Papa Francesco ieri, 3 ottobre, è arrivato al Sacro Convento di Assisi per la quarta volta dall’inizio del pontificato. Lì, ha presieduto la santa messa e poi ha siglato la sua terza enciclica, “Fratelli tutti”, sulla tomba del santo di cui ha scelto di portare il nome.
Una visita storica che pone la cittadina umbra quale centro spirituale della fraternità di tutto il creato. Per l’occasione, In Terris ha intervistato il vescovo della diocesi di Assisi – Nocera Umbra – Gualdo Tadino, mons. Domenico Sorrentino. Il presule ha parlato con la giornalista Milena Castigli della scelta di Bergoglio di eleggere Assisi quale centro spirituale; dell’attualità del messaggio del Poverrello in questa società secolarizzata; dei “nuovi lebbrosi” e dell’importanza della Chiesa in Uscita; della “crisi come grazia” e, non ultimo, della beatificazione di Carlo Acutis, il prossimo 10 ottobre ad Assisi, una figura di grande ispirazione per i giovani di oggi.
L’intervista
Monsignore, qual è il peso della decisione del Papa di scegliere Assisi per presentare la sua terza Enciclica “Fratelli tutti” sulla fraternità e l’amicizia sociale?
“I pilastri della spiritualità di san Francesco sono Vangelo e fraternità. Egli stesso dice nel suo Testamento che, una volta convertito pienamente al Vangelo e al servizio dei poveri, espresso nei fratelli più emarginati del tempo, i lebbrosi, il Signore gli diede dei “frati”. Comincia così a sperimentare la bellezza del Vangelo vissuto in fraternità. Quale luogo migliore della sua tomba, per sigillare un’enciclica sulla fraternità?
La figura di San Francesco è ancora attuale nel nuovo millennio e perché?
“Francesco d’Assisi è più attuale che mai. Mentre la pandemia ci sta spiegando che tutti siamo fratelli nel dolore, il Poverello, sulle orme del Vangelo, ci dice che dobbiamo diventare fratelli nell’amore. Un amore dal cuore universale. Ovviamente il suo stile, molto speciale, e alcune cose proprie del tempo, non si possono prendere di peso. Ma i punti fondamentali della sua scelta di vita possono essere i nostri”.
Chi sono, secondo la Sua esperienza, i nuovi lebbrosi?
“Oggi i lebbrosi del suo tempo, almeno nella nostra società economicamente sviluppata, non ci sono più. Ma ci sono tante altre forme di persone “scartate”, emarginate, strette in antiche e nuove forme di povertà. Bisogna avere un cuore attento per scoprirle, bisogna non “voltarsi dall’altra parte”, e assumere l’atteggiamento del buon Samaritano del Vangelo: il farci carico, il prenderci cura. Non mancano, per la verità, i buoni esempi. Ma occorre molto di più. Occorre un rinnovamento spirituale, ma anche economico, politico e sociale. L’iniziativa voluta dal Papa sull’economia – Economy of Francesco – chiama i giovani in prima linea su questo fronte. Ma tutti abbiamo qualcosa da fare, per costruire un mondo più giusto e più bello”.
Papa Bergoglio, anche se gesuita, ha scelto il nome di Francesco, in onore del poverello d’Assisi. Cosa pensa di questo Pontefice e del suo impegno verso i poveri?
“Papa Francesco si è voluto ispirare a Francesco di Assisi nel suo desiderio che la Chiesa sia “povera e per i poveri”. Urge imboccare questa strada, alla quale già il Concilio Vaticano II ci ha chiamati. Tanti secoli di storia pesano sulle spalle della Chiesa. Tanta gente ha perso la fede e si sente smarrita. L’andare verso i poveri di papa Francesco si pone dentro il quadro più ampio, che egli definisce la “Chiesa in uscita”.
Cosa intende per “Chiesa in uscita”?
“Il Santo Padre si riferisce a una Chiesa che non si annida nelle sue strutture secolari, ma torna per le strade a dire il Vangelo. Credo che Papa Francesco stia facendo un gran lavoro. Bisogna forse dire che noi siamo troppo lenti nel seguirne le indicazioni. E non mancano purtroppo quelli che hanno prese le distanze da lui. E’ triste. Ma ogni rinnovamento ha i suoi costi. Mi è capitato di scrivere in un recente saggio [“Crisi come grazia: Per una nuova primavera della Chiesa“, Edizioni francescane Italiane, maggio 2020, ndr] che anche le crisi possono diventare grazia. Lo credo profondamente per la crisi che attraversa anche la Chiesa di oggi. Dobbiamo fare molta strada, ma il Signore ha una primavera di riserva”.
Il prossimo 10 ottobre la Diocesi di Assisi ospiterà la beatificazione del venerabile Carlo Acutis. Quale messaggio può dare ai giovani l’esempio di vita di questo ragazzo, amato in tutto il mondo?
“Carlo parla ai giovani perché è un ragazzo del nostro tempo. Un ragazzo pieno di sogni e di vita. Anche pieno di talenti. Ha trovato il “bandolo” della sua vita, sottraendosi alla mediocrità, e facendo di Dio il suo tutto. Questo ha fatto la differenza. Lo ha reso davvero “originale e non fotocopia”, come egli amava dire. Ha continuato a fare le cose ordinarie della vita, ma arricchendole con il suo amore per l’Eucaristia. Ha incontrato Gesù nei poveri. Ha immesso Gesù nelle strade di internet, arrivando così in tutti i continenti. Tanti ragazzi potranno trovare in lui un modello”.