“La pace forma le coscienze, la responsabilità, spinge alla realizzazione di una vigilanza attiva per difendere i più deboli, ma sempre in modo nonviolento. Certamente è un antidoto alla globalizzazione dell’indifferenza”. E’ quanto afferma Giovanni Paolo Ramonda, responsabile della Comunità Papa Giovanni XXIII fondata dal Servo di Dio don Oreste Benzi.
La proposta del Ministero della Pace
La rimozione delle cause che provocano le ingiustizie e l’impegno per la costruzione della pace sono due delle costanti che hanno caratterizzato la vita di don Oreste Benzi. Nella sua instancabile azione di pace ha espresso con forza la sua contrarietà alla guerra, al commercio di armi e agli eserciti. Nel 2001, in una lettera all’allora presidente del Consiglio, don Oreste scriveva: “Condividendo direttamente la vita degli handicappati, dei tossicodipendenti, dei minori senza famiglia, cerchiamo di far arrivare la loro voce ovunque, specialmente a chi ha il potere di liberare ed opprimere. (…) Di tanti ministeri esistenti, avrei voluto che lei ne avesse aggiunto un altro: il Ministero della Pace. Da quando l’uomo esiste ha sempre organizzato la guerra. È arrivata l’ora di organizzare la pace. Questo ministero dovrebbe coordinare una politica di pace di tutti i ministeri esistenti; un ministero trasversale per organizzare la pace”.
L’attualità e l’urgenza del Ministero della pace
L’istituzione e la nomina di un Ministero della pace è oggi più che mai urgente e attuale. Lo dimostrano i tanti conflitti che insanguinano la nostra terra e la guerra che sta martoriando l’Ucraina in seguito all’invasione russa dello scorso 24 febbraio. Per approfondire l’argomento e capire cosa e come potrebbe fare il Ministero della pace se il governo italiano decidesse di istituirlo, Interris.it ha intervistato il responsabile della Comunità Papa Giovanni XXIII, Giovanni Paolo Ramonda.
Da anni, la comunità Papa Giovanni chiede ai governi l’istituzioni di un Ministero della pace. Un tema più che mai attuale in questo periodo…
“Purtroppo è vero e direi che è quanto mai necessario. Abbiamo fatto più volte questa richiesta ai governi italiani e anche all’Onu nella sua sede di Ginevra, motivando la visione preventiva di un dialogo che sarebbe dovuto partire dalla base, dalla società, dal mondo della scuola e quello del lavoro per poi arrivare alle istituzioni e alla politica. Riconoscere la necessità di istituire un Ministero della pace vuol dire riconoscere il bisogno di costruire rapporti sociali, economici, territoriali sul dialogo, non sulla forza delle armi, sul diritto di prevalere sugli altri. Abbiamo proposto l’attuazione di questa iniziativa anche nei Comuni, affinché scegliessero di dotarsi di un assessorato della pace. E’ un modo di porsi diverso da quello che comunemente viene scelto: di partecipazione, di creatività, che parte dalla nonviolenza. Questo Ministero è in piena linea con quanto afferma Papa Francesco: ‘La guerra è una follia’. Solo la pace può dare una risposta profonda e concreta ai bisogni delle persone e dei popoli”.
Don Oreste Benzi diceva: “Da quando l’uomo esiste ha sempre organizzato la guerra. E’ ora di organizzare la pace”. Come mettere in pratica queste sue parole?
“La pace si organizza partendo dal dirottare le risorse investite per produrre e acquistare armi – parliamo di miliardi euro – in fondi che siano spesi nella sanità, per consentire a tutti di accedere all’acqua potabile e al cibo, investendo in energia pulita. La pace si costruisce facendo una scelta culturale, di fraternità, di riconoscersi figli di uno stesso padre. Devono essere compiute scelte di giustizia, di destinazione di beni per far fronte alle reali necessità delle popolazioni”.
Abbiamo visto come una scelta di questo tipo sia possibile. Possiamo prendere ad esempio la decisione della Repubblica di San Marino che ha ha promulgato la legge 2 dicembre 2021 n. 194 che prevede l’istituzione di un corpo civile di pace. Organizzare la pace è quindi possibile?
“Questa è un’ottima scelta che dimostra come chi ha la responsabilità di governare può prendere decisioni che influiscano sulla società e anche sulle coscienze dei giovani. Basta volerlo. Come Comunità Papa Giovanni XXIII sperimentiamo da diversi anni l’esperienza dei corpi civili di pace, ad esempio in Colombia dove siamo attivi da oltre 20 anni. I nostri giovani sono delle forze interposte tra i due poli che si combattono per mettersi a disposizione e favorire il dialogo. I giovani recepiscono molto questo linguaggio, meritano che i loro governanti li ‘utilizzino’ come operatori di pace, non essere mandati al massacro”.
Quali obiettivi potrebbe perseguire il Ministero della Pace se fosse istituito nel nostro Paese?
“Prima di tutto dovrebbe favorire l’educazione alla pace, questo a partire dalla scuola, poi dovrebbe riconvertire le fabbriche di armi e investire in una politica che abbia come scopo la costruzione della pace e del bene comune, per realizzare quei mondi vitali nuovi oggi così necessari, soprattutto in seguito alla crisi pandemica e alla crisi energetica”.
La pace è molto più dell’assenza di guerra. Può essere la pace l’antidoto alla globalizzazione dell’indifferenza?
“La pace forma le coscienze, la responsabilità, spinge alla realizzazione di una vigilanza attiva per difendere i più deboli, ma sempre in modo nonviolento. Certamente è un antidoto alla globalizzazione dell’indifferenza”.