“La forza della vita ci sorprende”. E’ questo il tema scelto dal Consiglio Episcopale Permanente della CEI per celebrare la 46ª Giornata Nazionale per la Vita. Nel messaggio i vescovi evidenziano come nella nostra società “molte, troppe sono le vite negate”: dalla vita del “nemico” – soldato, civile, donna, bambino, anziano – che è “un ostacolo ai propri obiettivi e può, anzi deve, essere stroncata con la forza delle armi o comunque annichilita con la violenza” a quella del migrante, che “vale poco, per cui si tollera che si perda nei mari o nei deserti o che venga violentata e sfruttata in ogni possibile forma”. Dalla vita vita dei malati e disabili gravi “giudicata indegna di essere vissuta, lesinando i supporti medici e arrivando a presentare come gesto umanitario il suicidio assistito o la morte procurata”, a quella dei bambini, nati e non nati, che “viene sempre più concepita come funzionale ai desideri degli adulti e sottoposta a pratiche come la tratta, la pedopornografia, l’utero in affitto o l’espianto di organi”. Una denuncia sulle pratiche che feriscono o annichiliscono la dignità della vita umana nella sua sacralità.
In occasione della 46esima Giornata Nazionale per la Vita, Interris.it ha intervistato Alberto Gambino, professore ordinario di Diritto Privato e Prorettore Vicario presso l’Università degli Studi Europea di Roma (UER), avvocato cassazionista e Presidente dell’Associazione Scienza&Vita. L’Associazione Scienza&Vita promuove l’autentica ricerca per la vita e la incoraggia, impegnandosi nel contempo a dedicare ogni sua energia a una formazione sempre più diffusa sui temi della bioetica.
L’intervista al professore Alberto Gambino (Scienza&Vita)
Il tema scelto dalla CEI per la 46esima edizione della Giornata Nazionale per la Vita è “La forza della vita ci sorprende”: cosa significa?
“Il tema indica uno slancio a livello universale della necessità di riaffermare un fondamento di verità alla dignità della persona e del suo indissolubile legame con la vita in un mondo pieno di sofferenze. Nella nostra società assistiamo alla lettura molto soggettiva, talvolta arbitraria, della dignità della persona, legata agli orientamenti culturali e alle opzioni valoriali. Ma non come espressione di una dignità in se stessa, che non si radica nella percezione altrui, ma nel fatto stesso di essere compenetrata in una vita umana. Si tratta di una fatto molto importante per il rilancio della cultura della vita che non può essere calpestata per fini utilitaristici, come accade nelle guerre, oppure da intenti soggettivistici. Si arriva altrimenti a sradicare la dignità stessa della vita dalle sue fondamenta, contribuendo così alla deriva della cultura della morte. Questo accade, nel campo attualissimo del fine vita, quando si vuole far passare il messaggio che sia più degno morire anziché continuare a vivere”.
Cosa ostacola la comprensione del valore della vita, anche di quella più fragile, nella società contemporanea?
“Nella società contemporanea riscontro di fattori centrali che determinano questo capovolgimento, anzi due aspetti di una stessa causa. Il primo è un fattore trascendente, che evidentemente può essere colto soprattutto dai credenti: vale a dire che l’ostacolo alla cultura della vita è il male. Il male esiste, ha delle caratteristiche, e fa di tutto per impedire la corretta interpretazione del valore più profondo di una vita umana. L’altra lettura, sociale, è legata alla dinamica economica del mondo: la società contemporanea è mossa dalla ricerca del guadagno e del profitto. La pienezza di una sorta di ‘realizzazione’ umana sembra strettamente legata all’avere, non all’essere. Non era così decenni fa. In passato ci si impegnava, si combatteva per degli ideali, oggi un pezzo di umanità importante è mossa nelle sue scelte soprattutto da motivi economici. La conseguenza di una leva utilitaristica rende talvolta la vita umana un ostacolo per i propri obiettivi economici. Sia a livello individuale che come sistema economico organizzato e in quest’ultimo caso quando una vita umana non è più produttiva o è addirittura un costo, non ha più valore”.
Il Papa ha esortato più volte non solo i cristiani ma l’umanità intera a difendere la vita “col coraggio delle parole e delle azioni”. Come combattere la dilagante cultura della morte?
“Alla base del futuro dell’umanità c’è la cultura della vita. Lo ha ricordato anche il Pontefice in un incontro con Scienza e Vita di qualche anno fa che viene esplicitamente richiamato dal Messaggio della Cei per questa 46° giornata nazionale per la vita: ‘il grado di progresso di una civiltà si misura dalla capacità di custodire la vita, soprattutto nelle sue fasi più fragili’. Eguaglianza e non discriminazione fondate sulla dignità della vita umana sono un tema facilmente comprensibile anche dal non credente: se ci si pensa, in chiave semplicemente razionale, se non si dà lo stesso valore alla vita di ciascun essere umano, inevitabilmente si sta creando una società che non si basa più sulla democrazia, ma sulla legge del più forte e la legge del più forte porta all’estinzione di una parte del mondo. Il richiamo alla centralità della vita e del suo rispetto è un atto di vera democrazia ed è la più profonda applicazione del principio di eguaglianza”.
In che modo la legislazione può tutelare la sacralità della vita dal concepimento al suo termine naturale?
“La legislazione deve il più possibile tutelare la dignità dell’essere umano. Le legislazioni, che mirano ad avvicinarsi ad un senso comune di giustizia, dovrebbero quindi evitare che si vengano a sacrificare soprattutto i soggetti più deboli. In campo sanitario le legislazioni si muovono intorno a due poli, la cura della vita sofferente e l’interesse collettivo per la sostenibilità e l’efficienza. Ci sono alcuni sistemi sanitari – penso a quello inglese – che adottano un’ottica efficientista dando le terapie migliori a chi ha la speranza di guarire, talvolta retrocedendo l’allocazione di risorse verso i pazienti in stato di irreversibilità. Inevitabilmente ciò può generare una diversità di interpretazione della dignità tra malati. Il nostro sistema sanitario è più incline a creare un giusto equilibrio tra efficienza del sistema sanitario ed eguaglianza nella dignità di ciascun paziente indipendentemente dal suo stato economico o di salute. Sono differenze che abbiamo colto con chiarezza durante la pandemia. Anche con riferimento alla fase iniziale della vita, occorre ricordarne il valore unico e irripetibile. Sotto questo aspetto, proprio oggi, con due guerre che attraversano l’Occidente e diverse altre decine che affliggono il pianeta, sono da ricordare le parole di Madre Teresa di Calcutta, la quale diceva che il germe di tutte le guerre è il mancato rispetto della vita nascente. Si riferiva alle pratiche abortive. Madre Teresa sosteneva che se c’è una mentalità dove il soggetto più indifeso può essere eliminato, non ci dobbiamo sorprendere se poi le persone vengono mandate al fronte come carne da macello o usate come strumento di potere. La soluzione per non cadere in questo tragico errore è solo una: tutelare la vita dall’inizio alla fine. La nostra carta costituzionale ha ben presente il rapporto tra legge e persona umana, indicando la prevalenza della seconda sulla prima. La ‘sorpresa’ quotidiana che genera anche la vita sofferente nella ricchezza dei rapporti e delle relazioni conferma la correttezza del nostro orizzonte costituzionale”.