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Suicidi, prof. Gatta: “Come riconoscere il disagio giovanile e aiutare i minori”

L'intervista di Interris.it alla professoressa Michela Gatta, Direttore dell’Unità Operativa di Neuropsichiatria Infantile dell’Azienda Ospedale-Università di Padova, nella Giornata mondiale per la prevenzione del suicidio

C’è un aumento di disagio e pensieri suicidari in Italia quest’anno. Lo rivelano i dati diffusi dall’organizzazione di volontariato Telefono Amico Italia diffusi in occasione della Giornata Mondiale per la Prevenzione del Suicidio, che ricorre oggi domenica 10 settembre.

I dati di Telefono Amico Italia

Dal 1967 Telefono Amico Italia si impegna per dare a chiunque si trovi in stato di crisi o emergenza emozionale, in qualunque momento e in modo completamente gratuito, la possibilità di trovare un volontario aperto all’ascolto e al dialogo per favorire il benessere personale e la salute sociale. 

Nei primi sei mesi del 2023 – evidenzia la onlus – sono state ricevute oltre 3.700 richieste d’aiuto per gestire pensieri suicidi. Il 37% in più rispetto al primo semestre del 2022. Le segnalazioni sono arrivate prevalentemente da giovani tra i 19 e i 35 anni (il 18% tra i 26 e i 35 e il 17% tra i 19 e i 25) e da adulti tra i 46 e i 55 anni (il 16%), ma negli ultimi anni è stato registrato un aumento di contatti anche da parte dei giovanissimi (under 19) che chiedono aiuto soprattutto via Whatsapp e mail.

Nello specifico, gli under 19 che hanno contattato Telefono Amico Italia negli ultimi 6 mesi per richieste d’aiuto legate al suicidio sono stati il 12% del totale, percentuale che sale al 29% se si aggiunge anche la fascia 19/25.

Per comprendere le cause che portano un minore o un bambino a pensare al suicidio, e per capire come aiutare un minore che sta vivendo un forte disagio, Interris.it ha intervistato la professoressa Michela Gatta, Direttore dell’Unità Operativa di Neuropsichiatria Infantile dell’Azienda Ospedale-Università di Padova.

L’intervista alla professoressa Michela Gatta

Secondo la sua esperienza, è possibile la presenza di idee suicidarie nei bambini sotto gli 11 anni?

“Sì. Anche i bambini hanno pensieri suicidi. Dati americani dicono che poco meno del 10% dei bambini di 9-10 anni pensa al suicidio. Il passaggio all’atto è fortunatamente raro. A Padova abbiamo ricoverato nell’ultimo biennio tre persone di circa 10 anni con ideazione anticonservativa. Fattori associati a un maggior rischio di sviluppare pensieri suicidari nei più giovani sono problemi psichici, quali ansia e depressione, e soprattutto i conflitti intrafamigliari. Anche l’eccessivo uso dei social senza monitoraggio parentale si associa a tale eventualità”.

Quali sono le cause che maggiormente mettono in crisi un minore tanto da arrivare in alcuni casi a fargli tentare il suicidio?

“Non esiste un’unica causa per il comportamento suicidario, è un fenomeno multifattoriale e richiede che più cose vadano male contemporaneamente. Vissuti di disperazione, solitudine e totale impotenza possono comportare nel giovane il pensare al suicidio quale soluzione allo stato di intensa sofferenza. Spesso i comportamenti autolesivi in età evolutiva seguono eventi di vita stressanti, e ciò che un giovane considera serio e insormontabile può sembrare poco significante per un adulto, come problemi scolastici, rotture con gli amici, conflitti familiari. Inoltre, determinate circostanze della vita correlate a tendenze suicide possono essere l’avere un disturbo psichiatrico o una malattia organica, perdere una persona cara, perdere o conoscere qualcuno con comportamento suicidario, una storia di traumi – compresi maltrattamenti e abusi, bullismo, uso di sostanze, incertezze sull’identità di genere o l’orientamento sessuale”.

Foto di Yuris Alhumaydy su Unsplash

Come si evidenzia il disagio grave o la tendenza suicidaria nei minori? Quali sono i campanelli di allarme per i genitori?

“I segnali a cui prestare attenzione possono essere più o meno ‘specifici’, più o meno manifesti o verbalizzati.vIl giovane può parlare di suicidio in modo esplicito o meno (“penso di uccidermi”, “sarebbe meglio sparire”, “vorrei non essere nato”, “che senso ha vivere”,…), o anche verbalizzare espressioni negative, di disperazione, di autosvalutazione, di colpa. Potrebbero essere attuati comportamenti indicativi, tipo lasciare messaggi di saluto, regalare i propri oggetti, sistemare le proprie cose come a doverle riporre definitivamente, fare ricerche inerenti il tema, cercare i mezzi per togliersi la vita – nei giovani per esempio accumulare medicinali, ecc. L’adolescente può manifestare instabilità emotiva, irritabilità o comunque cambiamenti psico-comportamentali rispetto al consueto, a partire dal ritmo sonno-veglia e dall’alimentazione. Può verificarsi isolamento, chiusura e il sottrarsi alle relazioni amicali e alle occasioni sociali. Può manifestarsi un calo del rendimento scolastico e una demotivazione diffusa, verso lo studio e le attività in generale. Ci può essere un aumento di comportamenti autolesivi (es.self cutting) e/o dell’uso di alcol o droghe”.

Quanto l’uso o l’abuso di alcool e droghe incidono sulle tendenze suicidarie dei minori?

“È nota una correlazione tra tendenze suicidarie ed uso-abuso di sostanze. Questo ultimo spesso è peraltro associato a tratti personologici disfunzionali, problematiche ambientali e disturbi psichiatrici. Ne risulta intensificato il rischio di comportamento suicidario nelle persone con abuso di alcol e droghe”.

Quali sono le buone pratiche da mettere in atto con un minore affinché superi i momenti di crisi? E in quali casi è necessario avvalersi dell’aiuto di un professionista?

“Per supportare un minore nei momenti di crisi è importante ascoltarlo, non giudicarlo, non farlo sentire solo, stimolare l’esperienza delle proprie capacità e potenzialità. L’aiuto di un professionista può servire quando sia il ragazzo/a a chiederlo e/o quando le manifestazioni di sofferenza psichica siano intense e/o durature nel tempo. Qualora il minore rifiuti un supporto specialistico, può essere utile che i genitori ne usufruiscano: spesso infatti il sostegno a loro, la comprensione dei comportamenti, i possibili cambiamenti delle dinamiche affettivo-relazionali familiari che possono derivarne, prevedono effetti positivi anche sui figli”.

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