Il conflitto in Siria e le sofferenze che sta causando alla popolazione, a cui si è aggiunto il crollo del regime di Assad, rappresentano una delle più grandi catastrofi umanitaria al mondo per la quale, diverse organizzazioni, tra cui la Caritas, che si stanno impegnando per dare un aiuto concreto ai civili. Interris.it, in merito all’attuale situazione in Siria, ha intervistato il dott. Danilo Feliciangeli, referente di Caritas italiana per il Medioriente.
L’intervista
Dott. Feliciangeli, qual è la situazione umanitaria della popolazione siriana dopo la caduta di Assad?
“Attualmente, in Siria, c’è un grande caos. I recenti eventi si sono susseguiti tutti in maniera veloce e inaspettata. Da una parte, quindi, c’è molta paura per il futuro e dall’altra, un segno di speranza dopo la caduta di un regime che, da decenni, opprimeva le libertà civili e la democrazia nel Paese. Ciò che è successo è stato guidato da formazioni di cui, ad oggi, non è facile comprendere gli obiettivi, pertanto c’è timore. La situazione umanitaria non è diversa rispetto a quella precedente. Da più di dieci anni, ci sono persone bisognose di assistenza che, ad oggi, sono più di 17 milioni. Fortunatamente, quest’ultima fase della guerra civile, non ha portato grossi scontri sul campo e, dopo gli sfollamenti, molte persone stanno rientrando a casa. Quindi, dal punto di vista dei bisogni umanitari, ci sono le stesse ed enormi necessità: la sanità è al collasso, mancano generi di prima necessità e il sistema educativo è al collasso.”
Come si sta connotando l’opera di Caritas sul campo?
Fino a pochi giorni fa, stavamo lavorando su tre grandi temi. Il primo è l’assistenza umanitaria di base per far sì che, le persone, possano sopravvivere e rispondere così ai bisogni primari. Operiamo in tutto il paese attraverso sette uffici regionali, i quali erano ubicati nella zona controllata dal regime e in quella dell’autorità governativa curda. Era poi in corso un grande programma di riabilitazione, con l’obiettivo di ricostruire ciò che 13 anni di guerra hanno distrutto, sia dal punto di vista delle attività economiche che dell’edilizia fisica. C’è poi assistenza sanitaria: da molti anni le persone non hanno più la possibilità di curarsi in Siria e quindi, eravamo orientati a fornire cure di base e terapie per problemi di salute più seri. Puntiamo poi alla riconciliazione tra le varie parti in conflitto quindi, dal 2019, abbiamo iniziato un programma rivolto ai giovani, in cui offriamo opportunità di incontro e crescita personale, attraverso la formazione alla pace, alla gestione non violenta dei conflitti e alla riconciliazione tra le parti. Al momento, i progetti sono sospesi ma speriamo di riuscire a riprenderli già a partire da oggi.”
Quali sono i vostri auspici per il futuro?
“C’è preoccupazione per ciò che potrebbe succedere. I pericoli sono molteplici: c’è una presenza enorme di armi e di persone che sanno utilizzarle, unita all’influenza di potenze estere che potrebbero approfittare dell’uscita di Assad dalla Siria per avere più influenza. C’è poi il rischio di un estremismo islamico che potrebbe prendere il controllo del Paese però, di fatto, in questi giorni, i proclami fatti dalla nuova formazione al potere, sono rassicuranti. È stato garantito il rispetto delle minoranze e delle legalità. Auspichiamo che, le promesse fatte, vengano mantenute e si instauri una democrazia reale per far si che, il popolo, possa scegliere da chi essere governato. Vogliamo continuare a operare per il bene di chi ha più bisogno in una società civile riconciliata.”