In questo periodo storico, segnato da cambiamenti climatici e variazioni a lungo termine delle temperature e dei modelli meteorologici, l’Italia intera è a rischio siccità, tanto che, secondo i dati del Consiglio nazionale delle ricerche, vista la scarsità di precipitazioni dell’ultimo anno, una percentuale oscillante fra il 6% ed il 15% della popolazione italiana vive ormai in territori esposti ad una siccità severa o estrema. Ciò sta provocando molti danni al settore agricolo e all’ambiente, mettendo a rischio molte produzioni di stagione in un comparto che, dopo la siccità della scorsa estate, aveva già subito una perdita del 10% di tutta la produzione agricola nazionale. Interris.it, in merito alle ripercussioni della siccità nel comparto agricolo, ha intervistato il dottor Angelo Gentili, responsabile nazionale agricoltura di Legambiente.
L’intervista
Qual è la situazione attuale dell’agricoltura in Italia dopo questo lungo periodo di siccità?
“La situazione è molto preoccupante. Stiamo assistendo ad una grave emergenza e, anche l’agricoltura, è in grave difficoltà. La mancanza di acqua, l’abbassamento delle falde freatiche e la diminuzione dell’acqua, anche superficiale, sta diventando un problema sempre maggiore per le colture, per le capacità di coltivazione degli agricoltori e, soprattutto, una produzione sempre più rarefatta, sia sotto il profilo delle produzioni vegetali, cerealicole, orticole e arboree. In altre parole, l’attuale situazione, mette in difficoltà l’intero sistema agricolo nazionale”.
Cosa bisognerebbe fare per tutelare il sistema agricolo italiano in questo frangente? Qual è l’impegno di Legambiente su questo versante?
“Siamo in una fase molto difficile. Stiamo assistendo a dei numeri molto catastrofici. Sull’arco alpino, ad esempio, si ha il 53% di neve e, nel bacino del Po’ c’è il 61% in meno di acqua. Inoltre, si è verificata una piovosità molto più bassa e tutto ciò si ripercuote in tutto il sistema paese che, complessivamente, consuma oltre 33 miliardi di metri cubi d’acqua all’anno. Quindi, in tal senso, non possiamo continuare a chiedere un sempre maggiore utilizzo di acqua a fronte di una scarsità come questa. Conseguentemente, bisogna diminuire fortemente la domanda di acqua ed avere colture meno idroesigenti e accrescere la fertilità del suolo, al fine di favorire una maggiore permeabilità dell’acqua, utilizzando una cultura meno intensiva con meno monoculture, incentivando le aree ad alta biodiversità, come ad esempio laghetti, boschetti, viali, alberati e siepi. Serve un modello agricolo meno idroesigente e delle varietà agricole che resistono meglio alla siccità, come il sorbo al posto del mais, le piante arboree e le viti e, nello stesso tempo, utilizzare altre tecniche irrigue, come l’irrigazione a goccia o la subirrigazione, le quali fanno sì che ci sia un minor utilizzo di acqua. Serve poi un programma per piccoli invasi e bacini di raccolta in grado di raccogliere l’acqua, ma soprattutto lavorare affinché ci sia una minore domanda ed esigenza di acqua, adattandosi ad un cambiamento climatico ormai evidente, attraverso una conseguente programmazione. Nello stesso tempo, la cosa che chiediamo noi di Legambiente, è far sì che ci sia, non solo una riduzione dei consumi irrigui, ma anche premiare chi consuma meno e defiscalizzare chi irrigua con tecniche meno idroesigenti e creare dei bacini di raccolta. Insomma, provvedere, sia con l’orientamento colturale, con le varietà coltivate e con il tipo di agricoltura fatta, meno di rapina e più estensiva, con una base di raccolta dell’acqua in più bacini, permettendoci di utilizzare al meglio l’acqua e ricaricare, seppur parzialmente, le falde. Perché, quando non ci sono pioggia e neve, i grandi fiumi sono praticamente in secca e ciò è un fenomeno molto grave”.