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Santa Mama Antula, l’apostola degli ultimi: un dono per l’Argentina e per la Chiesa

Il prossimo 11 febbraio Papa Francesco proclamerà santa Mama Antula: diventerà la prima argentina ad essere elevata agli onori degli altari. L'intervista di Interris.it a Nunzia Locatelli e Cintia Daniela Suárez

Dall’11 febbraio del 2024 l’Argentina avrà la gioia di vedere una sua connazionale inserita nel calendario romano dei santi. È infatti quella la data scelta per la canonizzazione della beata Mama Antula, prima connazionale del Papa a venire elevata agli onori degli altari. Secondo quanto stabilito da papa Francesco il Rito di Canonizzazione si terrà l’11 febbraio 2024. Il Pontefice presiederà la Messa che inizierà alle 9,30 nella basilica di San Pietro. Lo stesso papa Francesco ebbe a definire Mama Antula una donna che “vale oro”. María Antonia de Paz y Figueroa (Mama Antula, in lingua quechua) nacque nel 1730 a Silípica, Santiago dell’Estero, e morì il 7 marzo 1799 a Buenos Aires dove fondò una casa per Esercizi Spirituali.

Il libro su Mama Antula

A dicembre è stato presentato il libro che contiene la biografia ufficiale di Mama Antula edito dalla Libreria Editrice Vaticana: “Mama Antula. La fede di una donna indomita”. Interris.it ha intervistato le autrici Nunzia Locatelli e Cintia Daniela Suárez che hanno già pubblicato altre biografie della beata in lingua spagnola. Con loro ripercorriamo a brevi tratti i momenti salienti della vita di Mama Antula per riflettere sul significato più profondo della sua canonizzazione.

Cintia Suarez, co-autrice del libro; Miguel Cuartero; mons. Vicente Bokalic Iglic, vescovo di Santiago dell’Estero, in Argentina

L’intervista

La vita di Maria Antonia, figlia di un encomendero benestante e potente, don Sancho Paz y Figueroa, subisce uno shock che porta alla sua conversione. Questa svolta radicale passa attraverso gli ultimi, attraverso i poveri. Che ruolo ha avuto l’ingiustizia sociale nella conversione di Antula?

“Maria Antonia era figlia di un encomendero, un importante proprietario terriero a cui il Vicereame spagnolo aveva dato in concessione dei territori, con il compito di amministrarli, di evangelizzare e proteggere la popolazione locale, composta da indios e da schiavi africani di sua proprietà. Maria Antonia sin da piccola vide i maltrattamenti che gli indios e gli schiavi ricevevano nell’encomienda e, con il passare del tempo, il dolore di questa gente diventò per lei insopportabile. Li sentiva come fratelli e soffriva con loro. All’età di quindici anni decise di lasciare gli agi della famiglia, con gran disappunto del padre che per lei aveva pensato un futuro come moglie di un ricco colono o il monastero”.

Avete definito Mama Antula “la più ribelle delle sante”. La sua determinazione nel cambiare vita la porta alla rottura dei legami familiari per sposare la sua vocazione. Questo dimostra fin da subito il suo carattere determinato. Quanto ha influito questo carattere indomito nella sua missione e nel rompere gli equilibri delle due istituzioni che governavano la società: la famiglia e la Chiesa?

“Maria Antonia scelse un destino non previsto per la sua classe sociale che determinò la rottura con la famiglia. Nel suo percorso dovette accettare molti rifiuti anche da parte della Chiesa ma, nonostante ciò, Mama Antula non si scoraggiò, la sua perseveranza la premiò visto che la Provvidenza le apriva le porte che gli uomini chiudevano”.

Il ruolo della donna nel XVIII secolo era legato all’ambiente domestico o alla vita religiosa. Ma Maria Antonia diventa presto protagonista all’interno della comunità ecclesiale da quanto prende contatto con i gesuiti per dedicarsi alle opere di bene. In che modo e con quali mansioni? 

“Decise di entrare come beghina (laica consacrata), nel beaterio dei gesuiti di Santiago dell’Estero, che era una comunità di donne che servivano i più bisognosi ed in particolare si dedicavano alle donne. Nel beaterio si prese cura degli orfani, delle donne “depositate” cioè messe in custodia dalle loro famiglie, per evitare scandali dovuti al loro comportamento licenzioso o per gravidanze illegittime; lì soggiornavano sotto custodia anche donne criminali e prostitute. In solitudine fece i voti di castità e povertà”.

Nel 1767 arrivò per i gesuiti il decreto di espulsione da tutti i territori in mano agli spagnoli. Così si mise un freno al fiorire di civiltà di cui i gesuiti si fecero protagonisti nel nuovo mondo durante 182 anni. Qui Mama Antuna assume un ruolo fondamentale. Dalla cura dei corpi martoriati dalla fame e dalla fatica, alla cura delle anime: Mama Antula diventa promotrice degli esercizi spirituali e la sua opera inizia a dare frutti di conversione in tutto il paese e anche oltre i confini nazionali. In quale modo?

“La permanenza di Maria Antonia nel beaterio gesuita durò ventidue anni durante i quali, non solo si dedicò agli altri, ma poté ricevere un’istruzione solida grazie agli insegnamenti dei missionari. Ricevette anche un gran dono: i sacerdoti le insegnarono ad organizzare gli Esercizi Spirituali di San Ignazio, il tesoro della Compagnia di Gesù. L’espulsione dei gesuiti dalle Americhe lasciò un vuoto incolmabile; le missioni erano un punto di riferimento per la popolazione locale che rimase orfana, disorientata, e senza punti di riferimento. L’unica luce, l’unico conforto rimasto era Maria Antonia che cominciò a organizzare ritiri per i laici basati sugli Esercizi Spirituali di sant’Ignazio”.

Tutto questo lo fece disattendendo gli ordini della Corona e del Papa che avevano messo “fuori legge” i Gesuiti e le loro opere sociali e pastorali. Così facendo correva gravi rischi…

“La parola gesuita era una parola proibita, gli Esercizi Spirituali e qualsiasi attività legata alla Compagnia erano vietati. Mama Antula dopo un anno di riflessione e discernimento decise di non obbedire agli ordini del re Carlo III e di Papa Clemente XIV e di riproporre gli Esercizi Spirituali per mantenere viva l’opera dei padri gesuiti. Il rischio era molto grande: la vita stessa. Trovò la complicità di un vescovo che le concesse il permesso di organizzare i ritiri. Riunì un gruppo di beghine e insieme intrapresero questa attività illegale e non permessa. Nonostante la diffidenza iniziale la gente cominciò a partecipare a questi ritiri che in poco tempo si diffusero non solo nella zona natia di Mama Antula ma anche nei territori vicini fino a Buenos Aires, la capitale del nuovo Vicereame del Rio de la Plata”.

In un contesto sociale caratterizzato da divisioni e da una forte crisi economica che provoca diseguaglianze e ingiustizie, che significato ha oggi per l’Argentina la canonizzazione di una connazionale.

“Mama Antula, alla pari dei fondatori della patria, è considerata madre spirituale della patria argentina. In una lettera del Santo Padre, ricevuta dalle autrici alla fine di dicembre 2023, il Pontefice ha affermato: ‘Questa canonizzazione farà molto bene al popolo argentino’. Una frase che contiene molta speranza e allo stesso tempo assume il valore di un regalo. Questa donna laica, sconosciuta o quasi in Argentina, diventerà la prima santa di un paese profondamente cattolico, con gravi problemi sociali, grandi disuguaglianze. La scelta di “donare” una figura che sempre si occupò degli ultimi, degli emarginati, di coloro che avevano bisogno di tutto, rende Mama Antula una figura attuale, necessaria e quindi modernissima, non solo per il suo paese d’origine ma per il mondo intero. La santa Mama Antula grazie anche al suo agire ribelle e fuori dai paradigmi dell’epoca, invita all’azione, a superare gli ostacoli formali, a non fermarsi di fronte ai problemi ma a trovare la soluzione con pazienza e perseveranza. Invita a non essere indifferenti, non girare il volto, ma camminare verso i propri fratelli, allungare la mano per sollevarli da terra ed accompagnarli affinché si fortifichino e possano a loro volta ripetere il gesto della santa argentina. Per l’Argentina sarà una ventata d’aria fresca e ristoratrice, sarà uno spunto di riflessione sulle disuguaglianze, sulla figura femminile e sull’importanza di una figura del passato cancellata dalla storia”.

Mama Antula è la prima santa Argentina. Durante i suoi primi mesi di pontificato papa Francesco canonizzò la prima santa colombiana, santa Laura Montoya. Definita “donna intrepida” anche lei sconvolse l’opinione pubblica per amore al Vangelo. Affrontò una società e una Chiesa chiuse e selettive per andare a evangelizzare, da donna laica, gli indios delle foreste colombiane. Laura e Antula portano un messaggio forte anche per le donne in questo tempo: rendersi protagoniste della missione evangelizzatrice al di là di ogni cliché e di ogni formalismo.

“Mama Antula è una donna laica, con un carattere indomito. Incarnò la spiritualità gesuita quando questa Congregazione subiva la più grande persecuzione della sua storia. Il suo coraggio e la sua caparbietà sono una testimonianza viva di quanto le donne, anche laiche, possono contribuire all’annuncio del Vangelo come dimostra anche la storia di santa Laura Montoya, anch’essa donna latinoamericana dal carattere intrepido, e di altre sante che sono vissute nel continente americano”.

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