“Nessun posto è bello come casa”. Qualunque e dovunque essa sia. C’era voluto un viaggio magico per convincere la giovane Dorothy Gale, protagonista de “Il mago di Oz”, a vedere con occhi nuovi la sua semplice fattoria del Kansas. Per altri, l’esperienza di vita è decisamente più complessa e, spesso, basta la semplice constatazione dei fatti per immaginare quanto beneficiare di un contesto domestico possa essere fondamentale. Un concetto alla base del Condominio Sociale “multitarget” realizzato da Progetto Arca, nell’ottica di un housing particolare, incentrato non sull’assistenzialismo ma su un vero e proprio percorso di accompagnamento alla gestione di un patrimonio immobiliare.
Housing e progetti di vita
Aperto nel cuore di Milano, “capitale” del caro affitti ma, al tempo stesso, contesto urbano favorevole a progetti di bilanciamento tra mercato immobiliare e lavoro, l’immobile dà alloggio a un diversificato target di ospiti – dalle famiglie numerose ai genitori single, da giovani coppie a persone fragili in contesti di povertà -, da guidare progressivamente al passo più importante della loro vita: l’acquisto di una casa tutta loro. Un percorso che, come raccontato a Interris.it da Alberto Sinigallia, presidente di Fondazione Progetto Arca, è anche un’esperienza di vita.
Presidente Sinigallia, l’acquisto o la semplice fruizione di un bene immobile assume spesso contorni proibitivi. Da qui nasce l’esperienza del Condominio Sociale?
“La Fondazione Progetto Arca nasce trent’anni fa, si occupa di persone senza fissa dimora, perlopiù nelle stazioni, e dei beni di prima necessità. Con il tempo, abbiamo visto che il lavoro e la casa sono le due colonne per il reinserimento sociale. Il progetto housing nasce diversi anni fa: in questo momento abbiamo 140 case su Milano, ma anche Roma, Genova e Napoli. Collaboriamo con la Fiops, che ha promosso in Italia l’housing first, progetto anglosassone nato in America e sviluppato in Nord Europa, la cui filosofia è “la casa prima di tutto”. La casa non è quindi un punto di arrivo ma di partenza. Le persone che hanno necessità di integrazione, da subito si aiutano con una casa dignitosa, siti in una zona servita dai mezzi pubblici. Nel caso di Viale Bodio, si tratta di appartamenti ristrutturati, con classe A+ e arredamenti di qualità, donati da Maison du monde”.
Assieme alla soluzione abitativa si punta, però, anche sulla cura delle relazioni sociali…
“Crediamo che l’uomo sia una cassa di risonanza: più siamo in un contesto di serenità, più in noi risuona bellezza. Molto importante è anche la facilità di colloquiare con altre persone: in questo condominio vi è un mix importante, dalla famiglia numerosa al padre separato. Per loro ci sono a disposizione degli spazi comuni per far sì che l’integrazione sia efficace, veloce e in grado di sviluppare un mutuo-aiuto”.
Qual è l’obiettivo finale?
“Non quello di concedere una casa per tutta la vita ma per un anno o due, a seconda del nucleo familiare e delle possibilità lavorative. Ci piacerebbe portare i nostri fruitori all’acquisto di un immobile, con l’aiuto di una figura fondamentale, come quella dell’educatore finanziario, a gestire al meglio le entrate e le uscite, affinché vi sia un risparmio che permetta di pagare non un affitto ma un mutuo. Alcune giovani coppie sono riuscite, ad esempio, a ottenere rate estremamente favorevoli. Inoltre, vicino al condominio, c’è il social market gratuito per le persone che hanno casa ma che non riescono ad arrivare a fine mese, per far sì che non cadano nello sfratto esecutivo per morosità incolpevole”.
Accade spesso?
“A Milano ci sono 300 sfratti esecutivi al mese, in Italia 33 mila all’anno. Il fattore casa, nei prossimi anni, è veramente un’emergenza. Dieci appartamenti sono una goccia nel mare ma, come diceva Madre Teresa, l’oceano è fatto di gocce”.
Si cerca quindi di andare oltre la mera logica dell’assistenza, creando piuttosto i presupposti per la formazione di cittadini da reinserire, pienamente autonomi, nel contesto sociale…
“Sì, chiediamo un contributo spese di 400 euro proprio per abituare le persone a non vivere in gratuità. Il problema maggiore dell’housing, infatti, è convincerle a uscire da un contesto gratuito. Con questi soldi, invece, possiamo aiutarli a pagare un notaio, ad esempio. Inoltre, abbiamo un accordo con Banca Etica, alla quale diamo una garanzia affinché, qualora non vengano pagate delle rate, ci sia per noi la possibilità di intervenire. Abbiamo inoltre degli operatori immobiliari che aiutano i fruitori dell’housing a trovare appartamenti idonei. Chiaramente, questo presuppone un minimo di autosufficienze economica data da attività lavorativa. L’housing gratuito è riservato a coloro che non hanno reddito”.
Abbiamo parlato di giovani… Di recente sono stati promossi degli incentivi per incoraggiarli all’acquisto di una casa. Anche loro fanno parte del vostro target?
“Pochi giorni fa è entrata una coppia di giovani che hanno appena iniziato a lavorare. Per loro è stata un’occasione, poiché trasferirsi a Milano avrebbe certamente significato, per loro, spendere tutto in affitto”.
Accanto alla necessità abitativa, si pone spesso la problematica dell’accettazione del proprio stato di bisogno. Il progetto cura dei percorsi di sostegno?
“Assolutamente. Abbiamo un’equipe multidisciplinare, che prevede uno psicologo ma, soprattutto, un educatore finanziario, cruciale nella fase di recupero della propria finanza familiare e per capire come meglio indirizzare le proprie risorse. Anche per avere un’idea più precisa sulla fattibilità o meno dell’acquisto di una casa”.
Anche un contributo ridotto, in termini di spese, presuppone un minimo di autosufficienza finanziaria. Al netto delle criticità occupazionali, come si risolve il problema di rendere i vostri ospiti “mutuabili”?
“La svolta è stata l’accordo con Banca Etica. Queste persone, infatti, non sono mutuabili e, spesso, non riescono nemmeno a ottenere un affitto. Noi, come garanti per Banca Etica, abbiamo concesso di fatto un’opportunità di uscita dall’housing. Anche per questo abbiamo creato, otto anni fa, il progetto Mirasole, un’impresa sociale che fa formazione lavorativa e inserimento”.
Le viene in mente un’esperienza in particolare?
“La vicenda di due gemelli egiziani, arrivati minorenni nel 2017 come migranti e inizialmente ospitati presso un centro per minori non accompagnati. Loro hanno fatto tutto il percorso, trovando lavoro e, due anni fa, hanno comprato casa ottenendo una rata di 500 euro al mese. Uno dei due si è sposato e aspetta un figlio, andrà in questo co-housing nell’attesa di ricomprarsi casa con sua moglie. E presto anche il fratello potrà compiere questo passo”.
Il generale impoverimento che ha seguito la pandemia ha diversificato il vostro target?
“È aumentato sicuramente, soprattutto al Sud. Da un giorno all’altro, famiglie intere si sono trovate senza lavoro, in situazioni di povertà assoluta. In generale, c’è stato un impoverimento anche in virtù dei rincari sulle spese ordinarie, dalla spesa alimentare agli affitti, fino al carburante. Anche tra i senza fissa dimora si è registrato un aumento”.
Raggiunta un’autonomia economica ben consolidata e conclusa l’esperienza dell’housing, Progetto Arca continua a seguire i percorsi di vita degli ex ospiti?
“Sì, i nostri esperti e volontari seguono gli ospiti anche successivamente al raggiungimento della loro autonomia. Alcuni sono diventati volontari a loro volta, altri ancora addirittura dipendenti di Progetto Arca”.