La “sindrome del mondo medio” (mean world syndrome) è la tendenza a percepire la realtà più pericolosa di quanto non sia, per effetto, già dagli anni ‘60, di una sovraesposizione mediatica universale, elaborata in modo distorto e pregiudizievole. La sua formulazione si deve a George Gerbner, professore universitario di comunicazione. Egli vi aggiunse la cosiddetta “teoria della coltivazione” per la quale, più aumenta l’esposizione ai media, in particolare la tv, più si “coltivano” percezioni errate della realtà. Le sue ricerche e i suoi studi furono numerosi, sviluppandosi dagli anni ‘60, ebbero come principale riferimento la tv e il suo impatto sempre più influente verso la comunità mondiale.
Tutto ciò che è trasmesso dalla tv è espressione del reale, tutto ciò che si osserva nel vivere quotidiano è frutto di quanto indicato dai media.
La sindrome tende a dipingere il mondo sempre più violento, soprattutto cinico e spietato, incapace di provare empatia, compassione e altruismo, affossando il positivo che nel sociale pure esiste e vive di persone e di piccoli gesti poco reclamizzati. Ha effetti anche a livello educativo: preparare al concetto che la “miglior difesa sia l’attacco” anziché stimolare un comportamento prosociale, soprattutto nei confronti dei più deboli.
In una società in cui prevale l’attenzione per la violenza mediatica, nei film, nella selezione delle notizie e nei videogiochi, domina un maggior senso di diffidenza e di aggressività nei confronti del prossimo. La normalizzazione della violenza conduce all’accettazione di una realtà distorta, del “tutti contro tutti”, in una diffusa insensibilità che induce a comportamenti estremi: difensivi e aggressivi. La percezione, amplificata e falsata della realtà, conduce, così, a una restrizione delle relazioni sociali, in un’autoprotezione estrema e malata.
Si coltiva anche la confusione tra mondo virtuale e reale: la violenza vista in un film del settore, di due ore di durata, è percepita come espressione della società, come un campanello d’allarme che suona per avvertire di come sia la situazione e di come porvi gli argini e le chiusure necessarie.
Questo immotivato stato di tensione, spinge le persone ad adoperarsi nella convinzione di esser in una situazione più sicura ma, al contrario, ne innalza la fragilità e l’auspicio di forme più repressive considerate come inevitabili.
Le ricerche di Gerbner, e degli studiosi a lui ispirati, hanno dimostrato quanto sia risultato vano l’intento, in buonafede, di trasmettere situazioni al limite o violente, per convincere (come fossero lezioni e avvisi sulle possibili degradazioni del mondo) l’opinione pubblica a prenderne le distanze e sviluppare un comportamento contrario, nel pensiero e nell’azione.
Il volume dal titolo Panico, ansia & paura (con sottotitolo “Guida strategica per aspiranti coraggiosi”), edito da Franco Angeli nel dicembre dello scorso anno, è un manuale in cui l’autore, lo psicologo e psicoterapeuta Alessandro Bartoletti, affronta la problematica nelle sue diverse sfaccettature e propone delle efficaci soluzioni al riguardo.
L’Istat, al link https://www.istat.it/it/files/
La vittimizzazione, a cui si presta l’individuo perseguitato dai costanti pericoli della società, rende predominante la convinzione di essere soggetti a una continua ingiustizia e non scorgere alcun aspetto positivo. La sindrome, infatti, conduce a sottovalutare o non osservare quella gran parte del mondo che vive in serenità e che è estraneo alla violenza bensì dedito alla cura del prossimo, a coltivare le relazioni anziché le fobie sociali.
Matteo 10,28 “E non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l’anima; temete piuttosto colui che ha il potere di far perire e l’anima e il corpo nella Geenna”.
Nella fase attuale di grande criticità informativa e mediatica, in cui si trova l’intero pianeta, in virtù della presenza del Coronavirus, l’argomento relativo alla percezione della realtà si rende molto complesso. I primi effetti della sindrome erano frutto dei media del tempo: radio, tv e cinema, ora sono accompagnati dall’immenso potere del web, dei social e i rischi di sopravalutazione (o sottovalutazione) sono enormi. L’equilibrio tra informazione e realtà è ancora più precario, posto a dura prova dal potere delle fake news.
Occorre mantenere un sano spirito critico e non distorto, cercando di promuovere l’attenzione e l’informazione nei riguardi delle fonti dimostratesi come più equilibrate, vere ma non catastrofiche, con il sano discernimento del contenuto di un film d’azione da quello che è nel reale.