La storia dell’umanità, fin dai suoi albori, è strettamente legata a quella dell’agricoltura. L’uomo, dall’antichità ad oggi, ha coltivato a scopo alimentare molte specie di piante, facendo sì che i paesaggi subissero delle mutazioni più o meno veloci. L’unica costante però, è rappresentata dal fatto che, le produzioni, in passato, rimanevano legate alle caratteristiche morfologiche e climatiche del territorio. Oggi però, a causa dell’aumento della popolazione sul nostro pianeta, ormai giunta a otto miliardi di persone, il sistema agricolo è cambiato ed è finalizzato a massimizzare le rese per garantire il cibo necessario a sfamare questo grande numero di persone.
I cambiamenti climatici
Negli ultimi anni, a questo scenario, si è aggiunto un numero sempre maggiore di eventi climatici estremi tra alluvioni, periodi di siccità prolungata, grandinate, gelate tardive o precoci. Un Pianeta sempre più in difficoltà, minacciato dalla crisi climatica che non arresta la sua corsa e che non risparmia nessuno. In altre parole, gli effetti dei cambiamenti climatici si stanno facendo sentire sempre di più nella quotidianità di ognuno di noi.
Il ruolo dell’agricoltura
La relazione fra agricoltura e cambiamento climatico è una delle sfide più importanti per salvare il nostro futuro. Quindi, è necessario che, anche i sistemi agricoli nella loro totalità, forniscano il loro contributo in termini di tutela e sostenibilità ambientate, mettendo però al centro il tema dell’approvvigionamento del cibo, quale risorsa necessaria e non rinnovabile che deve essere preservata dall’eccessivo utilizzo di pesticidi, che potrebbero impattare su specie utili e organismi non target, come gli umani. Interris.it, su questi temi e sull’ultimo report di Legambiente dal titolo “Stop pesticidi nel piatto”, ha intervistato il dott. Angelo Gentili, responsabile nazionale agricoltura di Legambiente.
L’intervista
Dott. Gentili, cos’è emerso dal dossier “Stop Pesticidi nel Piatto”?
“Legambiente pubblica ogni anno il dossier ‘Stop Pesticidi nel Piatto’, che raccoglie tutte le analisi fatte dalle Asl, dalle Arpa e dai presidi zonali, con l’obiettivo di capire quanti e quali fitofarmaci sono presenti negli alimenti che mangiamo ogni giorno. Il quadro che ne è emerso ha sia luci che ombre. La buona notizia è che, la percentuale in cui sono stati trovati campioni con una quantità di pesticidi irregolari è molto bassa e, la maggior parte, è nei limiti di legge. L’aspetto preoccupante però è che, comunque sia, persiste una situazione in cui, nel 68% della frutta analizzata ci sono uno o più residui da fitofarmaci e, anche nel 40% della verdura, avviene la stessa cosa. Quindi, pur essendo per la maggior parte nei limiti di legge, ne risulta una presenza significativa: basti pensare che, in alcuni campioni di uva passa, sono stati trovati diciassette residui di pesticidi, in una pesca quattordici e in un peperone dodici. Questi dati, pertanto, ci indicano che continuano ad essere presenti diversi residui e, l’elemento fondamentale, è la presenza di multi-residui. È importante sottolineare che, anche se sono nei limiti di legge, avere quindici residui diversi nello stesso campione, ci fa preoccupare per i possibili effetti negativi sulla salute umana che ciò può determinare. Purtroppo, ancora oggi, sia al livello europeo che nazionale, c’è un utilizzo significativo di fitofarmaci e, quelli che si trovano nella frutta e nella verdura, rappresentano solo l’ultimo anello della catena. In realtà, la maggior parte dei fitofarmaci, si disperdono nell’aria, nell’acqua e nel suolo”.
Quali sono l’impegno e le proposte di Legambiente per la riduzione dell’utilizzo di fitofarmaci in ambito agricolo e, di conseguenza negli alimenti?
“Noi pensiamo che occorra fare delle proposte molto significative, innanzitutto a livello europeo. Siamo però preoccupati dal fatto che, ancora oggi, non è stato approvato il Sur, ovvero il dispositivo che permette la regolazione dell’utilizzo dei fitofarmaci e accompagna il target di riferimento della strategia europea ‘Farm to Fork’, la quale ci dice di arrivare al 50% in meno di fitofarmaci utilizzati entro il 2030. Questo dispositivo però, non è ancora stato approvato dal Parlamento Europeo e, pertanto, ne chiediamo l’approvazione al più presto. Siamo anche preoccupati dal fatto che, sia stato prorogato per altri dieci anni invece che messo al bando, l’utilizzo del glifosato in Europa, nonostante la sospetta cancerogenicità e i numerosi studi che sottolineano quanto, questo pesticida, interferisca con l’ambiente e con la salute umana. Chiediamo che ci sia una legge specifica riguardante il multi-residuo perché non ha senso, poter trovare frutta e/o verdura con al suo interno cinque, dieci o quindici residui di diversi pesticidi che vanno a creare un effetto cocktail che può essere micidiale per la nostra salute ed è quindi fondamentale che venga posto un limite. Chiediamo poi l’approvazione del PAN, ovvero il Piano Nazionale che regola l’utilizzo di fitofarmaci, la cui ultima stesura è ferma al 2014 ed è quindi fondamentale e strategico che venga approvato al più presto. Nello stesso tempo, dopo l’avallo della legge sul bio e del relativo piano d’azione nazionale sul biologico, chiediamo l’approvazione degli ultimi decreti attuativi in merito. Il biologico rappresenta, senza dubbio, insieme all’innalzamento dell’integrato e alla diminuzione dell’utilizzo di molecole chimiche di sintesi in ambito agricolo, uno degli elementi chiave per trainare l’intero sistema alimentare verso l’agroecologia e, di conseguenza, a metodologie meno impattanti verso gli ecosistemi e la salute dei consumatori. In questo senso, Legambiente ha lanciato il bollino ‘glifosate free’, che daremo a tutte le aziende che scelgono di non utilizzarlo. Questa scelta è possibile dal punto di vista colturale e scientifico, non creando difficoltà neanche dal punto di vista economico perché, per gli agricoltori, il reddito è fondamentale e strategico”.