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Inferno Kabul: restrizioni alle donne e diritti negati

Testimonianze dalla missione delle Nazioni Unite in Afghanistan (Unama)

Kabul

Allarme Kabul. La missione delle Nazioni Unite in Afghanistan (Unama) esorta le autorità talebane “de facto” a revocare le restrizioni che privano le donne dei loro diritti fondamentali. L’Onu chiede agli stati membri dell’organizzazione di tradurre in azioni le loro espressioni di solidarietà nei confronti delle donne afghane. L’emergenza umanitaria riguarda l’esclusione sistematica delle donne afghane nell’istruzione, nell’occupazione e nella vita pubblica. Una situazione che “costituisce una violazione dei diritti umani e un ostacolo al progresso dell’Afghanistan, aggravando la povertà e l’isolamento di milioni di persone”. Allarme Porte Aperte: “Tutti i cristiani in Afghanistan affrontano minacce di morte, tortura, incarcerazione e ostracismo a causa della loro fede. Gli uomini che si convertono devono spesso trovare fonti di reddito alternative, se vogliono evitare che sia palese la loro mancata partecipazione alle pratiche religiose che si svolgono al mercato. Poiché sono gli uomini l’unica fonte di reddito, le famiglie fanno affidamento su di loro per la sussistenza economica. Soffrono se gli uomini vengono rapiti o uccisi. Ed è considerato vergognoso per le donne cercare un lavoro retribuito“.

afghanistan
Foto: Unsplash

Senza diritti

Secondo l’Onu è “essenziale mettere le donne afghane al centro delle soluzioni alle sfide attuali ed emergenti. “Ripristinare i loro diritti all’apprendimento e al lavoro trasformerebbe le loro vite, le loro comunità e il futuro dell’Afghanistan a beneficio di tutti”, sottolinea Roza Otunbayeva, capo della missione Onu in Afghanistan. I talebani di fatto governano in Afghanistan dal ritorno al potere nell’agosto 2021. Zabiullah Mujahid, il loro principale portavoce, ha assicurato in diversi messaggi su X che “tutti i diritti fondamentali concessi alle donne afghane sono stati salvaguardati nel rigoroso rispetto della legge islamica o Sharia. Nonché dei quadri culturali e tradizionali della società afghana“. Aggiunge Mujahid: “E’ fondamentale riconoscere che il discorso sui diritti delle donne afghane si colloca nel contesto specifico di una società islamica e afghana che presenta chiare divergenze rispetto alle società occidentali e ai loro paradigmi culturali“.

KABUL
Foto di Amber Clay da Pixabay

Sos Kabul

“Il primo pensiero è per le donne abbandonate dall’Occidente, a cominciare dalle ragazze di Kabul fino alle donne siriane. E’ uno scandalo che nessuno parli di quello che sta accadendo in Siria. La consapevolezza dei valori deve aiutarci a difendere i diritti delle donne in Italia e in tutto il mondo”, sottolinea l’ex premier Matteo Renzi. Intanto le attiviste per i diritti delle donne afghane hanno nuovamente espresso il loro disappunto per la situazione in cui versano le donne in Afghanistan. Con un appello a “riflettere sulle lotte e sui sacrifici di coloro che hanno combattuto per la nostra libertà”. E una chiamata alla “resistenza”, come spiega all’agenzia Efe l’attivista Mina Rafiq. E prosegue: “Oggi in Afghanistan stiamo assistendo alla dura realtà in cui tutte le persone, in particolare le donne, sopportano alcune delle peggiori condizioni di vita. Alle donne vengono negate anche le libertà più basilari. Non sanno se ridere o piangere per esprimere il loro dolore e le loro speranze in questa situazione“. L’attivista Rafiq evidenzia che “finché ci sarà una donna prigioniera, nessuna donna sarà veramente libera”. In Afghanistan le proteste si limitano ai social media, dove gli attivisti solitamente appaiono con il volto coperto per evitare rappresaglie da parte dei fondamentalisti. La comunità internazionale ha ripetutamente condannato la situazione delle donne nell’Afghanistan dei talebani. Dove le loro libertà sono sempre più limitate e i loro diritti sempre più violati.

Kabul
Foto: Fondazione Pangea ETS

Senza voce

Nell’agosto dell’anno scorso i talebani hanno vietato il suono della voce femminile. L’approvazione della legge sulla propagazione della virtù e la prevenzione del vizio attua così la loro rigida interpretazione della legge islamica. Di recente hanno emesso un ordine per far murare le finestre. E stanno collocando 90 mila telecamere di sorveglianza a Kabul, ufficialmente per lottare contro la criminalità comune. Queste ultime restrizioni si aggiungono a un lungo elenco di privazioni e divieti per donne e ragazze. Niente diritto allo studio dopo i 12 anni di età, niente sport, niente passeggiata al parco. Chiusura dei centri estetici, limitazioni stringenti nelle attività lavorative autorizzate e nessuna uscita senza un accompagnatore maschile di una certa età (il mahram). A gravare ulteriormente sui diritti di donne e ragazze in Afghanistan è la sospensione degli aiuti umanitari di Usaid. Mentre dal Paese asiatico giungono sempre più notizie di chiusure di Ong e associazioni della società civile. In un contesto di crisi economica, di povertà, fame e disoccupazione. Ma soprattutto di apartheid di genere, sono l’ultima ancora di salvezza per la popolazione, in primis per le donne di cui molto sono capofamiglia, con più figli a carico, per far fronte all’emergenza umanitaria e provare a costruire un futuro diverso e di speranza.

Afghanistan
Foto di 12019 da Pixabay

Controllo su Kabul

In Afghanistan il regime talebano ha rafforzato ulteriormente il controllo sui civili. Facendo temere una nuova stretta ai danni delle donne, degli attivisti per i diritti umani e di quanti tentano di “ribellarsi” al potere. A Kabul, i sei milioni di residenti vengono quindi monitorati attraverso gli schermi di ben 90 mila telecamere di fabbricazione cinese. A rivelarlo è la Bbc, in un lungo reportage del media britannico, il primo autorizzato a visitare il centro di controllo nella capitale afghano, dove la rete a circuito chiuso viene monitorata h24 da agenti di polizia. “Monitoriamo l’intera città di Kabul da qui”, ha dichiarato alla Bbc Khalid Zadran, portavoce del capo della polizia talebana. Le autorità affermano che tale sorveglianza aiuterà a combattere la criminalità, che assicurano essere già diminuita negli ultimi anni. Secondo il ministero degli Interni, l’introduzione di telecamere a circuito chiuso e controlli sulle motociclette ha portato a una diminuzione del 30% dei tassi di criminalità tra il 2023 e il 2024. Un dato difficile da verificare in modo indipendente. A destare sospetto che quelle telecamere non vengano utilizzate ai soli fini della sicurezza, è il fatto che il sistema di sorveglianza mostrato alla Bbc a Kabul offre l’opzione di tracciare le persone tramite riconoscimento facciale. In effetti, nell’angolo di uno schermo, i giornalisti hanno notato che compaiono immagini con ogni volto classificato in base a fascia di età, sesso e se ha o meno la barba o una mascherina.

 

 

 

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