La dignitĆ del malato, quale persona umana, ĆØ un valore fondamentale dellāassistenza ospedaliera ad ogni livello di cura. Per questo motivo, oltre alla presa in carico delle diverse patologie, occorre avere attenzione anche per il contesto sociale e gli aspetti psicologici che il paziente deve affrontare con lāinsorgere della malattia.
La Giornata mondiale del Malato
Lā11 febbraio si celebra la Giornata Mondiale del Malato, creata nel 1992 da Giovanni Paolo II con lāintento di formulare una particolare preghiera per quanti stanno soffrendo a causa di una malattia. Per questāanno, il tema scelto dal Santo Padre, ĆØ lāavere cura. Interris.it, in merito al significato piĆ¹ profondo di questo giorno, ha intervistato il professor Stefano Ojetti,Ā segretario nazionale dellāAmci, lāAssociazione Medici Cattolici Italiani che, dal 1944, promuove la formazione morale, scientifica e professionale dei medici, ispirandosi ai principi della Dottrina Cattolica e nel rispetto del Magistero della Chiesa.
L’intervista
Per la giornata del malato 2023, Papa Francesco ha scelto come tema “Abbi cura di lui. La compassione come esercizio sinodale di guarigione”. PerchĆ© il Pontefice ci invita ad avere compassione dei malati? Che cosa significa avere compassione?
āAbbi cura di luiā questo tema scelto da Papa Francesco per celebrare la giornata del malato, ci ricorda la parabola del Buon Samaritano dove attraverso le sei espressioni contenute nel vangelo di Luca: āLo vide – Ne ebbe compassione ā Gli si fece vicino ā Gli fasciĆ² le ferite ā Lo portĆ² ad una locanda ā Si prese cura di lui, ĆØ racchiuso tutto quello che dovrebbe essere lāatteggiamento di cura del medico nei confronti del sofferente. Specificatamente nel testo evangelico leggiamo āNe ebbe compassioneā. Nel malato cāĆØ il bisogno della compassione, āCum Passioā che etimologicamente ĆØ āsoffrire insiemeā. Significa per il medico entrare in sintonia con lo stato dāanimo del paziente, evocando il proprio sentimento piĆ¹ profondo che tende a cogliere e condividere la sua sofferenza, essere per lui una spalla, un sostegno attraverso cui possa sentirsi ascoltato, accolto e accettato.
Come si esercita quello che Papa Francesco ha definito “l’esercizio di fraternitĆ ” verso i malati, soprattutto nel versante delle cure palliative?
Mi ha molto colpito la scritta che ĆØ sul portale dell’Hotel Dieu, il piĆ¹ antico ospedale di Parigi, che testualmente dice: āSe sei malato vieni e ti guarirĆ², se non potrĆ² guarirti ti curerĆ², se non potrĆ² curarti ti consolerĆ²ā. Ć vero, infatti, che non tutte le malattie sono guaribili, ma tutte sono curabili. A tal proposito, una grande conquista della medicina degli ultimi anni nel nostro paese, riguarda lāaccesso alle cure palliative per ogni tipo di sofferenza, normata dalla Legge n. 38 del 2010. Il poter accedere alle cure palliative, che hanno il compito di alleviare le sofferenze del malato grave, potrĆ ridurre in maniera significativa le eventuali future richieste eutanasiche. Essenzialmente le cure palliative tendono ad assicurare al paziente: l’idratazione, il controllo del dolore, la ventilazione, l’igiene della persona, elemento spesso trascurato, ma che assicura al sofferente il sollievo, la dignitĆ ed il rispetto del proprio corpo. Purtroppo, su questo versante cāĆØ ancora molto da fare, basti pensare infatti che attualmente in Italia sono solamente 303 gli Hospice con circa 785 medici a fronte dei 2400 che dovrebbero prestare assistenza; nel prossimo decennio sono previsti perĆ² 3550 medici in quanto dallāautunno del 2022 sono state aperte le prime scuole di specializzazione in cure palliative.
In che modo, dal punto di vista medico, si puĆ² fare propria la fragilitĆ dei malati?
Quanto occorre allora stare attenti nel colloquio col malato, a non parlare con faciloneria o con superficialitĆ ! Anche il silenzio alcune volte puĆ² essere una medicina, mentre chi parla troppo prematuramente, puĆ² ferire ancor piĆ¹. Ma il morente non ha solo bisogno di essere ascoltato, vorrebbe porre delle domande sul senso della vita e della morte, sul perchĆ© della sofferenza fisica, della sua agonia che a volte si protrae troppo.Ā Allora il malato spesso esce dalla sua solitudine, dal suo silenzio, parla delle sue paure, paura di non saper gestire la propria morte, perchĆ© siamo troppo abituati a programmare tutto e siamo impreparati allāimprevedibile.
In riguardo al prossimo futuro, secondo lei, in che modo ci si potrĆ far carico delle fragilitĆ sanitarie e sociali emergenti, come ad esempio l’aumento del numero degli anziani e delle patologie correlate alla Terza EtĆ ?
āPotrei rispondere alla sua domanda molto semplicemente e cioĆØ, portando avanti quei valori etici per i quali combattiamo da sempre in prima linea. Mi riferisco ad esempio alla medicina diseguale che purtroppo regna nel nostro Paese e fa sƬ che ad oggi, sono quasi cinque i milioni di cittadini che vivono in assoluta povertĆ e che quindi con difficoltĆ hanno accesso alle cure. Ć nostro compito di medici quindi, e ancor piĆ¹ se cattolici, intervenire soprattutto nel campo delle fragilitĆ ; mi riferisco in particolar modo ai minori, alle ragazze madri che spesso per necessitĆ economiche pensano allāaborto, ai disabili fisici e intellettivi, ai malati terminali, agli anziani, agli immigrati, ai cronici. Fare il medico non ĆØ soltanto prendere una laurea in medicina o una specializzazione, ma ĆØ una forma mentis, un habitus comportamentale, una preparazione che coinvolge totalmente il professionista. Non si tratta solo di fare diagnosi o prescrivere una adeguata terapia, ma ĆØ farsi carico dellāaltro cercando di penetrare con discrezione nel suo vissuto, di trasferire la propria scienza e agire con coscienza verso il sofferente, capirne i timori, donargli speranza migliorando la sua condizione di sofferenza, fargli capire che tu sei con lui e che il tuo non ĆØ un semplice rapporto professionale ma qualcosa di piĆ¹ profondo. Cercare quindi, non solo di curare la malattia ma āprendersi curaā della persona che ĆØ molto di piĆ¹. Care to care ā prendersi cura ā ĆØ cosa diversa dal semplice curare, significa certamente alleviare il dolore fisico ma anche quello morale che inevitabilmente si accompagna al calvario della malattia.ā