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Di Sciullo (Idos): “Troppi pregiudizi sui migranti, sono una ricchezza per il Paese”

Il professor Luca Di Sciullo, presidente di Idos

Questa mattina si svolge a Roma al nuovo Teatro Orione la presentazione del XXXI dossier statistico immigrazione 2021 del centro studi Idos. Molti gli ospiti e i relatori. L’intervento introduttivo è di Paolo de Nardis, Presidente dell’Istituto di Studi Politici “S. Pio V”; la presentazione del dossier è affidata a Luca di Sciullo, Presidente del Centro Studi e Ricerche IDOS. Intervengono per gli approfondimenti: Ada Ugo Abara, Presidente associazione Arising Africa e Founder di D-Tech 4Good; Sr. Gabriella Bottani, Coordinatrice della Rete internazionale contro la tratta Talitha Kum; Nello Scavo, Inviato speciale di Avvenire; Cecilia Strada, Responsabile della comunicazione di ResQ – People Saving People. Le conclusioni sono di Alessandra Trotta, Moderatora della Tavola Valdese. Coordina i lavori, Claudio Paravati, Direttore Centro Studi Confronti. L’evento è trasmesso in streaming su Youtube e su www.dossierimmigrazione.it.

Ne parliamo con il professor Luca di Sciullo, uno dei soci fondatori della Società cooperativa Centro Studi e Ricerche IDOS e attuale presidente.

L’intervista al professor Luca Di Sciullo, presidente di Idos

Professor Di Sciullo, cosa l’ha spinta a fondare la Società cooperativa Centro Studi e Ricerche IDOS?
“Ho fondato questo centro studi nel 2004 insieme ad altri colleghi, in particolare insieme al nostro riferimento principale che è anche il nostro collega più anziano Franco Pittau. Lui è stato l’iniziatore, nel 1991, delle prime statistiche sui migranti. L’idea era nata su impulso di don Luigi Di Liegro, che fondò la Caritas diocesana di Roma e ne fu direttore dal 1980, oltre che Delegato Regionale Caritas per il Lazio. Insieme a Pittau, iniziai a lavorare presso la Caritas di Roma ad inizio anni ’90. Il Centro studi è nato dall’incontro di ricercatori più anziani con alcuni giovani all’interno della Caritas romana. Poi siamo diventati una realtà autonoma che da trentuno anni cura l’edizione del dossier immigrazione”.

Quale impatto dovrebbe avere nella società e nella politica il nuovo rapporto immigrazione 2021?
“Noi continuiamo l’ispirazione con la quale più di trent’anni fa questo rapporto è nato. Nel ’91 l’Italia contava pochi migranti però nella società civile c’era molto sospetto verso le presenze straniere che già erano oggetto di pregiudizio. L’idea di partenza fu quella, attraverso i numeri e le statistiche, dunque su base oggettiva, di disegnare il quadro dell’immigrazione in Italia in quegli anni. A trentuno anni di distanza, questa è ancora la nostra mission: l’Italia è diventata oggi un grande Paese di immigrazione, il quarto in Europa dopo Gran Bretagna, Germania e Francia, con cinque milioni di stranieri. In questi anni tante campagne politiche, anche recenti, si sono scatenate cavalcando il tema dell’immigrazione, instillando paure infondate nella popolazione attraverso un’ottica spesso manipolata. Noi vorremmo invece che l’impatto del dossier statistico sulla società fosse quello di una lente che ci faccia guardare a questo fenomeno epocale – con il quale avremo a che fare anche nei prossimi decenni – in modo oggettivo, analitico, scientifico, che spazzi via le distorsioni ideologiche grazie alla maggior consapevolezza del fenomeno”.

Qual è l’aspetto più preoccupante che si evince dal dossier 2021?
“L’aspetto più preoccupante è la grande latitanza delle politiche di migrazione e integrazione degli immigrati in Italia. L’Italia è un Paese di immigrazione ormai da mezzo secolo, gli stranieri che sono venuti in Italia si sono inseriti con grandi difficoltà e sacrifici; non hanno trovato la vita facile perché il nostro Paese non ha ancora creato delle politiche efficaci per gestire meglio la presenza degli stranieri. Noi abbiamo leggi molto antiquate: il testo unico sull’immigrazione risale al 1998. Un testo che andrebbe riformato anche tenendo conto dell’evoluzione della società. Da quella data ad oggi, ci sono state ben due gravissime crisi mondiali: quella economica del 2008 e questa sanitaria del Covid, che hanno reso più precaria la vita lavorativa ed economica di tutti gli italiani e dei migranti. La legge sulla cittadinanza, per esempio, nata 29 anni fa, era già vecchia appena fatta perché rese ancor più difficile avere la cittadinanza italiana. Oggi è del tutto inattuale. Se oggi noi riformassimo la legge sulla cittadinanza consentendo alle centinaia di migliaia di giovani che sono nati in Italia – non solo figli di migranti, ma anche figli dei figli di migranti, perché siamo alle terze generazioni! – avremmo almeno un milione di italiani in più. Senza parlare delle esclusioni dei migranti dal sostegno al reddito, dagli assegni familiari, dai bonus bebè, dai buoni mensa…In Italia ci sono un milione e mezzo di stranieri poveri eppure sono tra i più esclusi dalle forme di sostegno economico. Nell’anno della pandemia dunque si sente con tanta più urgenza la necessità di rimettere mano a una gestione più lungimirante e più intelligente del fenomeno migratorio in Italia”.

Quale fascia della popolazione ha maggiormente pagato il prezzo della crisi pandemica?
“A pagare il  prezzo maggiore sono state le donne migranti, come evidenzia anche l’ultimo dossier. Tra gli stranieri residenti in Italia – pari nell’insieme all’8,5% della popolazione del Paese – il 51,9% è una donna: oltre 2,6 milioni di persone alla fine del 2020. Con collettivi che oscillano dalle oltre 650mila unità delle romene, le circa 200mila di albanesi e marocchine, alle poche unità dei gruppi minori, si contano 198 diverse provenienze geoculturali. Con l’imporsi della pandemia e della crisi socio-economica che ne è seguita, in un quadro generale in cui spesso sono tornati ad aumentare i divari tra italiani e immigrati, essere donna e straniera si conferma fonte di accresciuta vulnerabilità: un doppio svantaggio con chiari riflessi nel tessuto occupazionale. Se la pandemia ha prodotto un eccezionale calo dell’occupazione (-456mila, -2,0%), infatti, questo ha riguardato innanzitutto gli stranieri (-159mila, -6,4%) e, tra loro, le più penalizzate sono senz’altro le donne (-109mila, -10,0%), che da sole coprono quasi un quarto della perdita totale di posti di lavoro (24%). I dati mostrano dunque un andamento peggiore per le lavoratrici straniere, diminuite in misura più alta sia rispetto agli immigrati uomini (-10,0% a fronte di -3,5%) sia alle donne italiane (-1,6%), che invece risultano colpite in misura simile ai connazionali maschi (-1,3%)”.

L’immigrazione può rappresentare una ricchezza, anche economica, per questo Paese?
“L’immigrazione è già una ricchezza economica per l’Italia. Nel nostro dossier abbiamo  fatto un calcolo originale facendo un bilancio tra quanto lo Stato spende per gli immigrati in termini di accoglienza e di servizi specifici alla persona e, dall’altro, di quanto i migranti assicurano all’erario pubblico in termini di contributi, tasse ed entrate varie; abbiamo stimato che il bilancio è attivo per lo Stato per circa quattro miliardi. Dunque, dal punto di vista strettamente finanziario, è evidente che i migranti contribuiscono non poco all’economia del nostro Pese, non è vero che sono una spesa. Basti pensare a quanto potrebbe essere più alto il vantaggio se noi mettessimo in regola – togliendoli dal sommerso e dal lavoro nero – quella sacca enorme (si parla di mezzo milione) di irregolari. Se fossero tutti regolarizzati e potessero lavorare sotto contratto, smetterebbero di alimentare l’economia sommersa e entrerebbero nelle casse dello Stato molte più tasse. Non dobbiamo inoltre dimenticarsi che i migranti hanno una forte propensione al mettersi in proprio, creare piccole aziende e dare dunque lavoro anche agli italiani, creando nuove opportunità. Se ben sostenute, queste aziende potrebbero dunque dare un grande contributo a tutto il sistema Paese”.

Il Papa con una donna migrante e sua figlia (Fonte: Vatican News)

Vuole fare un commento personale sull’attenzione che Papa Francesco ha nei confronti di poveri e migranti?
“Sì. Vorrei esprimere tutta la mia ammirazione per questo Papa e per la grande attenzione che dà alle persone più svantaggiate e più povere, soprattutto per i migranti. Basta leggere il Vangelo per vedere come Gesù si identifichi nelle persone più povere e nei migranti: la sua famiglia è stata migrante in Egitto; tutto il popolo eletto è stato un popolo di migranti. Anche il Papa viene da una famiglia di migranti italiani e questo aspetto lo qualifica in tutto il suo Pontificato, aperto a tutti, indirizzato alle ‘periferie’ geografiche e sociali. Papa Francesco sta portando il vangelo al centro della vita dei cristiani: perché per un cristiano incontrare uno straniero è davvero incontrare Cristo”.

Milena Castigli: