Sulle orme di Sant’Ignazio di Loyola: Jorge Mario Bergoglio e il dialogo con il mondo contemporaneo. “Non è il mettersi d’accordo fingendo di ignorare le differenze. È il riconoscimento, da sempre praticato dai Gesuiti, della complessità civile ed etica del contesto mondano, con la necessità di accompagnarlo nelle sue valutazioni- spiega a Interris.it il filosofo Massimo Cacciari. Ciò non significa cedere ai princìpi e ai comportamenti mondani. Bensì riconoscere la realtà e muoversi al suo interno per cambiarla”.
Dialogo e teoretica
Il professor Massimo Cacciari, diventa nel 1985 ordinario di Estetica all’Università di Venezia. Direttore del Dipartimento di Filosofia dell’Accademia di Architettura di Lugano dal 1998 al 2005. Nel 2002 fonda con don Luigi Verzè la Facoltà di Filosofia all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, di cui è il primo preside. Dal 2012 è docente di Filosofia nello stesso Ateneo. Ha tenuto lezioni, corsi e conferenze in numerose università e istituzioni europee. Numerosi i riconoscimenti. Premi internazionali. Come “Hannah Arendt” per la filosofia politica. “Circulo de bellas Artes“, “Pio Manzù”. “De Sanctis” per la saggistica. E lauree honoris causa come quella in Filologia classica dell’Alma Mater di Bologna.
Tra Sarajevo e Siracusa
Il filosofo Massimo Cacciari è cittadino onorario di Sarajevo, per la sua azione politica e culturale durante la guerra e l’assedio della città bosniaca. E di Siracusa, per i suoi lavori su Platone e il Neoplatonismo. E’ stato co-fondatore e co-direttore di alcune delle riviste che hanno segnato la vita politica, culturale e filosofica italiana tra gli anni ’60 e ’90. Da “Angelus Novus” a “Contropiano”. Da “Laboratorio politico” al “Centauro”, a “Paradosso”. Molte sue pubblicazioni di teoretica sono state tradotte all’estero.
La lezione dei Gesuiti
La Chiesa di Francesco, secondo il professor Cacciari, non si confonde con l’etica mondana. Ma si colloca al suo interno per influenzarla da dentro. “La linea di Jorge Bergoglio è chiaramente la stessa applicata sempre e ovunque dai Gesuiti- evidenzia a Interris.it il filosofo-. In Sud America, Cina, India. Nei secoli, questa strategia è stata politicamente avversata non solo dai reazionari. Ma anche dai radicali come Giansenio e Pascal. Per i quali il Vangelo deve essere una spada nel mondo. E il discorso cristiano deve essere netto: o sì o no. Francesco è coerentemente un gesuita, nella sua accezione più nobile. Quella di Bergoglio, come è emerso anche nei due Sinodi dei vescovi sulla famiglia, è una linea che nella storia ecclesiastica ha conosciuto radicali opposizioni. È un dissidio fondamentale che non si potrà evolvere. Non è un patteggiamento intermedio“.
Trasformazioni etiche
Sostiene il professor Cacciari: “La Chiesa di Francesco comprende la situazione etica del mondo contemporaneo. Ma si mette dentro. Non la combatte come avversario dall’esterno. È sempre stato l’approccio dei Gesuiti, in ogni epoca e nazione. Chi oggi non condivide la sua presa d’atto delle odierne trasformazioni etiche e comportamentali, accusa il Papa di cedimento, di resa al mondo moderno. Ma il modello di Francesco è la comprensione ignaziana della contemporaneità. Non è tatticismo politico, come pensano i nemici interni di Bergoglio. Bensì viene dalla grande mistica umanistica. Sant’Ignazio si rapportava alla lezione di Erasmo da Rotterdam e venerava san Francesco. Jorge Mario Bergoglio non ha scelto il nome del santo di Assisi per arruffianarsi il moderno ecologismo“.
Conoscere la storia
Secondo il professor Massimo Cacciari, “prima di attaccare Bergoglio “bisognerebbe conoscere un po’ di storia. Il metodo seguito dal papa gesuita, infatti, consiste nello sciogliere piano piano tutti i nodi, lentamente, in una prospettiva di millenni. La riforma della Chiesa terminerà solo con la fine dei tempi, alla conclusione della storia. Francesco fa muovere la Chiesa su questa prospettiva. La pazienza è virtù raccomandata dai padri della Chiesa, insieme con un’obbedienza non passiva e servile, bensì consapevole che la Chiesa ha tutto il tempo per formare i fedeli all’ascolto. Si può giudicare il pontificato solo da questa prospettiva“.
Il contributo di Ratzinger
Non meno incisivo l’apporto di Benedetto XVI al dialogo tra la Chiesa e il mondo contemporaneo. “I contributi più ragguardevoli alla teologia di Joseph Ratzinger vanno cercati nei suoi studi sull’ecumenismo. Sul dialogo interreligioso. Sulla posizione del cristianesimo nel mondo contemporaneo. Tuttavia, a me (filosofo) ciò che ha maggiormente interessato riguarda la sua ripresa dell’analogia entis tomista. Per affrontare il problema del rapporto tra ragione e fede”, osserva a Interris.it Massimo Cacciari, eletto due volte sindaco di Venezia e professore emerito di Estetica all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano. Si tratta di “un ripensamento niente affatto dommatico, inquieto, aperto, pieno di considerazione per le ragioni di chi intende la relazione stessa come una radicale differenza. Nella famosa prolusione di Bonn del 1959, Un contributo al problema della theologia naturalis, sono già chiare le linee fondamentali del suo pensiero”.
Presupposto
Prosegue Cacciari: “Io non penso affatto che la conciliazione possa trovarsi semplicemente nel trasporre das Absolute, l’Assoluto, del Dio dei filosofi, nel der, egli-l’Assoluto, del Dio della fede, che chiama a sé, che ha un nome per essere chiamato“. Il filosofo Cacciari pensa piuttosto che “la differenza rimanga e debba essere affermata intorno all’idea del presupposto, ineliminabile per la teologia e assolutamente contrario alla interrogazione filosofica. Ma questo non significa inimicizia! All’opposto! Proprio l’assoluta differenza postula in sé la necessità della relazione! La ricerca di Ratzinger, e questo è evidente nel suo Gesù che ho
avuto l’onore di presentare in Vaticano, ascoltato da Ratzinger stesso– si volge tutta in un senso dialettico-conciliativo. Qui sta forse il suo limite, insieme alla sua ricchezza”.
Ecumenismo
Evidenzia il professor Cacciari: “Come per tutti i tedeschi i momenti più drammatici della vita di Joseph Ratzinger sono stati la guerra e l’immediato dopo-guerra e poi l’anno fatale, l’89, la caduta del Muro. Ratzinger è homo europaeus al 100%. Da qui il tono anche esplicitamente politico del suo ecumenismo. Da qui il suo dialogo con scienza e filosofia. Creare un oekumene europea che fosse modello di incontro tra ragione e fede, che costituisse una autentica comunità, esempio per il mondo. Questa la sua ininterrotta ‘nostalgia‘”.
Universalità e centro
Massimo Cacciari crede che “esattamente questo resti del suo pontificato. La coscienza che l’universalità del cristianesimo non può sussistere senza ‘centro’, che l’Orbis non si dà se crolla l’Urbs. Che l’Europa ha una missione da svolgere, che può svolgerla soltanto nel dialogo tra ragione e fede, e che tale missione, sempre in pericolo, oggi lo è più che mai in passato. E qualsiasi risposta si dia al perché della sua ‘rinuncia’ sarà sempre insufficiente“.
Mistero della coscienza
Riflette il professor Cacciari: “È chiaro che il gesto di Ratzinger della rinuncia al pontificato affonda anche e forse soprattutto nel mistero della coscienza del singolo. E nessuno è, o dovrebbe, essere singolo quanto il cristiano. Altrettanto certo è che non si tratta di una ragione (anche a prescindere da quelle strettamente personali), ma di molte, e magari anche confuse tra loro. Io credo abbia giocato un ruolo decisivo la tragica coscienza della ‘miseria’ sua personale e della Chiesa tutta nell’affrontare quella sfida e quella missione di cui ho prima parlato. Un ritiro in ‘cubiculum animae suae’ per pregare il suo Signore di rendere possibile quel rinnovamento”.