Scenari geopolitici ed economici della crisi-Taiwan. “Pretesto per una prova di forza della Cina”
"Siamo alla quarta crisi dello Stretto di Taiwan- osserva il presidente del Centro Studi di Geopolitica Economica-. Sempre per il tentativo di Pechino di affermare la propria sovranità sull'isola". La visita a Taipei della speaker del Congresso Usa, Nancy Pelosi ha innescato "l'esagerata reazione della Cina, con pesanti minacce. Ora Pechino mostra i muscoli"
Sulla minaccia cinese a Taiwan si interrogano le cancellerie e i think tank di tutto il mondo. Il generale Carlo Jean presiede il Centro Studi di Geopolitica Economica. “C’è tensione– afferma l’esperto di strategia militare-. Ma il “caso Taiwan” non genererà scenari così drammatici da arrivare a un conflitto mondiale. A mio avviso non si rischia l’escalation per un semplice motivo. La Cina sa di essere molto inferiore agli Stati Uniti. E di conseguenza può agitarsi. Fare la voce grossa. Come ha fatto già in passato. Siamo già alla quarta crisi dello Stretto di Taiwan. Sempre per il tentativo di Pechino di affermare la propria sovranità sull’isola. Ma poi tutto tenderà a smontarsi”. La visita a Taipei della speaker del Congresso Usa, Nancy Pelosi ha innescato “l’esagerata reazione della Cina. Con pesanti minacce”. Perciò Pechino “adesso mostra i muscoli“. Però “presto la chiuderà lì. Non ci sarà nessun attacco”.
Effetto Taiwan
Intanto gli effetti economici della tensione a Taiwan sono immediati e globali. Carsten Körnig guida la “German Solar Industry Association”. E segnala l’importanza di una “industria solare europea“. Per diventare più resilienti alle crisi global Per esempio il settore dell’energia solare in Germania non può fare a meno delle importazioni dalla Cina. “Se la fornitura viene interrotta, per qualsiasi motivo, questo avrà un impatto diretto sul successo della transizione energetica. Se la Cina invaderà Taiwan, la transizione energetica tedesca verrebbe bloccata”, afferma il professor Volker Quaschning. Docente all’Università di scienze applicate di Berlino. Esperto di energie rinnovabili. “In termini di espansione dell’energia solare – spiega Quaschning – attualmente dipendiamo per oltre il 90% dalle importazioni di moduli solari dai Paesi asiatici”. Ed esistono, precisa “anche altre dipendenze. Principalmente nell’importazione di chip per computer negli inverter solari“.
Taiwan da isolare
“Taiwan è una specie di fortezza. Un osso duro da prendere – sottolinea Jean- L’isola, soprattutto nella parte nordest, è molto montuosa. Con cime alte 3.000 metri. Piena di bunker attrezzati. La Cina non potrebbe attaccare Taiwan. La sua industria dipende fortemente dall’importazione dei microchip prodotti a Taiwan. E per la mentalità cinese la famiglia è una cosa sacra. E i taiwanesi considerati pur sempre cinesi, non è che possono essere attaccati con bombardamenti a tappeto“. L’importanza della visita di Nancy Pelosi a Taiwan, dunque, è stata volutamente amplificata dalle autorità cinesi. Per dare ulteriore prova. Della loro determinazione. Del loro dominio su quel territorio e per isolarlo ulteriormente. Francois Godement è esperto di Cina e relazioni internazionali nell’Asia orientale. “Il profilo di questa visita è stata gonfiata anche nei dibattiti interni agli Stati Uniti. Negli Usa, infatti, prevale un’opinione molto critica verso la Cina. Non solo per quanto accade a Taiwan. Ma anche nello Xinjiang, In materia di diritti umani e di aggressività verbale“, sottolinea Godement.
Sos blocco
Prosegue Godement: “A causa delle manovre cinesi, l’isola è di fatto sotto un blocco informale. Con una pressione economica e commerciale diretta. Una situazione terribile”. Al momento le conseguenze più pesanti sono misure commerciali. Come il divieto di importazione di un certo numero di prodotti agricoli ed alimentari. Vitali per una parte della popolazione locale. A ciò si aggiunge il blocco che obbliga Taiwan ad interrompere completamente voli e tragitti delle navi. Sostiene lo studioso francese: “Il blocco temporaneo non è nominato come tale. Questa decisione indica fin dove la Cina potrebbe arrivare. Senza aprire lei stessa direttamente un conflitto. Ma mettendo gli Usa di fronte alla sfida di dover reagire. Quindi di dare il via loro stessi al conflitto” . Secondo Godement è proprio questa la “fonte di preoccupazione“. Più forte dell’idea stessa di invasione diretta dell’isola. Una prospettiva che finora “deve fare i conti con ostacoli militari molto rilevanti“.
Ambiguità strategica
“Il presidente Usa, Joe Biden ha fatto credere di voler mettere fine alla politica classica di ambiguità strategica– puntualizza Francois Godement- Ma in realtà, senza dirlo, gli Stati Uniti non vogliono un ricorso alla forza da parte della Cina. E neanche vogliono indicare un sostegno a una dichiarazione d’indipendenza di Taiwan”. Da parte sua la Cina non vuole arrivare alla possibilità di un referendum a Taiwan. Dove l’80-90% della popolazione è ostile alla riunificazione con la Cina. Quindi Pechino sta cercando di mostrare che il costo di un intervento americano sarà estremamente alto. Sul versante cinese, secondo Godement, la visita di Pelosi ha disturbato i piani di Xi Jinping. Nell’anno del ventesimo congresso del Partito comunista cinese. Pertanto è obbligato a “dare segni di potenza. Per non essere giudicato come troppo mite“.
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