Lo sport che abbatte le barriere, l’esempio di Katia Aere

Il significato più profondo dello sport paralimpico raccontato a Interris.it dalla campionessa di handbike Katia Aere

L'atleta paralimpica Katia Aere (@ Katia Aere)

Lo sport, in ogni sua accezione e declinazione, con la sua straordinaria diversità di discipline e atleti provenienti da ogni angolo del mondo, rappresenta un terreno fertile e primario per la promozione dei valori fondamentali della vita quali la lealtà, il rispetto, la tolleranza e l’inclusione. In particolare, le discipline paralimpiche, pensate per la prima volta dal medico italiano Antonio Maglio, racchiudono in sé la funzione educativa più elevata dello sport, in grado di trasmettere modelli di vita positivi per coloro che, nella quotidianità, si trovano ad affrontare una disabilità.

L’esperienza dell’handbike

L‘handbike, parente stretta della più comune bicicletta, con cui hai in comune moltissime componenti, consente a coloro che, in seguito a un incidente, un trauma o a una malattia, hanno perso la possibilità di utilizzo degli arti inferiori e, di conseguenza, di usare la normale bicicletta, di continuare a praticare sport pedalando con le mani e, in alcuni casi, correre a livello agonistico, raggiungendo la vittoria in competizioni internazionali di prestigio elevatissimo. Una di queste atlete è Katia Aere, classe 1971, originaria della provincia di Pordenone che, fin da adolescente, ha coltivato una grande passione per l’atletica leggera, nel salto in alto e nella corsa a ostacoli, prima che un problema alle caviglie la costringesse a smettere. Nel 2003, a causa di un’improvvisa malattia autoimmune, è stata sottoposta a cure lunghe e complesse ma, nel 2018, dopo aver conosciuto il campione Alex Zanardi, pratica per la prima volta questo sport e, ad oggi, ha vinto diverse competizioni, tra cui una medaglia di bronzo nelle Olimpiadi di Tokyo del 2021.

Una gara di handbike (@ superdirk su Pixabay)

L’intervista

Aere, com’è stato il suo primo contatto con l’handbike? Come lo ricorda?

“Il primo contatto con l’handbike è stato quasi paradossale, non me lo aspettavo. Mi hanno portato nello stand di ‘Obiettivo 3’ di Alex Zanardi, ci sono salita e, da allora, non sono più scesa. È stata ed è sempre una sensazione bellissima. È stupendo pedalare e sentire il vento sul viso. Un’esperienza meravigliosa che mi ha segnato profondamente”.

Cosa vorrebbe dire a una persona che, per la prima volta, si sta avvicinando ad una handbike?

“Vorrei dirgli di provare a sentire le sensazioni che pedalare gli restituisce, principalmente per due motivi. Se si tratta di una persona con una disabilità acquisita nel tempo, dopo che aveva già sperimentato la sensazione di pedalare, suggerisco assolutamente di provare l’handbike perché dona le stesse bellissime sensazioni. Invece, se si tratta di una persona con una disabilità pregressa che non ha mai pedalato su una bicicletta normale, gli direi di provare per vedere i colori che, questo splendido sport, dona”.

Lo sport è un grande strumento di inclusione per le persone con disabilità. In qualità di campionessa paralimpica, qual è il suo auspicio per il futuro in tal senso?

“Vorrei un mondo in cui, nell’approcciarsi allo sport, non ci sia più differenza tra un normodotato e una persona con disabilità. Lo sport è per tutti ed è uguale per tutti e, di conseguenza, anche l’accessibilità in questo senso, deve essere uguale per ognuno di noi. Sogno una società nella quale, non ci sia più la necessità di usare la parola inclusione perché, una persona normodotata e una con disabilità, hanno il medesimo diritto di poter praticare sport, un’esperienza di vita meravigliosa”.