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La scommessa dell’Europa sulla mobilità degli studenti oltre le frontiere nazionali

Foto di Christian Lue su Unsplash

La Commissione Europea ha stanziato un finanziamento record per l’Erasmus+ 2023, programma dell’UE per l’istruzione, la formazione, la gioventù e lo sport in Europa. Per i prossimi sei anni il programma potrà contare con una cifra pari a 4,2 miliardi di euro (402,2 milioni). Dieci anni fa il budget stanziato fu di 1,25 miliardi). A beneficiarne anche l’Italia che potrà contare con un budget di ben 298 milioni, inferiore solo a quello di Germania e Francia.

Nel bando c’è ampio spazio dedicato allo sport ma anche ai docenti e agli allenatori. Il tutto con un particolare occhio di riguardo ai giovani, studenti, docenti ed educatori ucraini che vivono sulla loro pelle il dramma della guerra con tutto ciò che comporta in termini di formazione intellettuale e professionale. (resta invece esclusa da ogni bando la Russia, una decisione presa già a seguito del quinto pacchetto di sanzioni approvato dalla UE nel 2022).

Non solo studio, ma esperienze sociali

“Il programma 2021-2027 – si legge nel sito ufficiale – pone un forte accento sull’inclusione sociale, sulla transizione verde e digitale, sulla promozione della partecipazione dei giovani alla vita democratica e sull’inclusione e diversità“. Non solo studio dunque ma anche esperienze sociali, politiche, culturali e sportive, destinate non solamente agli studenti ma anche a formatori, insegnanti e allenatori (i dati degli ultimi due anni mostrano una partecipazione di docenti e staff in forte aumento).

Il piano (che coinvolge tutti i paesi membri ma anche i paesi extra UE che aderiscono al programma così come i paesi “partner” di tutto il mondo) si inserisce nella più ampia “strategia dell’UE per la gioventù” varata nel 2018 per il periodo 2019-2027 che si pone come obbiettivo quello di coinvolgere i giovani nella costruzione dell’Europa attraverso tre binari: mobilitare, collegare, responsabilizzare. In questo senso l’Erasmus+ è considerato un progetto concreto di attuazione dei punti focali e gli obbiettivi della strategia per la gioventù. (Per approfondire QUI: https://youth.europa.eu/strategy_it)

Tra le priorità del programma ci sono l’inclusione, la diversità, la lotta ai cambiamenti climatici, la partecipazione alla vita democratica e l’impegno civico.

PRIORITA’ : https://erasmus-plus.ec.europa.eu/it/programme-guide/part-a/priorities-of-the-erasmus-programme

Nascita e sviluppo del programma Erasmus

Il programma Erasmus è nato nel 1987 con l’intenzione di far crescere i rapporti tra i giovani dei diversi paesi e di riconoscere i crediti universitari ottenuti nelle università dei paesi membri. L’acronimo Erasmus prende il nome dal programma: EuRopean community Action Scheme for the Mobility of University Students” ma fa anche riferimento al filosofo olandese Erasmo da Rotterdam, pedagogo umanista che viaggiò a lungo per diversi stati dell’Europa del XVI secolo. All’origine dell’Erasmus (diventato nel 2014 “Erasmus+”) c’è il ruolo fondamentale di una studentessa italiana Sofia Corradi (sopranominata “mamma Erasmus”), la cui storia personale s’intreccia con quella del programma di mobilità studentesca più importante del mondo. In questi 36 anni di vita il programma ha visto la partecipazione massiva di studenti di tutti gli stati membri. Dal 1987 ad oggi sono circa 13 milioni gli studenti che hanno partecipato al programma di cui si contano tra i 700 e gli 800mila italiani. Tra i paesi più ambiti dai giovani Europei troviamo al primo posto la Spagna (il paese più vivace sia come arrivi che come partenze), seguita da Francia e Germania. In questi decenni l’Erasmus è diventato un pilastro per l’integrazione fra i giovani europei ed è alto il numero di relazioni di coppia nate da questa esperienza (si parla di un milione di bambini nati da coppie conosciutesi in Erasmus). Il programma ha visto di volta in volta alzare i finanziamenti da parte dell’UE e ha contribuito anche a migliorare la situazione professionale e la mobilità lavorativa di tanti giovani formati in paesi esteri.

Una riflessione

In un periodo in cui gli Stati europei sembrano chiudersi ognuno all’interno dei propri confini a causa dell’arrivo dei migranti provenienti dall’emisfero sud del mondo, il fatto che si finanzi con fondi record lo scambio di cittadini tra i diversi paesi membri merita una riflessione. l’Europa sovvenziona con uno sforzo economico importante, un progetto che incoraggia la mobilità transfrontaliera di cittadini mentre allo stesso tempo teme di farsi carico dei cittadini che cercano un rifugio e un futuro nel vecchio continente.

Quella che potrebbe sembrare a prima vista una scelta in controtendenza con l’attuale posizione di chiusura potrebbe leggersi come una chiara, ma irriflessa, presa di posizione. Non è un mistero infatti che mentre la politica tende a semplificare un problema complesso come quello migratorio al fine di sfruttarlo politicamente a proprio favore riducendo il fenomeno a slogan estremisti (migliori/peggiori, opportunità/sciagura, bene assoluto/male assoluto), le singole nazioni che si trovano alle prese con la prima accoglienza devono far fronte alle numerose problematiche connesse all’immigrazione e alle conseguenze che si estendono negli anni successivi agli sbarchi.

Il fenomeno migratorio richiede un progetto a lungo periodo che coinvolga tutta la società e una grande disponibilità politica ed economica per far fronte ai problemi che i nuovi arrivati devono affrontare. Primo fra tutti il problema di assicurare un’accoglienza dignitosa e di un piano di integrazione necessario per evitare di ghettizzare i nuovi arrivati abbandonandoli al proprio destino, che non sempre si rivela felice.

È impossibile far fronte ad una simile sfida senza considerare tutti i fattori nella loro complessità, a partire dalla motivazioni che spingono alla partenza, alle famiglie e le comunità locali indebolite dalla partenza di una buona percentuale di giovani in età da lavoro e matrimonio, alla mafia degli scafisti che incassano cifre esorbitanti illudendo i propri connazionali col sogno europeo, ai governi dei paesi di provenienza delle vittime, spesso corrotti o incapaci di affrontare l’emergenza, al ruolo delle ONG, ai trattati internazionali e alla cooperazione tra paesi dell’Unione Europea.

Possono aiutare in questo senso le categorie di “caos” e di “ordine” sulle quali lo psicologo statunitense Jordan B. Peterson ha costruito il suo best-seller internazionale“12 regole per la vita. Un antidoto al caos” (2018). Un libro per certi versi duro ma brillante, necessario e valido per comprendere l’uomo e la società odierna.  Il caos si presenta sempre come lo sconosciuto e temuto. Il pericolo improvviso e rivoluzionario che stravolge la quiete pacifica dell’ordine. Al contrario l’ordine è ben delineato dalle frontiere che offrono protezione, dalla famiglia, dalla tradizione e dalla comunità che condivide una storia e un progetto comune. Per Peterson la dualità tra caos e ordine, tra stabilità e disordine, è insita in ogni esperienza umana come elemento costitutivo essenziale, e sta all’uomo trovare un equilibrio per non accontentarsi dell’ordine (sempre di per sé precario) e non vivere nel caos (che è motivo di crescita ma non può diventare uno stile di vita).

L’uomo, espulso dal Paradiso terrestre (dal siriaco “luogo recintato”), non può sperare di vivere in una bolla protettiva per sempre. L’ordine, tra l’altro, può diventare soffocante e assumere forme dispotiche. Se pensiamo all’Europa, le stesse linee guida del programma Erasmus+ (che qui identifichiamo con l’ordine) possono assumere forme di imposizione ideologica (trasformazione digitale, lotta ai cambiamenti climatici, studi di genere…). Mentre a sua volta il caos, sempre in agguato, fornisce – assieme a buona dose di pericolo e di incertezza – l’opportunità per allargare lo spazio della conoscenza e del proprio dominio; un’opportunità di miglioramento. La coscienza emerge come terzo elemento che permette di offrire una mediazione tra ordine e caos ed evitare di soccombere. Il giusto equilibrio fa emergere la vita in tutta la sua potenzialità, drammaticità e la sua disarmante bellezza, mentre apre alla conoscenza di sé e del mondo che ci circonda. Per questo conservare l’ordine e gestirlo nel migliore dei modi non esclude la possibilità di governare il caos senza doverlo subire e piegarsi ad esso.

Miguel Cuartero Samperi: