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Spampinato: “Vi racconto mio fratello Giovanni, ucciso perché ‘scriveva troppo’”

Alberto e Giovanni Spampinato

Anno nero per i giornalisti quello appena terminato: nel 2022 in Italia si sono registrate il doppio delle minacce a giornalisti “scomodi” rispetto all’anno precedente. Contestualmente, sono diminuite le denunce presentate alle forze dell’ordine dai minacciati ed è cresciuta la quota di querele e cause per diffamazione a mezzo stampa temerarie e strumentali. Nello specifico: nei primi nove mesi del 2022 sono stati minacciati 564 giornalisti, il 100 per cento in più dei 288 dello stesso periodo del 2021. Lo rende noto Ossigeno per l’Informazione presentando gli ultimi dati del suo osservatorio sulle minacce ai giornalisti e sulle notizie oscurate con la violenza.

“Ossigeno si augura che l’allarme venga raccolto, che ciò spinga a capire meglio l’andamento del fenomeno e a intensificare le attività per sensibilizzare il mondo del giornalismo, le forze politiche, il Parlamento, il Governo…ad adottare le misure opportune”. Lo dice a Interris.it Alberto Spampinato fondatore e presidente di Ossigeno: Osservatorio Su Informazioni Giornalistiche E Notizie Oscurate.

Alberto Spampinato: una vita dedicata alla libertà di informazione

Alberto Spampinato è un giornalista e un esperto di problemi della libertà di informazione. È nato a Ragusa e da anni vive a Roma. Nel 1972, dopo l’assassinio del fratello maggiore Giovanni (uno degli undici giornalisti uccisi in Italia, nel dopoguerra, a causa del loro lavoro) ha interrotto gli studi di Ingegneria all’Università di Pisa e si è dedicato al giornalismo. Dal 1973 ha lavorato come cronista per il quotidiano L’Ora, fino al 1980 presso la redazione di Palermo, poi a Roma. Nel 1991 è passato all’agenzia Ansa per la quale ha lavorato per venti anni. Dal 1998 al 2011, ha seguito e resocontato l’attività dei Presidenti della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi e Giorgio Napolitano, in Italia e all’estero.

Nel 2008 ha fondato Ossigeno per l’Informazione Onlus, di cui è presidente. Nel 2009 ha raccontato la storia di suo fratello nel libro C’erano bei cani ma molto seri. Storia di mio fratello Giovanni ucciso perché scriveva troppo (Melampo).

La copertina del libro “C’erano bei cani ma molto seri” (Melampo) e alcune immagini di Giovanni Spampinato

L’intervista ad Alberto Spampinato

Com’è nato Ossigeno per l’Informazione?

“Sono un giornalista che negli anni ha lavorato in vari giornali. Ma ho anche una particolare storia personale perché sono il fratello di uno dei 30 giornalisti italiani uccisi per il loro lavoro. Mio fratello Giovanni fu ucciso a Ragusa nel 1972. Dopo tantissimi anni ho ricostruito la sua storia e che cosa lo portò a essere querelato, minacciato e poi ucciso. Ho raccolto il tutto in un libro, pubblicato nel 2009, intitolato “C’erano bei cani, ma molto seri”. Parla della storia di mio fratello e di quella di tanti altri giornalisti, come Lirio Abbate, Roberto Saviano, Rosaria Capacchione. Giornalisti che hanno in comune il fatto di avere subito ritorsioni con la stessa dinamica: la pubblicazione di notizie vere ma sgradite a personaggi potenti e vendicativi, le minacce, la reazione violenta e per alcuni la morte. Di queste cose a quel tempo non si parlava e io invece pensavo che bisognasse parlarne”.

Come ha proceduto?

“Ho portato la questione all’interno del sindacato dei giornalisti e dell’ordine dei giornalisti che da allora hanno aumentato il livello di attenzione. Ho sentito l’esigenza di accendere una luce su questi aspetti. Questo fenomeno, già allora molto diffuso, non era assolutamente documentato né riportato dai giornali. Lo definivo il “continente inesplorato”. Il mio lavoro cominciò proprio con la pubblicazione di un saggio con questo titolo e la fondazione dell’osservatorio indipendente Ossigeno per l’informazione. Di fronte all’enorme scetticismo che c’era (e in parte c’è ancora) rispetto a queste cose, il nostro Osservatorio è intervenuto nell’unico modo possibile: la forza dei fatti, la documentazione rigorosa, le osservazioni continuative e competenti, la pubblicazione dei dati con tutti i dettagli. Tutto ciò permette di capire quello che accade oggettivamente e di raccontarlo senza la possibilità di essere contraddetti. Abbiamo pubblicato le storie di 6.246 giornalisti e nessuno ha potuto dire che ciò che scrivevamo non era vero”.

Cosa è cambiato con Ossigeno?

“Abbiamo ottenuto una serie di risultati. Prima non si poteva parlare di minacce ai giornalisti perché tutti dicevano ‘non è vero’. Oggi invece la risposta più diffusa degli scettici è il silenzio. La nostra analisi ha portato inoltre a individuare le cause e le dinamiche di queste intimidazioni e anche ad elaborare delle proposte. Non rappresentiamo i giornalisti minacciati, il nostro è un centro di osservazione che produce informazioni e le mette a disposizione di tutti. Inoltre, fa un’attività di sensibilizzazione per i giornalisti, i blogger, gli attivisti dei diritti civili e umani. Diamo le informazioni anche alle forze politiche che devono intervenire per risolvere il problema di una legislazione arcaica, inadeguata, punitiva. Tutte le nostre analisi e proposte sono pubblicate sul sito ossigeno.info“.

Quali proposte portate avanti?

“Abbiamo individuato interventi che potrebbero fare i magistrati, ad esempio applicare una serie di norme che esistono già nel codice. Tali norme servirebbero a frenare il ricorso sfrenato alla violenza e ad azioni legali pretestuose, come querele infondate e immotivate”.

Quale messaggio ai giornalisti?

“Agli stessi giornalisti diciamo di essere più consapevoli del problema; alcuni ancora pensano che basti essere prudenti; altri che quanti vengono minacciati e intimiditi sono stati spericolati o sono degli estremisti… ma non è così! I fatti che abbiamo raccontato lo dimostrano. Il problema è che ci sono delle verità di interesse pubblico scomode per personaggi potenti e vendicativi che reagiscono in questo modo pur di cercare di evitare che circolino informazioni poco positive su di loro”.

Quindi, tutti i giornalisti sono potenzialmente a rischio di essere minacciati?

“Sì. Sto parlando dei giornalisti onesti, ovviamente. Tutti i giornalisti, anche quelli più corretti, che rispettano le regole, sono esposti a questi rischi. Per fare un paragone, tutti, di fronte a una malattia infettiva, ci possiamo infettare! Essere colpiti da una malattia non dipende dal fatto che siamo stati più o meno buoni, più o meno attenti. Bisogna prevenire la malattia che affligge la liberà di stampa e curare chi si ammala per permettere ai giornalisti di esercitare la libertà di stampa e il diritto di informazione. Diritti per i quali mio fratello, così come tanti altri suoi e miei colleghi, hanno dato la vita. E senza i quali siamo tutti meno liberi”.

Milena Castigli: