Anche la scienza nel mirino dei talebani. Le parole che riecheggiano nella comunità scientifica afghana sono “non voglio morire”. Lo ripete Khyber Mashal, che ha perso uno zio, la moglie e il fratello per mano dei talebani. E farà tutto ciò che è in suo potere per evitare di tornare nel proprio paese d’origine. Finché la situazione non si sarà stabilizzata. “Cerco di essere forte per la mia famiglia. Per i miei colleghi. E anche per me stesso- spiega-. Ma è davvero doloroso vedere la devastazione. E il crollo di tutto ciò per cui abbiamo rischiato la vita“. Anche gli scienziati vogliono fuggire dall’Afghanistan tornato dopo vent’anni sotto il dominio talebano.
Scienza in pericolo
Nella complicata situazione in cui versa l’Afghanistan, anche i ricercatori e gli scienziati temono per la propria incolumità. E per il futuro di una disciplina tanto importante quanto minacciata. Al delicato argomento è dedicato un approfondimento della rivista internazionale Science. In cui si apprende la testimonianza di un ricercatore. Presentato con lo pseudonimo di Khyber Mashal. Che già negli scorsi anni ha subito due attentati da parte dei talebani. E ora teme per la propria vita. Il primo tentativo, nel 2009, ha provocato la morte di cinque colleghi. Quattro afghani e il capo della sicurezza nepalese. Uccisi da una bomba piazzata sotto l’ufficio di Mashal. Che è scampato alla morte grazie a un viaggio di lavoro in Germania.
Conquiste minacciate
Nel luglio 2019, poi, un attentatore suicida carico di esplosivi barcollava davanti alla dimora dello scienziato afghano. Ed è stato arrestato da un poliziotto. “I talebani sono antiscientifici– sottolinea il ricercatore- E prendono di mira le persone istruite. Quelle, cioè, che avrebbero la capacità di trasformare il Paese”. Mashal ha lasciato l’Afghanistan nel dicembre 2020. Insieme alla moglie. E sostiene di temere che adesso possa crollare ogni progresso. L’incubo è che tutte le conquiste sociali ottenute dalle donne negli ultimi anni possano svanire.
Ricercatori nel mirino
“Che ne sarà del futuro della scienza nella nostra nazione?”, si chiede un ingegnere afghano dell’Università di Avicenna. Lo scienziato ha chiesto di rimanere anonimo per timore della propria incolumità. “Il domani è ancora molto oscuro per gli studiosi che restano in Afghanistan- aggiunge-. Io e la mia famiglia abbiamo lasciato l’appartamento. E ci siamo rifugiati a casa di un amico”. E’ angosciato anche Mohammad Assem Mayar. Esperto di gestione delle acque alla Kabul Polytechnic University. E’ stato costretto a emigrare per salvaguardare la propria vita.
Requisiti richiesti
Sono moltissimi i giovani ricercatori afghani che espatriano alla ricerca di sicurezza. Il direttore esecutivo della rete Scholars at Risk (SAR) Robert Quinn ha redatto una lettera con più di 2.500 firmatari. Esortando il Segretario di Stato americano, Antony Blinken ad allentare i requisiti per i visti statunitensi da concedere agli afghani. In modo da contribuire così all’evacuazione degli scienziati dall’ Afghanistan. “E’ davvero difficile assistere a questi eventi- commenta Alex Dehgan, amministratore delegato della startup tecnologica Conservation X Labs-. I talebani mirano a un sistema educativo svuotato. Una prospettiva davvero spaventosa”.
Programmi per la scienza
“Appena la situazione si stabilizzerà, dovremmo agire subito. Per istituire programmi di ricerca e istruzione nelle università locali”, afferma Daniel Jablonski. Specifica lo zoologo dell’Università Comenius di Bratislava: “Attualmente molte istituzioni statunitensi stanno cercando di proteggere gli ex collaboratori. Eliminando i loro siti web e account di social media. Per cancellare qualsiasi menzione di cooperazione passata”.