Crisi economica, caro bollette, ma anche riforma del Terzo settore. Sono alcuni dei punti principali che il nuovo governo, guidato da Giorgia Meloni, dovrà inserire nella sua agenda per far fronte alle difficoltà che opprimono gli italiani. Ma non solo, ci sono gli obiettivi del Piano nazionale di ripresa e resilienza che dovranno essere tassativamente rispettati per poter continuare a ricevere i fondi necessari e quanto mai importanti per la ristrutturazione e riqualificazione dell’Italia. Il tutto, cercando di non uscire dai binari imboccati da Mario Draghi venti mesi fa, un percorso che ha permesso al nostro Paese di riconquistare quella credibilità agli occhi degli altri Stati membri dell’Unione europea e dei partner internazionali che per troppo tempo è mancata all’Italia. La nuova maggioranza di governo, riuscirà in questo compito? Interris.it ha intervistato a questo proposito il professor Francesco Clementi, docente di Diritto pubblico comparato alla facoltà di Scienze politiche, sociologia e comunicazione dell’Università di Roma La Sapienza.
L’intervista
Professore, quali sono i principali temi che il nuovo Governo dovrà inserire nella sua agenda?
“Ci sono elementi che il nuovo governo dovrà assolutamente assolvere. Temi di cui si è parlato sia durante il dibattito della campagna elettorale, sia nelle situazioni che il contesto che stiamo vivendo evidenza. Ne individuo almeno tre. Il primo: crisi economica e crisi energetica. L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia ha comportato sconvolgimenti, a partire dalle tante vittime, con riflessi sull’economia italiana e mondiale. Presentando il recente rapporto Caritas, il presidente della Cei, il card. Matteo Zuppi, abbiamo visto come la crisi economica e energetica – il caro bollette – abbia aumentato disuguaglianze e povertà: un tema da risolvere quanto prima e quanto meglio. Il secondo tema può sembrare, ma solo apparentemente, un po’ più distante: il rafforzamento del posizionamento dell’Italia nel contesto europeo ed euro-atlantico. E’ una delle sfide più grandi per il nuovo premier, perché non basta dirsi atlantisti o europeisti, soprattutto se negli anni più recenti le opinioni sono state opposte e contrarie. C’è da fare un percorso importante che deve essere messo in evidenza fin da subito e confermato fin da quando il nuovo capo del governo italiano andrà a Bruxelles per gli incontri con le altre potenze dell’Unione europea. Il terzo tema riguarda il dialogo costante e privo di ogni infingimento con l’opposizione: questo per sanare alcune storture che negli anni si sono aggravate, come al bicameralismo che non funziona molto bene, due Camere che fanno le stesse cose ma senza che il rispetto costituzionale sia più al centro del loro operato, la situazione è drammatica nell’articolazione del rapporto Parlamento-Governo rispetto alla legislazione. Dall’altro lato c’è bisogno di un rafforzamento di tutti gli istituti di garanzia e di un dialogo più garantistico”.
Come raggiungere questi obiettivi?
“Sarebbe necessario introdurre un elemento che negli anni si è un po’ perso: la capacità di riconoscersi come interlocutori dei quali aver fiducia, naturalmente ciascuno dalle sue posizioni. Questo è il punto centrale: un percorso che può dare rispetto e coerenza a un tema di riforma costituzionale che, come più volte il capo dello Stato ha sottolineato, il Paese attende. Modi e forme andranno definiti con ordine, ma si tratta di un aspetto molto serio”.
Un’altra delle grandi sfide che il nuovo governo dovrà affrontare riguarda il Piano nazionale di ripresa e resilienza, soprattutto nel rispettare gli obiettivi che consentono di ottenere i fondi. Pensa che questo sarà possibile?
“L’attuazione del Pnrr è un tema dal quale non si può né si deve sfuggire. Il nuovo governo non deve assolutamente pensare che si tratti di un punto risolto da Mario Draghi in modo totale e completo, ma deve considerarlo per quello che è: una grande sfida per la ristrutturazione e modernizzazione del Paese. In merito, va sottolineato, che siamo dentro un percorso già ben avviato, ci troviamo nella seconda tranche di erogazione del finanziamento che ci consente di affrontare con maggiore capacità l’ultima e più importante fase di attuazione del Pnrr: da qui al 2026 il nostro Paese deve dimostrare di essere all’altezza di tutti gli impegni che ha preso. Penso che se il nuovo governo non darà correttamente seguito all’attuazione del Pnrr, i primi a farne le spese saremo noi cittadini. Sarebbe una sconfitta per tutto il Paese, ma anche per la politica che aspira ad essere, dopo il governo di Mario Draghi, ancora e nuovamente protagonista”.
Dopo due anni di pandemia, che hanno messo così a dura prova il nostro sistema sanitario ma anche la tenuta sociale del Paese, penso alla Riforma del Terzo settore. Un altro punto su cui il nuovo governo dovrà spingere l’acceleratore?
“E’ una questione molto importante, soprattutto perché il Terzo settore tratta con molta serietà i fatti del Paese. Bisognerà capire come la nuova maggioranza di governo conosce e pensa di approcciarsi con questo mondo. E’ certo che, se non capiranno la sua rilevanza e non saranno in grado di dare al Terzo settore la forza che merita, saranno dimidiati nell’attuazione delle politiche pubbliche. Vorrei sottolineare una cosa”.
Mi dica pure.
“Ricordo l’importantissima legge del secondo governo di Giuliano Amato che diede al mondo del Terzo settore e all’assistenza in particolare – il ministro per la solidarietà sociale era Livia Turco – un impulso importante, piantando la bandiera del valore del Terzo settore con molta chiarezza nell’apparato legislativo del nostro Paese. Da quel governo, parliamo del 2000-2001, sono passati venti anni, tempo durante il quale si è fatto ben poco. E’ opportuno riprendere questi temi con l’intelligenza della modernità, recuperare i vecchi progetti nel cassetto. E’ strategico non solo per la vita di noi cittadini, ma soprattutto per la dimensione economica che oggi riveste il Terzo settore che naturalmente non può non essere vista né tenuta a distanza se si vuole davvero crescere”.
Lei prima citava Mario Draghi. La scelta di Mattarella di dare all’ex presidente della Bce l’incarico di formare un nuovo governo (durato venti mesi) ha dato al nostro Paese una rilevanza, ci ha fatto acquistare credibilità agli occhi degli altri Paesi europei e non solo. Per il nuovo premier sarà possibile mantenere questa posizione conquistata da Draghi?
“Francamente non so dirglielo, perché nessuno ha mai visto una figura come Giorgia Meloni in un ruolo del genere. Posso dirle che il rilievo aveva e ha avuto il governo di Mario Draghi è stato un toccasana per il nostro Paese: è riuscito a riportare, come i dati dimostrano, in un momento per altro difficilissimo a livello mondiale, l’Italia a una posizione in cui si inizia a recuperare sul fronte del lavoro, si affronta con grande chiarezza il peso mastodontico del debito pubblico che sotto il governo Draghi è tornato a scendere, e soprattutto ha dato al Paese quella credibilità internazionale per un’Italia che vive nell’eredità di Alcide De Gasperi. La sfida che ha chi viene dopo Mario Draghi, non è quella di essere come lui, lo sappiamo bene che ognuno ha la sua storia. Se Giorgia Meloni riuscirà a mettersi nella scia dei comportamenti politico-istituzionali di Mario Draghi, sia in Italia sia in Europa, acquisterà credibilità come il suo predecessore. Se, invece, cercherà di mettersi in competizione o uscirà dal perimetro definito da quella leadership, credo che farà una caduta rovinosa”.
Giorgia Meloni sarà la prima premier donna della storia repubblicana. Potrebbe essere un punto di svolta per l’Italia?
“Giorgia Meloni diventerà presidente del Consiglio non per ragioni di genere, ma perché è stata brava a conquistare il voto degli italiani. Un punto importante perché sottolinea come non sia il genere a renderti ma migliore, ma le capacità, le competenze, l’impegno e la tenacia. Al tempo stesso, registro che il nostro è un Paese con grande sacche di maschilismo e gerontocrazia. Due elementi che vedono spesso come vittime le donne, in molti casi malpagate e con ridotti spazi per crescere e per sviluppare le proprie capacità. La leadership di Giorgia Meloni rappresenterà per molte donne un punto di riferimento e un esempio. Il tema va svolto, non tanto dal lato del genere, ma dal lato delle capacità, dell’impegno, dello studio che serve per guadagnarsi lo spazio che le nostre ambizioni richiedono. In questo, Giorgia Meloni, che naturalmente è un politico di professione, dimostra con la sua leadership di essere arrivata dove le sua ambizioni l’avevano proiettata, e lo ha fatto con la forza delle sue idee, il suo lavoro e, soprattutto, con il consenso degli italiani. Questo a dimostrare che non ci sono scorciatoie, ma un percorso da fare, che non si possono aggirare elementi come fatica, impegno e studio. Se Giorgia Meloni riuscirà a rappresentare tutto ciò sarà un bene per il Paese, ben coscienti però che non è il fatto di essere uomo o donna che ti fa andare avanti nella vita, ma è la capacità di affrontare le sfide che ognuno di noi incontra dentro i percorsi di vita che ognuno di noi ha scelto”.