“Questo è un anno molto particolare, i numeri sono stati influenzati dalla pandemia, dal lockdown, da alcune attività che possono aver subito delle riduzioni, da meno incidenti in itinere, un terzo degli incidenti che si sono verificati sul lavoro è dovuto al Covi-19. Una percentuale importante, che ha riguardato, probabilmente nella stragrande maggioranza, il mondo della sanità”. E’ quanto afferma il professor Roberto Cauda, classe 1952, è direttore del Dipartimento di Sicurezza e Bioetica dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, ordinario di Malattie infettive all’Università Cattolica del Sacro Cuore e direttore dell’Unità operativa del Policlinico Gemelli di Roma, che Interris.it ha intervistato in occasione della Giornata mondiale per la salute e la sicurezza sul lavoro che si celebra oggi.
La trasformazione del mondo del lavoro
La pandemia di Covid-19 ha avuto un violento impatto sul mondo del lavoro rispetto a come eravamo abituati a concepirlo prima dello scorso anno: dal rischio di trasmissione del virus sul posto di lavoro, ai rischi per la salute e la sicurezza sul lavoro emersi con l’adeguamento ai nuovi protocolli per impedire la diffusione dell’infezione. In molti casi, si è dovuti passare a nuove forme di lavoro, come lo smart working o il telelavoro che per un lato hanno aperto nuove opportunità, ma dall’altro hanno relegato nelle loro case milioni di italiani, esponendoli a potenziali rischi per la loro salute, tra cui quelli psicologici o, in altri casi, alle molestie e alle violenze.
Alcuni dati
Sono 554.340 gli infortuni sul lavoro denunciati all’Inail nel 2020, in calo del 13,6% rispetto ai 641.638 dell’anno precedente, e 1.270 quelli con esito mortale, 181 in più rispetto ai 1.089 del 2019 (+16,6%). Se i decessi in itinere, occorsi cioè nel tragitto di andata e ritorno tra l’abitazione e il luogo di lavoro, sono diminuiti di quasi un terzo, da 306 a 214 (-30,1%), quelli in occasione di lavoro sono invece aumentati del 34,9%, da 783 a 1.056. E’ questa la fotografia scattata dall’Inail che conferma come il Coronavirus abbia influito sull’andamento infortunistico nel nostro Paese nel 2020.
Quasi un quarto del totale delle denunce e circa un terzo dei casi mortali sono dovuti, infatti, al contagio da Covid-19 che l’Istituto inquadra, per l’aspetto assicurativo, nella categoria degli infortuni sul lavoro, equiparandone la causa virulenta a quella violenta tipica proprio degli eventi infortunistici, come avviene anche per altre affezioni morbose (Aids, malaria, tubercolosi, tetano, epatiti virali, ecc.).
Le denunce di infortunio nella sanità e nell’assistenza sociale
Dal report stilato dall’Inail, inoltre, emerge come nel settore della sanità e dell’assistenza sociale si sia verificato un forte incremento delle denunce di infortunio sul lavoro: quasi i tre quarti dei casi hanno riguardato il contagio da Coronavirus. L’aumento è del +206% su base annua (dai circa 27.500 casi del 2019 agli oltre 84mila del 2020), con punte superiori al +750% a novembre e tra il +400% e il +500% a marzo, aprile, ottobre e dicembre, nel confronto con i mesi dell’anno precedente. Solo a gennaio e nel periodo estivo sono stati rilevati decrementi compresi in un intervallo tra il -5% e il -17%.
I medici e gli infermieri deceduti a causa del Covid
In prima linea sin dall’inizio della pandemia, sono 358 i medici che sono deceduti nella guerra contro il Covid-19, secondo l’elenco pubblicato dalla Federazione Nazionale dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri. “Un pensiero speciale” è stato rivolto a tutti i medici, infermieri e operatori sanitari deceduti a causa della pandemia, da Papa Francesco che, nella Giornata nazionale di memoria a loro dedicata, ha inviato un messaggio che è stato letto da Mons. Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la vita. “L’intera società – ha detto Francesco – è stimolata a testimoniare sempre più l’amore al prossimo e la cura degli altri, specialmente in più deboli. La dedizione di quanti anche in questi giorni sono impegnati negli ospedali e nelle strutture sanitarie è un vaccino contro l’individualismo e l’egocentrismo, e dimostra il desiderio più autentico che abita il cuore dell’uomo: farsi accanto a coloro che hanno più e bisogno e spendersi per loro”.
Il nodo mascherina
Il Covid-19 ha anche cambiato le modalità con le quali frequentare il luogo di lavoro: distanziamento sociale, igienizzazione frequente delle mani e delle superfici, e l’obbligo di indossare la mascherina. In molti hanno sollevato dubbi sulla presunta pericolosità delle mascherine, in quanto “intrappolerebbero” l’anidride carbonica al loro interno. “Ci sono state anche delle smentite autorevoli motivate. Non credo che ci sia un rischio così elevato per la salute – afferma il professor Cauda -. Utilizzare la mascherina porta con sé un grande beneficio: quello di non ammalarsi di Covid-19. In una malattia come questa, che si trasmette facilmente per via respiratoria, evidentemente il rischio è ovunque, ivi compreso i luoghi di lavoro”.
La vaccinazione: l’unica arma contro il Covid-19
“La vaccinazione è l’unica arma che può cambiare le regole del gioco – spiega il professor Cauda -. Gli operatori sanitari, che sono in prima linea e sono loro che si prendono cura delle persone ammalate, sono stati vaccinati in maniera prioritaria. E si è visto un calo importante delle infezioni”. Nonostante questo sono molte le persone che hanno timore di accedere alla vaccinazione. “Purtroppo, le comunicazioni effettuate, qualche volta non hanno aiutato a fare chiarezza, ma non è colpo di nessuno. Non esiste un farmaco o un vaccino che sia scevro al 100% da rischi, piccoli o grandi che siano – ha aggiunto -. E’ tutta una questione di rischio calcolato: se da una parte ci sono tutti i giorni centinaia di morti per Covid, e dall’altra un rischio teorico, magari con alcuni tipi di vaccini, stiamo parlando di casistiche molto rare. Come hanno segnalato le agenzie regolatorie, nulla a confronto al rischio di morte a causa del Covid”.