Il Vangelo della Santa Messa del Giorno di Pentecoste di quest’anno (anno B) (cf. Gv 15, 26-27; 16, 12-15), non descrive la nota scena del libro degli Atti (2, 1-13), che vede protagonisti gli Apostoli e i centoventi discepoli riuniti con Maria in uno stesso luogo, ma riporta alcune parole che fanno parte del cosiddetto lungo “discorso di addio” di Gesù ai suoi, nell’imminenza della sua morte e risurrezione. Nei versetti che vengono proclamati, Gesù dice due cose.
La prima riguarda la testimonianza decisiva che lo Spirito Santo darà a lui: 26«Quando verrà il Paràclito, che io vi manderò dal Padre, lo Spirito della verità che procede dal Padre, egli darà testimonianza di me». Senza questa testimonianza, sembra dirci Gesù, non potete accedere a una comprensione profonda della mia Parola e a un’adesione di fede convinta e convincente alla mia Persona.
La seconda tocca il tema della verità come cammino di crescita nella conoscenza dell’infinita carità di Dio: 12«Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. 13Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da sé stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future».
Il grande teologo, Vescovo e Padre della Chiesa, Agostino d’Ippona, nel suo monumentale Commento al Vangelo di Giovanni riflette, in tre Omelie, sui versetti summenzionati. Seguiamo il suo pensiero:
«Con la sua testimonianza e creando dei testimoni fortissimi, lo Spirito Santo liberò dal timore gli amici di Cristo, e convertì in amore l’odio dei nemici» (…) «Il sangue di Cristo, versato per la remissione di tutti i peccati, possiede, infatti, una tale efficacia che può cancellare anche il peccato di chi lo ha versato» [Omelia 92].
E ancora: «Lo Spirito Santo guiderà i discepoli alla pienezza della verità riversando continuamente nei loro cuori la carità. (…). Se dunque progredirete nella carità, che in voi riversa lo Spirito Santo, egli vi insegnerà tutta la verità (…). E così non avrete bisogno di dottori esterni per apprendere quelle cose che allora il Signore non volle dire, ma basterà che vi lasciate tutti ammaestrare da Dio. (…). Ma è lo Spirito Santo, di cui adesso abbiamo ricevuto il pegno, a garantire che noi perverremo a quella pienezza di cui l’Apostolo Paolo parla: “Allora vedremo faccia a faccia”, “Ora conosco solo in parte, allora conoscerò anch’io come sono conosciuto (1 Cor 13, 12)”. (…). È in questo modo che lo Spirito Santo vi insegnerà tutta la verità, riversando sempre più nei vostri cuori la carità» [Omelia 96].
Infine: «Dobbiamo chiedere e attendere, da colui che fa crescere, la grazia di crescere per poterlo capire, sapendo che quanto più cresceremo tanto più potremo capirlo» [Omelia 97].
Faccio volentieri miei questi pensieri e queste riflessioni di Sant’Agostino, per augurare a quanti li leggeranno di sentire crescere in sé il desiderio di lavorare per un rinnovamento profondo di ciascuno e di tutti, che – tuttavia – solo lo Spirito Santo può rendere possibile. Egli è, infatti, lo Spirito del Padre e del Figlio; lo Spirito che per Dante era il “primo amore” cioè l’amore increato; lo Spirito che Manzoni chiamava il “potente anelito della seconda vita”, per cui Gesù risorge ed esce dal sepolcro; ed anche lo Spirito “che brilla nello sguardo”, a volte “errante” ma sempre colmo di speranza, di chi desidera vivere e morire cristianamente credendo e amando.
Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato della Santa Sede