La fobia scolastica (o scolare) è un malessere dei nostri tempi che colpisce alcuni giovani, non solo italiani, costringendoli addirittura a disertare il luogo di studio quotidiano. Questi ragazzi, infatti, la mattina non riescono, fisicamente, a lasciare il letto e a recarsi al proprio istituto scolastico. Non si tratta di scarsa voglia di studiare o di un maldestro tentativo di marinare la scuola poiché il fenomeno riguarda molti casi di ragazzi studiosi e premurosi, con la cartella già pronta per la mattina successiva.
Il Covid e la fobia
La valutazione del fenomeno deve essere tanto più rapida e precisa quanto più la pandemia ha trasformato la scuola in questi ultimi mesi, rendendo vuote le classi e lasciando, tuttora, molti dubbi sulla ripresa. La fobia, forte di quest’assenza prolungata a scuola, potrebbe accelerare. In termini generali, a prescindere dal COVID-19, molti studenti, purtroppo, somatizzano alcune situazioni di stress in quello che, insieme alla famiglia, è l’altro contesto sociale in cui vivono. La patologia insorge per disagi sofferti in uno dei due ambiti o in entrambi; il risultato è nel manifestare i classici sintomi degli stati di ansia (nausea, vomito, vertigini, dolori, tremori) con disturbi del sonno, depressione, rifiuto di andare a scuola e attacchi di panico.
La crisi adolescenziale
La scuola presuppone degli esami e dei giudizi, non tutti i giovani riescono emotivamente e psicologicamente a sopportare l’ansia del buon risultato da perseguire e, in generale, il confronto. Il malessere si origina, spesso, nelle situazioni di passaggio da un ciclo di studi a un altro: all’inizio della scuola elementare, di quella media e della media superiore. Può iniziare, quindi, nei primi anni di studio ma è con l’adolescenza che trova maggiore diffusione.
La scuola, anziché costituire il luogo fondamentale in cui accrescere la socialità, la personalità, la formazione culturale, la creatività e il tessuto di esperienze, diviene il simbolo di una prigione, di un posto da evitare. Occorre molta prevenzione per capire quali siano le cause scatenanti (in genere il bullismo, i rapporti non idilliaci con compagni e insegnanti, l’ansia da competizione) e i soggetti più sensibili in merito a questa patologia inibente.
I dati del Miur
La chiusura del ragazzo nei confronti della comunità-scuola può riversarsi, inoltre, in altrettante preclusioni nei confronti di altra socialità del tempo libero. Il maestro di Barbiana, Don Lorenzo Milani, diceva “Se si perdono i ragazzi più difficili la scuola non è più scuola. È un ospedale che cura i sani e respinge i malati”. Per un’idea sui grandi numeri della scuola, è opportuno visionare il focus pubblicato dal Miur (ministero dell’Istruzione-ministero dell’Università e della Ricerca)-Ufficio Gestione Patrimonio Informativo e Statistica, riguardo all’anno scolastico concluso, quello del 2019/20.
Analisi regionale
I dati sono distribuiti anche per singola regione ed evidenziano che “Lombardia, Campania e Sicilia sono le regioni con il maggior numero di istituzioni scolastiche. Le sedi scolastiche che compongono le istituzioni sono 40.749”. Le sedi scolastiche statali sono ripartite al 32,6% per l’infanzia, al 36,6% per la primaria, 17,7% la secondaria di primo grado e 13,1% la secondaria di secondo grado. Per quanto riguarda quest’ultima, la metà (49,8%) degli studenti ha frequentato il liceo, il 31,5% le scuole tecniche e il 18,7% quelle professionali. Segue un’approfondita analisi per ogni singolo indirizzo.
I 7.599.259 studenti di scuole statali (tra cui figurano anche 789.066 studenti con cittadinanza non italiana) sono stati accolti da 369.769 classi. Per quanto riguarda, sinora, i dati certi riguardanti il personale docente, si legge: “I posti istituiti per l’a.s. 2019/2020 sono complessivamente 684.880 posti comuni e 150.609 posti di sostegno”. Altro dato interessante: “Nel precedente anno scolastico le scuole paritarie erano 12.564 e gli studenti frequentanti 866.805. La scuola dell’infanzia si conferma il settore educativo in cui si concentra il maggior numero di studenti delle scuole paritarie: 524.031 bambini distribuiti in 8.957 scuole”.
Il rischio della scarsa conoscenza
Le prime forme di insegnamento a distanza, anteriori al sopraggiungere del Coronavirus, erano state adottate per quei pochi casi (tra l’1 e il 5% della popolazione studentesca) ma in continuo aumento, di ragazzi (in genere maschi) colpiti dalla fobia e prigionieri nelle loro case (con il terrore di dover uscire e recarsi a scuola) insieme all’unica compagnia fedele, quella di internet. In un primo momento, l’ambiente virtuale giovanile è un modo per trascorrere il tempo, poi, con la decisione di serrarsi nelle tranquille mura domestiche, diviene l’unica forma di contatto con il prossimo. La sottovalutazione e la scarsa conoscenza della sindrome rischiano di alimentarla, visto che si tratta di ragazzi accomunati da vite molto spesso simili, quasi in fotocopia, con una personalità ancora in formazione. L’abilità di genitori e insegnanti è nell’avvertire prontamente questo disagio e non confonderlo con la scarsa voglia di andare a scuola o di studiare; si tratta di altro. Occorre intervenire, tramite l’aiuto di esperti del settore, sia per evitare questo disturbo interno e dilaniante che avvertono i ragazzi ogni mattina, all’ora della sveglia, sia per impedire che le capacità scolastiche muoiano nell’abbandono degli studi anziché vivere e dar sfogo al loro potenziale.
Lo stato d’animo
La problematica è di grande attualità, in attesa di conoscere quale sarà la situazione scolastica e in quali termini riapriranno gli istituti. Gli interrogativi riguardanti la didattica, lo studio e la logistica, infatti, si sommano a quelli che riguardano lo stato d’animo degli studenti, elemento forse un po’ sottovalutato nel calderone delle polemiche e delle iniziative. Fra gli studenti che hanno sofferto la minor socialità e sono pronti a riprendere e qualcuno, invece, che rimpiange il “comodo” insegnamento a distanza, spicca una fetta di giovani che si trova dinanzi a una prova psicologica e fisica di enorme rilievo, quasi insormontabile. La soglia massima del 5% di ragazzi che soffrono di fobia scolare potrebbe aumentare.
Attenzione essenziale
Si discute, senza arrivare a conclusione, di mezzi strutturali, di edilizia scolastica e banchi singoli ma non si curano aspetti altrettanto importanti: l’animo e la condizione degli scolari. Il rischio è che le scuole restino semivuote, per molto tempo. Le statistiche indicano che proprio nei periodi di vacanza da scuola, estivi e invernali, si concentrano le crisi e si avverte di più il terrore di tornare sui banchi. La situazione attuale pone tutti i timori propri della patologia, a cui si aggiungono anche le paure del possibile contagio del Coronavirus. La massima attenzione, quindi, da parte delle istituzioni, dei media, dei genitori, degli insegnanti, dei medici, deve essere posta nei confronti dell’impatto emotivo e fisico che tutti gli studenti, comunque, dovranno sostenere; in particolar modo per coloro che sono più fragili in questo periodo della loro vita e in tale situazione psicologica. Occorre a tutti i costi evitare che la pandemia si fondi con la fobia e generi anche un aumento di giovani terrorizzati e pronti all’abbandono scolastico.