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Storia e attualità dei rapporti tra Italia e Santa Sede

Tra l’Italia e la Santa Sede sussiste un rapporto su più livelli, profondo e complesso. La Santa Sede esercita la sovranità territoriale nel cuore della città di Roma, l’Italia storicamente ha rappresentato il centro della Chiesa cattolica e, nell’ultimo secolo, la proiezione mondiale della grande capacità diplomatica vaticana che ha contribuito a rappresentare un contributo importante per la diplomazia italiana stessa, un interlocutore privilegiato e un collegamento fondamentale. Interris.it, in merito a questi aspetti storici e diplomatici tra Italia e Città del Vaticano, ha intervistato il dottor Alessandro Acciavatti, laureato in giurisprudenza, il quale si dedica da sempre allo studio della storia delle istituzioni e a diffonderne la cultura. Da anni è promotore e coordinatore scientifico di diversi eventi formativi e istituzionali. Ha pubblicato sulla rivista della Guardia di Finanza, è stato collaboratore della Commissione Parlamentare antimafia e attualmente lo è di Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie. Egli è autore del libro Oltretevere. Il rapporto tra i Pontefici e i Presidenti della Repubblica Italiana dal 1946 a oggi. Nel 2015 ha ricevuto dal Presidente Sergio Mattarella le insegne di Cavaliere OMRI per il suo impegno sui temi della legalità e della formazione alla cittadinanza attiva.

Il conferimento della OMRI al dottor Acciavatti da parte del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella (© Quirinale)

L’intervista

Come si sono evoluti, dal governo Craxi ad oggi, i rapporti tra Repubblica Italiana e Santa Sede?

“Dal governo Craxi ad oggi, i rapporti tra la Repubblica italiana e la Santa Sede sono, per un certo senso, cambiati. Ciò perché è parzialmente mutato lo strumento diplomatico che ne era alla base. Sappiamo che i Patti Lateranensi del 1929 si componevano di tre strumenti diplomatici ossia il Trattato Lateranense, il Concordato e la convenzione finanziaria. In realtà, per meglio dire, tali strumenti diplomatici sarebbero due, perché la convenzione finanziaria è allegata al Trattato. In particolare, cambia il Concordato, perché la Santa Sede, con il Concilio Vaticano II e con la Costituzione apostolica “Gaudium et Spes”, aveva orientato in un certo senso i suoi rapporti con i diversi stati, conferendo loro maggior chiarezza e definizione. Dall’altro lato del Tevere, ossia in Italia, era intervenuta la Costituzione repubblicana. L’avvento di questi due cambiamenti ha reso necessario l’aggiornamento dei rapporti tra Santa Sede e Italia. Tale aggiornamento è avvenuto, ad esempio, cambiando lo status della città di Roma, che nel Concordato del 1929 era definita “Città Sacra”, e il Concordato Craxi – Casaroli invece afferma che si riconosce il particolare valore di Roma quale sede vescovile del Sommo Pontefice. Roma non ha più un carattere sacro, ma ha soltanto un valore peculiare. Tra le altre modifiche significative vi è la volontarietà o meno di avvalersi dell’insegnamento della religione cattolica nelle scuole – che dal 1984 non è più religione di stato- insegnamento prima obbligatorio, che con il Concordato viene rimesso alla scelta dei genitori o, ove maggiorenni, agli stessi studenti. Quindi con il governo Craxi si è realizzato tale aggiornamento e ciò ha improntato i rapporti con la Santa Sede in modo diverso. Non si dimentichi che con il Concordato di Villa Madama anche il ruolo della Conferenza Episcopale Italiana assume un rilievo maggiore, si struttura come la conosciamo oggi e diventa un interlocutore fondamentale per il governo, in quanto l’esecutivo, per molti aspetti, si interfaccia con la Cei e con il cardinale presidente. Al momento dell’insediamento dei governi italiani la procedura non è come quella che si segue con il Presidente della Repubblica, in altre parole non c’è un formale scambio di telegrammi o, in alcuni casi una telefonata, come Giovanni Paolo II con Cossiga. Ogni nuovo presidente del Consiglio compie una visita in Vaticano e, a seconda della sensibilità del presidente e dell’esecutivo stesso, questa visita può avvenire presto o tardi, comunque nell’ambito dei primi otto mesi o anno di governo. Per volontà di Papa Francesco questo ha subito un’innovazione, perché oggi le visite dei presidenti del Consiglio si svolgono sempre in forma privata, solo con il governo Letta c’è stata una diretta televisiva. Tali colloqui sono importanti perché aiutano ad orientare il rapporto concreto con l’esecutivo e a valutare dove nasceranno o meno le prime sintonie.”

La firma dell’accordo Casaroli-Craxi (1984)

In che modo la visione ecumenica di Papa Francesco e della Santa Sede hanno favorito le relazioni diplomatiche con l’Italia e possono favorire i processi di pacificazione internazionale?

“Mi permetterei di rinviare al mio volume “Oltretevere”, in quanto nel mio libro Papa Francesco affronta un argomento delicato. Diciamo che, da Spadolini in poi, ogni volta che un’autorità di rilievo italiana si reca in Vaticano ci si chiede se, con tale maggioranza, il Tevere sia più largo o più stretto, ossia se c’è un’identità di vedute maggiore o minore. A tal proposito il Pontefice, nel chirografo che ha concesso per il mio libro, ha sottolineato che a lui non interessa se il Tevere è più largo o più stretto, l’importante è che sia navigabile in un senso o in un altro, per il bene comune. Egli, richiamando questa nozione, fa riferimento al Concordato del 1984, in cui si chiarisce che la collaborazione tra Chiesa e Stato ha questa finalità, il benessere dell’uomo e il bene del Paese. Oltre a ciò, il Pontefice sottolinea che il Tevere sfocia nel mare e quindi nelle relazioni internazionali. Questa visione della navigabilità fa si che egli impronti la relazione con l’Italia volando alto, non ponendosi molto il problema di quanti cattolici ci sono nelle maggioranze di governo, ministri o sottosegretari. Ormai, non avendo più l’Italia un partito cattolico di riferimento, essendo venuta meno da decenni la Democrazia Cristiana, non è questo il punto per il Pontefice. Lui impronta le relazioni su un livello più alto, concentrandosi sui dossier ove è più agevole la collaborazione, al di là di quanti cattolici sono nel governo. Ciò si sposa anche nel più vasto mare, ossia le relazioni internazionali, dove molto spesso Santa Sede e Italia si trovano ad agire congiuntamente, si pensi a quanto sta avvenendo ora per l’Ucraina. È un momento molto delicato, non è un caso che alla recentissima riunione organizzata dalla Comunità di Sant’Egidio per la pace, a cui ha partecipato anche il Pontefice con la preghiera al Colosseo, il giorno di apertura dell’evento siano intervenuti anche il Presidente della Repubblica francese Macron e il Presidente della Repubblica italiana Mattarella. Non posso escludere che l’idea di coinvolgere il Pontefice in qualità di mediatore, in questa drammatica situazione, sia emersa negli scambi tra Macron e Mattarella. Inoltre, non si dimentichi che durante l’incontro al Colosseo il Pontefice ha avuto la prima possibilità di uno scambio con un membro di questo governo, il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano. Papa Francesco per ora non ha incontrato la Presidente del Consiglio e vedremo quando questo incontro avrà luogo, perché anche la tempistica non è irrilevante ed è indicativa della sensibilità dei vari governi. Il fatto che il primo incontro sia avvenuto con il ministro della Cultura può non stupire, essendo l’Italia e la Santa Sede stati che condividono un vastissimo patrimonio culturale e artistico tutelato dall’UNESCO. È molto significativo che questo incontro sia avvenuto nel segno della cultura, nel contesto di dialogo interconfessionale favorito dalla comunità di Sant’Egidio.”

Papa Francesco (© VaticanMedia)

In che modo, negli ultimi trent’anni, si sono consolidati e mutati i rapporti tra Santa Sede e i diversi governi italiani che si sono succeduti?

“Bisogna richiamarsi ancora una volta al Concordato così come modificato nel 1984, poi a seconda delle varie maggioranze vi è una sensibilità più o meno forte rispetto ai vari dossier. L’Italia in questo senso, essendo il paese più geograficamente vicino alla Santa Sede, ha un particolarissimo privilegio. Ogni anno nel mese di febbraio si tiene un incontro a Palazzo Borromeo, sede dell’Ambasciata d’Italia presso la Santa Sede, a cui prende parte il Capo dello Stato in occasione dell’anniversario del Concordato del 1929 e di quello di Villa Madama del 1984, siglati entrambi nel mese di febbraio, il primo nel giorno 11 e il secondo il 18. Ciò fa sì che in tale mese ci sia sempre questa possibilità di scambio con il governo e con il Presidente della Repubblica. Il Pontefice non è mai presente ma è presente il Segretario di Stato, il presidente della Cei, il Sostituto della prima sezione e tutti i membri della Segreteria di Stato. Questa è un’occasione, perché i governi degli altri stati non hanno circostanze annuali per confrontarsi con tutti i membri della Segreteria di Stato. L’incontro di febbraio non è mai solamente formale, si pensi ad esempio alla tensione che si era creata tra Santa Sede e Italia in occasione dei cosiddetti “DICO”, durante il secondo governo Prodi. In tale frangente l’incontro di Villa Madama è servito a capire come si sarebbe evoluta la situazione. Mi permetta di concludere con un aneddoto: quando un giornalista chiese al Segretario di Stato dell’epoca, il Cardinale Tarcisio Bertone, qual era la situazione in merito ai “DICO”, egli ha esclamato che avrebbe potuto rispondere “non dico” perché la discussione era in corso ed era bene essere riservati.”

Christian Cabello: