definitivamente ripartito dopo il grave stop del Covid?

“Ci sono nuove energie ed energie rinnovate, dettate da condizioni limitative che tutti abbiamo vissuto nel Covid e post-Covid. Questo ha portato a una selezione naturale di quelli che sono ora i protagonisti di questa nuova effervescenza. Dal nostro punto di osservazione privilegiato, che ci consente di ricevere proposte di partecipazione che spaziano tra le varie arti performative, ci siamo resi conto di averne avute moltissime, un grande ‘corteggiamento’ da parte di chi voleva trovare spazio nel nostro cartellone. Segno evidente di un grande entusiasmo per il mondo del teatro”.

Abbiamo parlato di forze nuove: quanto spazio c’è per le nuove generazioni di artisti?

“Lo vediamo nella programmazione del Todi Off, spin-off del Festival e giunto quest’anno all’ottava edizione. Avrà un format particolare dal titolo ‘Rotte nazionali’ – congegnale in quanto organizzato in collaborazione con l’aeroporto internazionale di Perugia -, che ci ha permesso di far arrivare al Todi Festival compagnie provenienti da ambiti territoriali che oggi sono collegati efficacemente con la destinazione aeroportuale di Perugia ma che, in passato, avremmo potuto ospitare a fatica, viste le distanze e le problematiche di trasporto, anche per quel che riguarda le scenografie. Grazie a questa collaborazione, invece, in questo progetto abbiamo visto affacciarsi giovani artisti che si cimenteranno in performance e debutti a livello nazionale”.

Nove anni del Todi Festival: un piccolo bilancio ci dice che si tratta di un evento ormai “storicizzato”, in un contesto culturale particolarmente favorevole…

“Quando abbiamo raccolto questa sfida, allora la definii ‘pazza’, perché non facevo parte del mondo del teatro. L’abbiamo affrontata in maniera divertita, curiosa, originale. E il fatto di non aver avuto alcun pregiudizio su ambienti con i quali c’era un’estraneità reciproca, probabilmente ci ha dato un vantaggio caratterizzato da una maggior libertà, senza essere intrappolati in schemi che avrebbero potuto impedire di aprire le ali completamente. L’idea di non avere mai un file rouge, di aver dato spazio al teatro ma di aver, in modo prudente, aperto le porte ad altre arti performative, ci ha dato modo di aprire il Festival a un pubblico più vasto e anche più giovane. E tutto questo, nell’edizione corrente, trova una sua maturità, anche attraverso il progetto ‘See you sun’, dedicato alla tematica del tramonto affrontata musicalmente attraverso uno sforzo progettuale che è segnale della volontà di proseguire nella direzione che il Festival ha preso”.

La vostra gestione ha contribuito alla ‘storicità’ del Festival. Sarà però il vostro ultimo Festival come organizzazione… 

“Sì, il nostro accordo con il Comune di Todi finisce con questa gestione. Toccherà a qualcun altro raccogliere il testimone e portarlo avanti”.

L’Umbria si presta in modo particolare alle iniziative culturali. Penso al Festival dei Due mondi di Spoleto o agli eventi di Assisi… C’è stata, in questi anni, un’ispirazione arrivata dalla “componente geografica”?

“In questi anni, l’Umbria ha rafforzato questa dimensione di ‘luogo di spettacolo’. Si fa fatica a pensare che, da giugno a settembre, ci sia una serata senza che si possa approdare a un festival o una rassegna culturale. Ci sono eventi che servono, a coloro che hanno la responsabilità di disegnare i palinsesti, a far accrescere la propria responsabilità. Non solo: a far sempre meglio al fine di soddisfare un pubblico con un ‘palato’ importante che va rispettato. Ma soprattutto c’è una sana competizione sul piano della comunicazione. Lavorare in un territorio in cui la sfida è alta è un accrescimento che vale per tutti”.