La pesca sostenibile è di fondamentale importanza per garantire la conservazione delle risorse marine e il sostentamento delle comunità costiere, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo. In particolare, la stessa, contribuisce a mantenere l’equilibrio degli ecosistemi marini, evitando l’esaurimento delle specie ittiche. Inoltre, l’inclusione delle comunità locali nei processi decisionali e nelle attività di pesca è essenziale per promuovere uno sviluppo equo e sostenibile. Questo approccio integrativo quindi, non solo migliora la qualità della vita dei pescatori, ma rinforza anche il tessuto sociale, creando opportunità economiche e favorendo la conservazione ambientale nell’ambito della cosiddetta “blue economy”.
Il progetto “Ecos”
In Kenya, su questo versante, nel distretto di Kilifi, si sta realizzando il progetto “ECOS”, acronimo di “Economia blu ed ecosistema Costiero Opportunità di Sviluppo sostenibile”, finanziato da AICS -Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo e realizzato in collaborazione con CAST, Aleimar, Università di Camerino, Università di Bologna e il Dipartimento dell’Agricoltura, dello Sviluppo e dell’Allevamento e della Pesca di Kilifi. Interris.it, in merito a tale progettualità, ha intervistato il professor Alberto Felici, direttore del Master Management Aree e Risorse Acquatiche Costiere (MARAC) dell’Università di Camerino.
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L’intervista
Professor Felici, come nasce il progetto “Ecos”?
“Il progetto ‘Ecos’ ha preso avvio dalla tesi di una mia studentessa riguardante lo sviluppo della blue economy in Kenya, nell’ambito del Master in Management Aree e Risorse Acquatiche Costiere”.
In che modo, attraverso questa attività progettuale, si promuove l’inclusione lavorativa nei distretti ittici del Kenya?
“Questo progetto, nel corso degli anni, è stato portato avanti e finalizzato da diverse realtà, con l’obiettivo di promuovere, nei diversi distretti ittici della regione di Kilifi, il maggiore coinvolgimento delle donne nella lavorazione, nella commercializzazione e nel pescaturismo. Inoltre, è previsto l’inserimento in queste filiere di alcune persone con disabilità sensoriale”.
In che modo, in base alla sua esperienza, la “blue conomy”, può favorire la sostenibilità a 360 gradi e la tutela dell’ambiente?
“La ‘blue economy’, se ben fatta, può sostenere sia la tutela dell’ambiente che quella occupazionale. Il giusto coinvolgimento di tutte le figure professionali, maschili e femminili, può essere realizzata attraverso una gestione più oculata delle risorse, con un minor sfruttamento e mediante un passaggio da attività di pesca a larga scala a quelle della piccola pesca costiera, legandole maggiormente al turismo. Ciò può dare una caratura ulteriore che, per quelle zone, è fondamentale e permette alle persone di lavorare meno e meglio. Questo conferisce al prodotto ittico il giusto prezzo, rende possibile il coinvolgimento di tutti e presta più attenzione ai risvolti sociali di tale settore. Nello specifico, il nostro ruolo, è quello di svolgere attività di formazione nei confronti dei funzionari del ministero della Pesca del Kenya, assistendoli nelle loro interazioni con i pescatori e con le filiere ittiche, al fine di farle aggregare e avere così una gestione unitaria della costa. Stiamo facendo comprendere loro che, il coinvolgimento delle persone con disabilità e delle donne in questo ambito, è fondamentale per creare una società più inclusiva. Tutto ciò, anche nel settore ittico, se fatto seriamente, conferisce un valore più elevato al pesce sui mercati europei e permette diverse possibilità di accesso allo stesso”.
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Quali sono i suoi desideri per il futuro del progetto?
“Il progetto in atto, nel giro di un anno, volgerà al termine e si sta autosostenendo. Auspico che, il modello che stiamo attuando, possa essere promosso e replicato a diverse latitudini al fine di favorire sempre di più l’inclusione delle persone e la sostenibilità della pesca, dando un concreto aiuto. Così facendo, si potrà fare il modo che, i fondi per la pesca, vadano in misura sempre maggiore a coloro che hanno più bisogno”.