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Ritorno nel Shael. “Giovani al centro” con il progetto-Burkina Faso

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L’area del Sahel è una delle aree più pericolose del mondo. Sono continui gli attacchi dell’Isis soprattutto inMali. Niger. Burkina Faso. Sahel senza pace, dunque. La pandemia ha messo in secondo piano un’emergenza mai superata: la violenza jihadista nell’Africa subsahariana. Il Movimento Shalom torna con un progetto nel Sahel colpito dal terrorismo.

Il Sahel in Africa

Sahel senza pace

A testimoniare l’impegno di pace è una delegazione di Shalom. Movimento solidale basato a San Miniato, in provincia di Pisa. Dopo due anni di stop forzato per la pandemia, l’organizzazione è tornata in Burkina Faso. Nel Sahel afflitto dal terrorismo jihadista. Luca Testi è il responsabile amministrativo. E Costanza Pacini è la responsabile della progettazione. Sono stati nei giorni scorsi a Ouagadougou. Un’iniziativa che rilancia il progetto “Giovani al centro“. La delegazione di Shalom ha potuto monitorare l’andamento delle attività in Burkina Faso negli ultimi due anni. A trasferta conclusa (per ragioni di sicurezza) l’associazione spiega che “il Paese da alcuni anni è afflitto dal terrorismo fondamentalista”.

Giovani al centro

Il progetto  “Giovani al centro” è finalizzato al rafforzamento degli enti territoriali. Nelle politiche di sostegno all’impiego delle nuove generazioni. Attraverso un insieme di attività di formazione di funzionari e di giovani. Con piano di attività a sostegno dell’imprenditorialità giovanile. In particolare ,nel territorio del quinto arrondissement di Ouagadougou. Il cui sindaco Jean Paul Moné è uno dei primi membri del Movimento Shalom in Burkina Faso. Qui è stato creato un centro per l’impiego. Sul modello del centro “Informagiovani” del comune di Ponsacco, in provincia di Pisa. Una struttura visitata a dicembre 2019. Aiuterà il comune a formare i giovani. E ad avvicinare le aziende locali ai giovani in cerca di occupazione. 40 donne e 41 ragazzi hanno ricevuto una formazione tecnica. Nella trasformazione degli alimenti. Nell’ edilizia e nella meccanica. 77 giovani, inoltre, hanno effettuato una formazione di base. Per la gestione di una attività commerciale o imprenditoriale. E 29 giovani hanno ricevuto beni e risorse. Per avviare 20 micro start-up.

Onu in difficoltà

In Burkina Faso negli ultimi due anni l’allarme-Isis è diventato emergenza. L’Unhcr (agenzia dell’Onu per i rifugiati) è bloccata. Anche i suoi partner incontrano drammatiche difficoltà nell’accedere alle popolazioni rifugiate e sfollate in Burkina Faso. Ciò a causa dell’insicurezza che attanaglia le regioni nordorientali del Paese. Il numero di sfollati cresce di pari passo con la recrudescenza di attacchi violenti perpetrati dai militanti nei confronti di militari e civili. In migliaia sono costretti alla fuga per salvarsi. Nel paese più insanguinato del Sahel è in atto da tempo una vera e propria caccia ai cristiani. I quali vengono colpiti durante processioni ed espressioni della loro fede. E perfino raggiunti nelle loro case e giustiziati”. Tragiche le testimonianze. Come quella del sacerdote don Roger Kologo.

Persecuzioni

Burkina Faso e in genere l’Africa subsahariana sono un fronte caldissimo del fondamentalismo islamico. Sacerdoti e suore sono stati assassinati. La fondazione pontificia Acs soccorre le vittime della tragica escalation di attacchi anticristiani iniziata dalla sua diocesi di Dori. Storie di martiri come il delegato della comunità di Essakane. Ucciso da terroristi islamici. Perché non aveva digiunato e pregato come loro (durante il mese del Ramadan. Nella diocesi di Ouahigouya questo tipo di esecuzioni sono ancor più numerose. Nei villaggi caduti ormai nella più totale insicurezza, i cristiani sono obiettivi chiaramente identificati. E vengono uccisi per la loro fede. Anche il missionario salesiano spagnolo don César Fernandez è stato ucciso al confine con il Togo. Stessa sorte ai musulmani che si erano opposti alla violenza terroristica.

Scorte alimentari

Nei villaggi gli estremisti spesso reclutano con la forza i cittadini maschi sotto la minaccia delle armi. Uccidendo quanti oppongono resistenza. All’interno dei campi (come quello di  Mentao) i rifugiati vivono nella paura. Viene ostacolata anche la distribuzione degli aiuti. Comprese le scorte alimentari. Da due anni  tutte le 13 regioni del Burkina Faso accolgono persone in fuga dalle violenze. La regione del Centro-Nord accoglie il numero più esteso (soprattutto nella sola provincia di Sanmatenga). Seguita dalla regione del Sahel (principalmente nella provincia di Soum).

 

 

 

Giacomo Galeazzi: