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Professor Morrone: “Diagnosi precoce e servizi sanitari per tutti per abbattere la diffusione della tubercolosi”

Il 24 marzo del 1882 il medico e microbiologo tedesco Robert Koch, direttore dell’ufficio imperiale di igiene a Berlino, scoprì il bacillo che causa la tubercolosi, poi venne chiamato “bacillo di Koch”, aprendo la via alla diagnosi e alla cura di questa malattia. Un lavoro che valse al batteriologo il premio Nobel nel 1905. E proprio la data del 24 marzo è stata scelta per istituire la Giornata mondiale delle tubercolosi, un’iniziativa volta a sensibilizzare l’opinione pubblica su questa patologia che rientra fra quelle che sono state ribattezzate three big killers, insieme a malaria e virus dell’Hiv.

Il tema di questa edizione della Giornata “Investire per porre fine alla tubercolosi. Save Lives”, in un contesto più critico e che richiede interventi ancora più urgenti per via della pandemia di Coronavirus, che ha messo a rischio i progressi per il contrasto alla malattia e per garantire un accesso equo alla prevenzione e all’assistenza, verso il raggiungimento della copertura sanitaria universale.

Una malattia antica

“La tubercolosi è la più antica malattia fino a oggi osservata e studiata, dato che sono state trovate tracce di tubercolosi ossea in alcuni resti di risalenti a novemila anni fa”, spiega, intervistato da Interris.it, il professor Aldo Morrone, direttore scientifico dell’Irccs “Santa Maria e San Gallicano” di Roma. “Questa malattia circolava soprattutto tra i bovini e il primo ‘salto di specie’ sarebbe infatti avvenuto quando l’uomo ha cominciato a vivere in gruppo e ad allevare animali. Si tratta di una malattia polmonare molto contagiosa, che si nasconde nelle caverne polmonari, e si trasmette alle vie aeree con uno starnuto o un colpo di tosse. Si sono purtroppo sviluppate anche delle forme resistenti agli antibiotici, la Mdr-Tb e la Xdr-Tb. E la tubercolosi, la malattia dei poveri, oltre ad essere studiata, è stata anche argomento di tanta letteratura”.

La malattia

La tubercolosi è una delle malattie infettive – prevenibile e curabile, dal 2000 sono state salvate 66 milioni di vite – più letali e ogni giorno, secondo l’Organizzazione mondiale della Sanità, quasi 28mila persone si ammalano e circa 4.100 perdono la vita. Molte delle persone che la contraggono vivono in Paesi di medio e basso reddito, tra cui India, Sud Africa, Bangladesh, Indonesia. Si stima che nel 2020 oltre 9,9 milioni di persone si sono ammalate di tubercolosi, di cui diagnosticati e segnalati 5,8 milioni (-18% sul 2019) e oltre 1,5 milioni sono morte – per la prima volta in oltre un decennio, nel 2020 i decessi per tubercolosi sono aumentati, riferisce l’Oms, a causa di un minor accesso alle cure. Questo mentre la spesa globale per la diagnostica, le cure e la prevenzione della tubercolosi nel primo anno di pandemia era meno della metà dell’obiettivo globale di 13 miliardi di dollari all’anno entro il 2022.

L’impatto della pandemia

Secondo il Global Tuberculosis Report 2021 dell’Oms, le notifiche di casi sono crollate a causa delle interruzioni dei servizi sanitari legate alla pandemia di Covid. Si sono registrate inoltre una riduzione del 15% del numero di persone trattate per la tubercolosi resistente ai farmaci, una diminuzione del 21% di coloro che ricevono un trattamento preventivo per l’infezione e una diminuzione della spesa globale per il contrasto a questa patologia tra il 2019 e il 2020. E l’emergere della variante Omicron rappresenta inoltre una nuova minaccia.

I bambini

Nel 2020, secondo l’Oms, si stima che il 63% dei bambini e dei giovani adolescenti al di sotto dei 15 anni affetti da tubercolosi non sia stato raggiunto o non abbia ufficialmente avuto accesso a servizi di diagnosi e cura della tubercolosi salvavita. Una percentuale ancora maggiore quella dei bambini sotto i 5 anni, il 72%.

L’intervista

Professore, quali sono i sintomi di questa malattia e come si trasmette?

“I sintomi della tubercolosi polmonare, che possono essere molto leggeri per diverso tempo, sono tosse, dolore toracico, sudorazione notturna, perdita di peso, espettorato tinto di sangue. Le forme extrapolmonari possono interessare la pelle, i reni e le ossa. Da 40 anni lavoro in Africa e lì circolano forme che non si vedono più in Occidente, a causa denutrizione e della diffusione di virus. Molti bambini si ammalano di ostiomielite tubercolare, che significa distruzione della ossa e guarigione praticamente impossibile”.

La tubercolosi è una patologia di che colpisce maggiormente gli ultimi e i più vulnerabili della società e del mondo?

“Oggi interessa soprattutto le persone più povere e quelle colpite dall’infezione da Hiv, con le difese immunitarie più basse. Ogni anno nel mondo si infetta un miliardo e mezzo di persone, a causa di denutrizione e condizioni igienico-sanitarie scarse, e dieci milioni di contagiati sviluppano la malattia. La tubercolosi è presente ovunque ma soprattutto in 30 Paesi ad alta incidenza, che si trovano prevalentemente nella regione del Pacifico occidentale, in Asia e in Africa, dove si registrano il 25-30% dei nuovi casi annui. Nei paesi con alta endemia interessa più la fascia dei giovani adulti, mentre in Africa circola molto tra i bambini”.

Qual è la situazione in Italia?

“Nei Paesi a bassa incidenza ogni anno si registrano non più di 4mila/4.500 nuovi casi ogni anno e possiamo dire che il nostro ha ‘sconfitto’ la malattia. L’Italia ha lavorato molto per contrastare la tubercolosi. Negli anni Settanta i servizi antitubercolari furono addirittura chiusi, per poi confluire nei servivi di igiene e prevenzione delle malattie infettive, anche se poi c’è stato un aumento dei casi con la comparsa del virus dell’Hiv. Nel 2021 si sono registrati non più 60/70 casi di tubercolosi multiresistente”.

In che modo si può fare prevenzione e curare questa patologia?

“A partire dal secondo dopoguerra sono stati prodotti e utilizzati numerosi farmaci, mentre il vaccino contro la tubercolosi invece risale a circa un secolo fa e dà un buon contribuito, anche se non è particolarmente efficace. Già dagli anni Cinquanta la terapia antibiotica ha soppiantato quella chirurgica, lo pneumotorace terapeutico. Questo veniva praticato per esempio all’ospedale romano Forlanini, costruito a metà anni Trenta quando allora le uniche terapie erano un’alimentazione corretta e l’esposizione moderata al sole”.

In cosa bisogna investire per rilanciare la ricerca su questa malattia e i progressi diagnostici?

“Nei Paesi impoveriti occorre creare dei centri sanitari e servizi gratuiti aperti a tutti e servono inoltre  dei grandi piani per la diagnosi precoce di tubercolosi, malaria, Hiv e Covid per poter curare, trattare e guarire i pazienti, in modo da abbattere la diffusione del contagio. Bisogna restituire ai poveri la dignità e il diritto alla salute”.

Che impatto ha avuto la pandemia di Covid sul contrasto a questa malattia?

“Un effetto sciagurato che purtroppo vedremo negli anni a venire. Molti paesi nel mondo sono dovuti ricorrere a misure come  lockdown e questo ha reso molto difficile o impossibile per molte persone affette da questa patologia farsi curare nei centri. Per via delle mancate diagnosi e dei mancati trattamenti si è avuto un aumento dei casi, dei decessi e delle forme multiresistenti. Questo perché la terapia deve essere regolare, altrimenti si formano delle varianti resistenti che la rendono non più efficace”.

Lorenzo Cipolla: