Il 19 agosto 1982 l’Assemblea Generale, con la risoluzione ES-7/8, istituì la Giornata internazionale dei bambini innocenti vittime di aggressioni, da celebrarsi il 4 giugno di ogni anno per affermare l’impegno delle Nazioni Unite per la protezione dei diritti dei bambini. L’obiettivo della giornata è quello sensibilizzare e prendere atto del dolore che affligge i bambini che in tutto il mondo sono vittime di abusi fisici, mentali ed emotivi. L’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile approvata nel 2015 prevede un piano universale per il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs) per garantire un futuro migliore alle nuove generazioni.
La Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e le violazioni nel mondo
Nonostante i progressi fatti dalle Nazioni Unite – nel 1989 l’Assemblea approvò la storica Convenzione sui Diritti dell’Infanzia – il numero delle violazioni perpetrate nei confronti dei minori è aumentato in molte zone di guerra. Sono infatti 250 milioni i bambini che vivono in paesi e aree colpite dai conflitti e sono i bambini a subire maggiormente le conseguenze della guerra. Occorre fare di più per proteggere i minori e per assicurare che le violazioni dei diritti dei bambini siano realmente perseguite penalmente.
L’intervista ad Antonio Stango presidente Fidu
Interris.it ha intervistato il professore Antonio Stango, presidente della Federazione Italiana Diritti Umani (FIDU), sull’importanza della Giornata internazionale dei bambini innocenti vittime di aggressioni, evidenziando al contempo le continue violazioni dei diritti dei minori in zone di conflitto.
Qual è oggi l’attualità della Giornata internazionale dei bambini innocenti vittime di aggressioni, istituita nel 1982?
“L’Assemblea Generale dell’ONU istituì tale Giornata incidentalmente, con una brevissima risoluzione approvata durante una sessione speciale dedicata alla questione palestinese – argomento sul quale è sempre stato facile che un gruppo di Stati politicamente orientati ottenesse l’approvazione di risoluzioni piuttosto superficiali. Tuttavia, al di là di quella occasione, la materia è di portata universale, come universali sono per definizione i diritti umani fondamentali; e certamente la sensibilizzazione sulle sofferenze dei bambini è, purtroppo, sempre necessaria. Le Nazioni Unite almeno su questa priorità dovrebbero essere ‘unite’ realmente”.
La Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, adottata qualche anno dopo, come ha modificato anche nelle Istituzioni la percezione dei diritti dei bambini?
“Già il Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici e il Patto Internazionale sui Diritti Economici, Sociali e Culturali – entrambi del 1966 – stabilivano in modo netto alcuni diritti essenziali per i bambini. La Convenzione del 1989 amplia l’elenco di tali diritti, considera quelli pertinenti a tutti fino al compimento dei 18 anni e contiene una precisa prescrizione affinché i diritti siano effettivamente attuati e non rimangano solo sulla carta, stabilendo che gli Stati parti ‘si impegnano ad adottare tutti i provvedimenti legislativi, amministrativi ed altri, necessari’; a questo fine, si indica anche la possibilità di usufruire della cooperazione internazionale. Inoltre, la Convenzione ha istituito un meccanismo di controllo con rapporti periodici da parte degli Stati aderenti (che sono ormai tutti quelli del mondo) a un Comitato indipendente. Quindi, formalmente si tratta di uno strumento di valore altissimo e di portata storica. Rimane, però, sempre l’ostacolo della mancata volontà da parte di molti governi, soprattutto nel caso di regimi autoritari, di rispettare fino in fondo nei fatti tali impegni”.
Ad esempio?
“Molte violazioni riguardano il diritto del fanciullo ‘di essere protetto contro lo sfruttamento economico e di non essere costretto ad alcun lavoro che comporti rischi o sia suscettibile di porre a repentaglio la sua educazione’, la protezione ‘contro ogni forma di sfruttamento sessuale e di violenza sessuale’, il diritto a scegliere liberamente se, quando e con chi unirsi per formare una famiglia”.
Quali sono i crimini che subiscono i bambini che vivono in zone di conflitto?
“Oggi, oltre all’aggressione scatenata dalla Russia in Ucraina, alla strage compiuta da Hamas in Israele e alla guerra contro Hamas a Gaza, sono in corso conflitti armati nello Yemen, in Sudan, nel Myanmar, in Etiopia, mentre in gran parte del Sahel si susseguono colpi di Stato e attacchi da parte di gruppi jihadisti. In molti casi bambini o adolescenti perdono la vita in attacchi contro obiettivi civili, in altri vengono rapiti, spesso subiscono violenze sessuali; in diverse zone africane sono reclutati da milizie e costretti a combattere. Un caso particolare è quello dell’Ucraina: negli ultimi due anni, circa 20.000 bambini ucraini sono stati deportati illegalmente in Russia e soltanto circa 400 di loro sono stati restituiti. Sono stati anche segnalati casi di bambini i cui genitori sono stati uccisi e per i quali gli occupanti hanno stabilito l’adozione forzata presso famiglie russe”.
Il Rapporto Machel, pubblicato nel 1996, diede un contributo straordinario alla conoscenza degli effetti devastanti della guerra sulla vita dei bambini. Oggi, a distanza di 28 anni, cosa è cambiato?
“Temo che sia cambiato soprattutto il fatto che abbiamo più informazioni su tutto questo, ma non che il numero di vittime sia complessivamente diminuito. Sulla base di quel Rapporto, fu istituita la figura di un Rappresentante Speciale del Segretario Generale per i bambini e i conflitti armati: si svolgono più indagini. Intanto i bambini in aree di conflitto sono circa 250 milioni. A parte i crimini definibili come tali dei quali possono essere vittime, tutti subiscono pesanti limitazioni alla loro possibilità di ricevere un’educazione adeguata e di vivere con la necessaria serenità la propria fase evolutiva. Inoltre, gli effetti devastanti di una guerra sono spesso prolungati per molti anni anche dopo la cessazione delle ostilità, in particolare per la presenza di mine e altri ordigni esplosivi su aree molto estese e la cui bonifica è molto complessa”.
Quali auspici in questa Giornata?
“La difesa non soltanto a parole dei diritti del fanciullo richiede presa di coscienza profonda, volontà politica decisa, interazione costruttiva fra istituzioni internazionali, governi e organizzazioni della società civile. Proclamare, commemorare, solennizzare sono gesti importanti, che spesso compiono anche regimi responsabili dei peggiori crimini. Rafforzare davvero il sistema di protezione internazionale dei diritti umani è un impegno difficile, ma dobbiamo operare per questo”.