Il filo rosso della sofferenza e dell’ingiustizia unisce la tratta di esseri umani di ieri con quella attuale. Oggi si celebra la Giornata internazionale in ricordo delle vittime delle schiavitù e della tratta transatlantica degli schiavi. Nel 2007 le Nazioni Uniti hanno istituito una ricorrenza per commemorare i milioni di vittime di questo turpe e disumano traffico per avvertire il mondo del tragico rinnovarsi di una tragedia mai superata.
A secoli di distanza dalle navi negriere che solcavano la rotta oceanica con il loro carico di violenza e sopraffazione, i mercanti di creature indifese sono più che mai attivi. E sfruttano la disperazione di chi fugge da guerre, persecuzioni e povertà assoluta. Le nuove forme di schiavitù irrorano di innocenti i campi del caporalato e le strade della prostituzione coatta. I racket della criminalità organizzata trasformano in manovalanza e merci di scambio le odierne vittime della tratta, così come nelle epoche più buie dello schiavismo monetizzavano nelle Americhe le terribili declinazioni di una “servitù della gleba” che privava gli individui di ogni dignità e persino del loro nome, cambiato con quello del proprietario della piantagione.
C’è stato un momento, esattamente 30 anni fa, in cui la Chiesa cattolica, a nome di tutta l’umanità, ha compiuto uno storico “mea culpa” per le secolari atrocità della tratta. Ciò è avvenuto nel 1992: durante l’ottavo dei suoi quattrodici viaggi africani, Karol Wojtyla si recò a Gorée, sull’isolotto senegalese dove si trova la Casa degli schiavi e, di fronte all’Oceano. Lì San Giovanni Paolo II proclamò parole solenni e cariche di dolore: “Quest’isola rimane nella memoria e nel cuore di tutta la diaspora nera, occorre che si confessi in tutta verità e umiltà questo peccato dell’uomo contro l’uomo, questo peccato dell’uomo contro Dio e da questo santuario africano del dolore nero imploriamo il perdono del cielo”. Un luogo carico di secolari sofferenze e spietati retaggi coloniali, delimitato da forti militari ed enormi baobab, dove per gli scenari suggestivi fu girato il film “I cannoni di Navarone”. Stanze buie e rocce per ammassare uomini, donne e bambini, portati qui dai mercanti schiavisti da ogni terra e da ogni foresta africana, in attesa di essere caricati sulle navi per attraversare l’oceano.
Oggi nella moderna tratta di esseri umani, molte vittime degli attuali negrieri diventano “bancomat” viventi dei clan. Nella prefazione del mio libro “Donne crocifisse” (Rubbettino), papa Francesco ha lanciato un accorato appello a “liberare le donne dalla schiavitù della prostituzione”. Racconta il Pontefice: “Quando in uno dei Venerdì della Misericordia durante l’Anno Santo Straordinario sono entrato nella casa di accoglienza della Comunità Papa Giovanni XXIII, non pensavo che lì dentro avrei trovato donne così umiliate, affrante, provate. Realmente donne crocifisse. Nella stanza in cui ho incontrato le ragazze liberate dalla tratta della prostituzione coatta, ho respirato tutto il dolore, l’ingiustizia e l’effetto della sopraffazione. Un’opportunità per rivivere le ferite di Cristo”. E, prosegue il Santo Padre, “dopo aver ascoltato i racconti commoventi e umanissimi di queste povere donne, alcune delle quali con il bambino in braccio, ho sentito forte desiderio, quasi l’esigenza di chiedere loro perdono per le vere e proprie torture che hanno dovuto sopportare a causa dei clienti, molti dei quali si definiscono cristiani. Una spinta in più a pregare per l’accoglienza delle vittime della tratta della prostituzione forzata e della violenza”.
Da qui il monito di papa Francesco: “Una persona non può mai essere messa in vendita. Per questo sono felice di poter far conoscere l’opera preziosa e coraggiosa di soccorso e di riabilitazione che don Aldo Buonaiuto, svolge da tanti anni, seguendo il carisma di Oreste Benzi. Ciò comporta anche la disponibilità ad esporsi ai pericoli e alle ritorsioni della criminalità che di queste ragazze ha fatto un’inesauribile fonte di guadagni illeciti e vergognosi”.
A indurci a non dimenticare le vittime di ieri e di oggi della tratta e a porre all’attenzione della coscienza individuale e collettivo questa eterna piaga sono, come sottolinea il Papa, le storie che sono dietro i numeri sconvolgenti di un fenomeno globale. Affinché “si possa capire che senza fermare una così alta domanda dei clienti non si potrà efficacemente contrastare lo sfruttamento e l’umiliazione di vite innocenti”. E “nessuno deve voltarsi dall’altra parte o lavarsi le mani del sangue innocente che viene versato sulle strade del mondo”, testimonia Francesco con il suo incessante apostolato della misericordia.