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Scuola senza docenti: il paradosso diventa emergenza

Anno scolastico al via con 250 mila supplenti. E la sensazione che la lotta al precariato sia ancora in alto mare

Insegnamento e precarietà. Due termini che, fin troppo spesso, hanno trovato un punto in comune nefasto, anche se di fatto tipico degli ultimi due decenni. Il paradosso dell’istruzione, per quel che riguarda il comparto istituzionale, è ormai abbastanza radicato da aver creato quasi un luogo comune nell’indicare l’accesso alle cattedre dei plessi scolastici come sinonimo di instabilità lavorativa per eccellenza. E questo nonostante ci si riferisca a uno dei ruoli primari nell’ambito della società civile, che attribuisce alla scuola, per antonomasia, il ruolo di istituzione formativa dei cittadini del domani. Tutto vero se non fosse che, anche quest’anno, l’anno scolastico rischia di iniziare con l’incertezza a regnare sovrana. E non solo sull’organigramma effettivo – quindi per quel che riguarda la distribuzione dei docenti e l’assegnazione degli incarichi – ma anche su quello dirigenziale.

Docenti e presidi: stop assunzioni

La miccia si è accesa alla vigilia di Ferragosto, quando è apparso chiaro che, a seguito della sospensione relativa alle nomine dei vincitori di concorso decisa dal Tar in vista di un nuovo aggiornamento sulle procedure di assunzione, la scuola sarebbe iniziata con l’apporto cardine dei supplenti. Non meno di 250 mila quelli pronosticati in servizio in coincidenza con l’inizio delle lezioni. Non solo: la stessa sospensione ha riguardato anche i nuovi dirigenti scolastici, impedendo a circa 500 presidi di poter prendere le redini dei propri istituti entro i tempi utili per l’avvio dell’anno scolastico. In sostanza, accanto alla penuria di cattedre coperte, vanno ad aggiungersi le criticità del comparto dirigenziale, per un 72% circa di supplenze in più (dal 2017 a oggi) nel complesso del sistema scolastico italiano.

Docenti e precariato, un problema annoso

Una situazione che, da anni, opprime l’intero settore. Nondimeno, per una certa difficoltà, riscontrata dai docenti e dagli aspiranti tali, a stare al passo con i continui aggiornamenti delle normative relative ai bandi di concorso. Variabile che, nel tempo, ha creato un gap piuttosto evidente tra la schiera degli insegnanti candidati a un posto di ruolo e il sistema legislativo che ne determina l’assunzione. Il risultato, a oggi, è un buco da oltre 250 mila posizioni, che richiederà giocoforza di attingere dal mare magnum dei supplenti in attesa di chiamata. Che la situazione sia grave, oltre che complessa in fatto di tempistiche, lo dimostra che, nonostante l’annosità del problema, un tale livello di precariato scolastico non era mai stato raggiunto. A ciò ha contribuito la frenata decisa dal Ministero dell’Istruzione sulle assunzioni dei docenti di ruolo, in attesa di un futuro concorso da svolgere entro i canoni imposti dal Pnrr.

L’opinione dell’esperto

È quindi chiaro che, al campo minato del precariato scolastico, abbiano contribuito più fattori, anche in termini di investimenti effettivi (per i quali l’Italia viaggia su cifre al di sotto della media europea). Il punto è che, assieme alle difficoltà oggettive del far ricorso al mega-gruppo dei supplenti per le coperture provvisorie, emerge la problematica della distribuzione delle risorse: “Il precariato dei docenti affligge da decenni la scuola italiana – ha spiegato a Interris.it suor Anna Monia Alfieri, docente ed esperta di politiche scolastiche -. È un problema di cui ho parlato più volte e del quale ho analizzato le cause: la scuola considerata da molti un ‘postificio’, la mancanza per anni di concorsi e bandi di abilitazioni, l’esubero dei docenti laddove il numero degli alunni è inferiore”. Una condizione, quest’ultima, che ha creato i presupposti per un conflitto tra istituti che, piuttosto, dovrebbero viaggiare sulla stessa lunghezza d’onda, specie in termini di legiferazione: “Il Ministro Valditara con la sua opera sta cercando di porre rimedi e trovare soluzioni, come l’indizione dei bandi di abilitazione per i docenti delle paritarie e tutta una serie di altri provvedimenti a favore delle aree dove più forte è il tasso di abbandono scolastico. Oltre, ovviamente, le misure introdotte per eliminare il fenomeno dei diplomifici”.

La libertà di scelta educativa

È evidente che, per far sì che le misure adottate funzionino, occorrano riscontri su scala pluriennale. E, non ultima, una convergenza – o addirittura un’equiparazione – tra le varie sfumature della scuola pubblica: “I risultati stanno arrivando, così come testimoniano i risultati INVALSI, ma la strada da percorrere è ancora lunga e occorre insistere. Ovviamente la percentuale del pluralismo educativo, ormai ai minimi termini a causa del mancato riconoscimento del diritto alla libertà di scelta educativa, ha fatto il resto: e così la distribuzione degli allievi tra le statali e le paritarie non è stata possibile e, logica conseguenza, la distribuzione dei docenti tra i due rami della scuola pubblica non si è realizzata”. In sostanza, persino la precarietà dei docenti diventa una lente d’ingrandimento sul più ampio tema della scelta educativa: “C’è l’assoluta necessità di un intervento radicale che consenta la libertà di scelta educativa ai genitori – ha concluso suor Anna Monia -, una più equilibrata distribuzione degli studenti e conseguentemente una distribuzione dei docenti tra scuola statale e paritaria a parità di stipendio. E così il fenomeno del precariato e la difficoltà di trovare i docenti potrà divenire un ricordo spiacevole del passato“. O quantomeno una quota di minoranza a fronte di un sistema effettivamente funzionante.

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