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Prof. Rosina: “I giovani non sono manodopera da sfruttare con contratti al ribasso”

L'intervista di Interris.it al prof. Alessandro Rosina, professore ordinario di demografia e statistica sociale all’Università Cattolica di Milano

L’umanità dipende dell’energia illimitata, dalle idee e dai contributi dei giovani di tutto il mondo. Oggi e ogni giorno, sosteniamo i nostri giovani nella creazione di un mondo giusto e sostenibile per le persone e per il pianeta“. Sono le parole del segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, per la Giornata internazionale della gioventù che si celebra il 12 agosto. L’edizione 2023 ha come tema “Competenze verdi per i giovani: verso un mondo sostenibile“.

La transizione verde

Per poter realizzare con successo la transizione verde, il Cese (Comitato economico e sociale europeo” spiega la necessità di mettere in pratica l’Agenda 2030 delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenbile e di raggiungere i suoi 17 obiettivi di sviluppo sostenibile attraverso il Green Deal Europeo. Per fare questo – si legge sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione Europea C 184 del 25 maggio con il titolo “Il ruolo dei giovani nella transizione verde” – è necessario attuare un nuovo modello di governance più inclusivo e in grado di coinvolgere attivamente i giovani nei processi decisionali.

L’intervista

Ma l’Italia è pronta per formare i giovani, fornire le competenze adeguate e garantire loro dei contratti equi e una retribuzione adeguata? Quali sono le necessità delle nuove generazioni e quali le loro sensibilità? Interris.it ha intervistato Alessandro Rosina, professore ordinario di demografia e statistica sociale all’Università Cattolica di Milano e coordinatore scientifico dell’Osservatorio giovani dell’Istituto G. Toniolo.

Professore, si celebra oggi la giornata internazionale della Gioventù istituita dall’Onu. Quest’anno come tema è stato scelto: “Competenze verdi per i giovani: verso un mondo sostenibile”. L’Italia sarà in grado di formare i ragazzi e le ragazze su questo tema?

“E’ una sfida che si deve vincere sia dal lato del Sistema Paese, sia dal lato del sistema educativo. I giovani devono avere l’occasione di mettersi in campo. Nel nostro Paese, i giovani sono di meno rispetto all’Europa e al resto del mondo, siamo un Paese che invecchia. Quindi, per l’Italia, è necessario rispondere a questa riduzione con un incremento di presenza qualificata dei giovani nei processi che generano benessere in coerenza con i tempi che viviamo”.

Cosa significa per i giovani essere protagonisti oggi?

“Avere quelle competenze che consentono loro oggi di fare la differenza, di essere soggetti che migliorano il mondo in cui vivono, far sì che si sentano investiti di questo ruolo dalla società, dall’economia, dalla politica; devono essere riconosciuti come il ‘nuovo’ di valore che porta nuove competenze, nuove sensibilità. E’ un punto importante questo. Di questi strumenti i giovani hanno molto bisogno perché la loro presenza è debole all’interno dell’Italia, debole sia dal punto di vista quantitativo sia perché molti di loro si perdono nel percorso di transizione tra scuola e lavoro diventando Neet, ossia coloro che non studiano né lavorano. L’Italia su questo deve fare un grande salto di qualità e fornire ai giovani quelle competenze necessarie per farli sentire protagonisti all’interno di quei processi che creano valore e sviluppo all’interno del territorio, competenze che devono coniugarsi con le sensibilità nuove di cui loro sono portatori. Le competenze verdi sono al centro di questo processo: si coniugano con la necessità di rafforzare la preparazione necessaria oggi, sia con le nuove sensibilità dei giovani”.

I giovani di oggi rispetto a quelli del passato hanno una maggiore consapevolezza sull’importanza della cura dell’ambiente?

“Esatto, è proprio questo che intendo quando spiegavo che le competenze che servono oggi all’aziende, alla società, alle sfide che il mondo incontra devono però saper incontrare le sensibilità delle nuove generazioni. Da un lato c’è la domanda, ossia quello di cui il mondo e l’economia hanno bisogno per uno sviluppo adeguato e funzionale, dall’altro c’è quello che i ragazzi e le ragazze offrono. Queste due cose si combinano nella transizione verde: l’attenzione verso l’ambiente caratterizza in maniera molto forte i giovani, non solo come sensibilità, ma vogliono essere riconosciuti come generazione capace di fare la differenza su questi temi”.

L’Italia, oltre al problema della denatalità, deve fare i conti anche con la fuga dei giovani all’estero dove trovano, spesso, lavori con più garanzie e stipendi migliori. Come il mondo del lavoro del nostro Paese potrebbe diventare più attrattivo per le nuove generazioni?

“La risposta è semplicissima: bisogna valorizzare i giovani. Questo significa anche pagarli meglio, fare contratti che consentono la stabilizzazione e un reddito adeguato. Senza questi elementi, come fanno a diventare indipendenti dalla famiglia di origine, formarne una loro, mettere al mondo dei figlie e realizzare i loro progetti di vita? Questo è già un freno per loro. Le difficoltà che i giovani incontrano nella transizione scuola-lavoro, nell’entrare nel mondo del lavoro vanno sia ad accentuare la denatalità sia la loro fuga all’estero. Dovrebbero essere fatte delle politiche abitative adeguate, garantire loro la possibilità di inserirsi nel mondo del lavoro con contratti e redditi adeguati che non li faccia diventare working poor. Questo, però, non basta: l’azienda non deve considerare i giovani solo come manodopera da sfruttare con contratti al ribasso, ma deve pensarli come nuove soggetti che necessitano di modalità lavorative che tengano conto delle loro sensibilità, sviluppare il loro senso di appartenenza all’azienda e li rende leva di sviluppo e crescita. E’ di questa valorizzazione di cui i giovani hanno bisogno, che non è legata solo alla possibilità di carriera, ma anche poter vedere che si dà un proprio contributo riconoscibile nel contesto in cui operano. Questo purtroppo i giovani italiani lo sentono di meno all’interno del sistema Paese, ma lo trovano quando si recano all’estero”.

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